Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3453 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3453 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 11/05/1974
avverso la sentenza del 17/05/2024 della Corte di Cassazione, seconda sezione penale visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME pena;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la revoca della sentenza impugnata e l’annullamento senza rinvio della sentenza della Corte di appello di Bari con rideterminazione della udito l’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso straordinario e l’annullamento con rinvio della sentenza della Corte di appello di Bari limitatamente al trattamento sanzionatorio.
RITENUTO IN FATTO
Tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME propone ricorso ex articolo 625-bis cod.proc.pen. avverso la sentenza della Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione n. 24901/2024 emessa in data 17 maggio 2024, che ha rigettato il ricorso a suo tempo proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Bari del 28 novembre 2022.
Con il ricorso si invoca l’applicabilità della disciplina di cui all’articolo 625cod. proc. pen., sostenendosi che la determinazione dell’aumento della pena per il riconoscimento della recidiva oggetto della specifica censura dedotta in sede di impugnazione ordinaria e confermata dalla Corte di Cassazione, sarebbe il frutto di un errore di fatto, causato da una svista in relazione alla inclusione della sentenza del 13 luglio 2007 del G.i.p. di Verona nel cumulo esecutivo delle pene di cui è stato tenuto conto ai fini del riconoscimento della recidiva, nonostante l’effetto estintivo conseguente all’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Rappresenta il ricorrente che in realtà la pena irrogata con detta sentenza, come emerge dal certificato del casellario giudiziale allegato al ricorso, non è stata oggetto di un cumulo esecutivo ma è stata oggetto di una rideterminazione della pena per effetto della riconosciuta continuazione e conseguente assorbimento nella pena complessiva di anni cinque, mesi otto di reclusione e 1.000 euro di multa irrogata con la sentenza del 19 novembre 2009