Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FIRENZE il 23/07/1953
avverso la sentenza del 19/01/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ del ricorso, riportandosi alla memoria depositata.
udito il difensore
E presente l’avvocato NOME, del foro di FIRENZE, in difesa di COGNOME NOMECOGNOME Il difensore illustra i motivi di ricorso e insiste per il suo accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ha impugnato con ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc.pen. la sentenza n.19314/2023 pronunciata dalla Terza sezione di questa Corte di Cassazione in data 19 gennaio 2023, con la quale è stato rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 24 luglio 2020, che aveva condannato il ricorrente per i reati di agli art. 44 lett. b) del DPR n.380 de 2001, dell’art, 20, comma 13, del DPR 380 del 2001 nonché dell’art. 19 e 20 della legge n.241 del 1990. Al COGNOME era stato contestato che, quale tecnico professionista asseveratore e direttore dei lavori svolti presso il INDIRIZZO di Firenze, nell’appartamento ” RAGIONE_SOCIALE” ubicato in INDIRIZZO faceva eseguire opere di demolizione, ricostruzione e modifica finalizzate alla destinazione residenziale privata dell’Immobile, da considerare abusivi, in quanto già accertati come tali dalla pronuncia di questa Corte di Cassazione n.6873 del 2017. All’imputato era stato altresì contestato di aver attestato il fal nell’accertamento di conformità dello stato dei luoghi n.4416/2017, asseverando sia la legittimità urbanistica dello stato dei luoghi, sia la conformità dei lavor progetto agli strumenti urbanistici approvati, oltre che alle norme di edilizia vigent (accertato in Firenze il 9 maggio 2017).
Deduce il ricorrente, con unico motivo, che la Corte di Cassazione era incorsa in errore percettivo. Il proposito, il ricorrente riporta il motivo n. 5 del ricors Cassazione cui aveva fatto seguito la sentenza impugnata per errore di fatto. Nel predetto motivo si era richiesto l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Firenze deducendosi la insussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Il dolo, invero, era da escludersi sulla base dell’esame di documenti decisivi che erano stati allegati in grado di appello, al ricorso per cassazione conclusosi con la sentenza impugnata nonchè anche al presente ricorso. In particolare, si trattava di : 1) una nota della Sovraintendenza fiorentina del 10 febbraio 2017, che affermava la piena compatibilità delle opere con il vincolo monumentale; 2) una richiesta della Procura della Repubblica di Firenze rivolta alla Direzione Urbanistica del Comune di Firenze, in cui si chiedeva se, alla luce della Consulenza tecnica espletata dalla Procura, ” si possa riscontrare l’eventuale presenza di abusi edilizi/urbanistici; 3) parere della Commissione edilizia comunale del 31 ottobre 2011 che, preso in esame l’intervento su INDIRIZZO dietro richiesta della Procura della Repubblica, attestava come l’intervento fosse compatibile con le caratteristiche architettoniche del bene tutelato e pertanto rientrasse nella categoria del restauro; 4) comunicazione dell’Il novembre 2011, che aveva trasmesso ai dirigenti comunali il parere della Commissione edilizia. Detta documentazione comprovava che secondo l’autorità competente in materia urbanistica, ossia il Comune, l’intervento su
INDIRIZZO fosse regolare; ed inoltre che, quattro mesi prima della asseverazione da parte dell’arch. COGNOME, anche la Sovraintendenza aveva affermato la compatibilità delle opere con le norme di tutela monumentale, ben più severe di quelle urbanistiche. Sul punto, la sentenza impugnata aveva invece argomentato che ” la falsa attestazione del professionista è stata non irragionevolmente ritenuta volontaria, tanto più ove si consideri che, al di là di mere interlocuzioni informali, peraltro neanche adeguatamente provate ( l’imputato ha riferito di essersi consultato preventivamente con il geom. COGNOME dell’edilizia privata e con l’arch. COGNOME della Sovraintendenza, testi di cui la difesa non ha chiesto l’escussione), non vi erano validi provvedimento amministrativi su cui l’arch. COGNOME potesse fare legittimo affidamento ai fini del giudizio di legittimità deg interventi svolti. Le valutazioni di merito operate dal Tribunale e dalla Corte d appello circa la configurabilità dell’elemento soggettivo, in quanto sorrette da argomentazioni non manifestamente illogiche, si sottraggono alle obiezioni difensive”.
Era dunque evidente che la Corte di Cassazione era incorsa in errore percettivo per travisamento dei fatti. Come emerge dai documenti allegati il Comune di Firenze, dietro espresso invito della Procura, aveva attestato che l’intervento rientrasse nella categoria del restauro e non violasse le norme urbanistiche. Inoltre, la comunicazione della Sovraintendenza risultava indirizzata anche all’odierno ricorrente. Detti documenti risultavano redatti dai professionisti con i quali l’arch COGNOME si era consultato, ossia l’arch. COGNOME della Sovrainitendenza e il geom COGNOME del Comune. Esistevano dunque validi provvedimenti amministrativi sui quali l’architetto COGNOME aveva fatto legittimo affidamento contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata. Dunque, il dolo avrebbe dovuto essere escluso in conformità del consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il dolo nel delitto di falso deve essere rigorosamente provato ed può essere escluso se la falsità risulti essere oltre o contro l’intenzione dell’agente e sia dovuta ad un incompleta conoscenza o errata interpretazione di disposizioni normative ovvero alla negligente applicazione di una prassi amministrativa. GLYPH La condotta dell’imputato, dunque, era stata posta in essere nella fiduciosa applicazione della prassi indotta dai predetti atti comunali.
Il procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.In via preliminare ritiene il Collegio di dovere chiarire quale sia, sulla base giurisprudenza di questa Corte, la nozione di errore di fatto che legittima l’accesso rimedio del ricorso straordinario ex art. 625 bis cod. proc pen. L’errore di fatto verifi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc
consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte d cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e conn dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’ines percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (sez. U. n. 16103 del 27/3/2002, Rv. 221280). Specificamente, nella citata decisione le sezioni unite di questa Corte hanno precisato che: 1) qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in u fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; 2) sono est all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giur sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzion ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenzi consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dov questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle e nei limiti delle impugnazioni ordinarie; 3) l’operatività del ricorso straordinario no essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risul giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in quanto l’e percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale. A tali principi si sono uniforme in mo costante le decisioni delle sezioni semplici di questa Corte, affermando che, in tema ricorso straordinario per errore di fatto, l’errore che può essere rilevato ai sensi de 625-bis cod. proc. pen. è solo quello decisivo, che abbia condotto ad una pronunzia diversa da quella che sarebbe stata adottata se esso non si fosse verificato (sez. 6 n 14296 del 20/3/2014, Rv. 259503 – 01; Sez. 3 n. 27622 del 26/04/2023, Rv. 284804 01 ).
2. Tanto premesso, è di assoluta evidenza come, nel caso di specie, l’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva, la decision impugnata abbia invece contenuto valutativo, e, soprattutto, l’errore lamentato non risulti comunque decisivo. La sentenza di questa Corte si sofferma lungamente, nei paragrafi 1 e 2, sulla contrarietà degli interventi di ristrutturazione operati sulle p immobiliari di INDIRIZZO alla vigente normativa urbanistica, ripercorrendo la lunga vicenda giudiziaria che aveva riguardato gli interventi di risl:rutturazione ediliz palazzo. In particolare, si legge nella sentenza impugnata che, circa le opere eseguite fi al 2010, era stata contestata la regolarità perchè compiute in assenza di permesso di costruire, non trattandosi di interventi volti a conservare l’organismo edilizio e assicurarne la funzionalità nei suoi elementi essenziali, ma di interventi volti a modifi la volumetria complessiva degli edifici e a mutare la destinazione d’uso degli stes mirando alla trasformazione dell’immobile da sede di una banca a complesso turistico di lusso. Ha poi ricordato la sentenza n.19314/23 che l’assoluzione emessa dal Tribunale di Firenze, impugnata dalla Procura con ricorso per saltum, era stata annullata dalla Corte di
cassazione con la pronuncia pubblicata 11 14 febbraio 2017, a seguito della quale la Corte d’appello di Firenze. nel 2018, aveva dichiarato di non doversi procedere essendo i reat estinti per prescrizione. Era però stato definitivamente chiarito c:ome le opere eseguit consistenti nel radicale mutamento di destinazione d’uso dell’imponente complesso immobiliare, avrebbero comportato la necessità del permesso di costruire o della cd ” super DIA”, mentre del tutto insufficiente era l’azionato strumento della Dia semplice. qui l’accertamento della sussistenza del reato in ordine al compimento di abusi ediliz nell’ambito della ristrutturazione del INDIRIZZO, accertamento di certo non intacca dalla declaratoria di prescrizione. Tanto premesso, venendo alla odierna vicenda che aveva riguardato l’architetto COGNOME, attinente all’appartamento denominato INDIRIZZO“, in cui erano stati eseguiti interventi di demolizione, ricostruzione e modifi le sentenze di merito avevano ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 44 del DPR del 2001, con valutazione ritenuta incensurabile da questa Corte nella sentenza oggi impugnata, nella quale si è ribadito che gli interventi ulteriori su immobili già a ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale cui ine strutturalmente.
3. Ciò posto, la Corte di Cassazione, nella sentenza qui impugnata, ha osservato che l’asseverazione, da parte dell’arch. COGNOME della legittimità urbanistica dello sta luoghi sia la conformità dei lavori di progetto agli strumenti urbanistici adottati, res dichiarazione sottoscritta il 9 maggio 2017, era intervenuta tre mesi dopo la ricorda sentenza di questa Corte del 14 febbraio 2017, nella quale, come sopra esposto, era stato posto nel nulla il precedente giudizio di piena conformità delle opere eseguite INDIRIZZO COGNOME, ricomprendenti anche l’appartamento Ornabue, alla normativa urbanistica. Sul punto, la sentenza sottoliO ‘ come di tale decisione, che aveva posto in discussione la legittimità degli interventi sul Palazzo, era stata dato ampio risalto su tutta la stampa nazionale, oltre chè locale. Pertanto, i giudici di legittimità fondano su tale l’esclusione della involontarietà della dichiarazione di asseverazione della legitti urbanistica dello stato dei luoghi. Ne discende che, da un lato, la sentenza impugnata ha compiuto un giudizio valutativo, escludendo che, in forza delle motivazioni della sentenz della Corte di Cassazione del 14 febbraio 2017, si potesse fare affidamento su precedenti provvedimenti amministrativi; e, dall’altro, che non risulta affatto decisivo l’esame parte della Corte regolatrice, dei documenti allegati anche nella presente sede, atteso l piena consapevolezza della falsità della attestazione era comprovata dal fatto che la piena regolarità degli interventi eseguiti su INDIRIZZO era stata esclusa dal pubblicazione delle motivazioni della pronuncia di questa Corte del 14 febbraio 2017, ampiamente pubblicizzata dalla stampa.
3. Il ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una ulteriore somma in favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Roma, 14 dicembre 2023
GLYPH
Il,Consigliere estensore
Il Presidente
NOME
[COGNOME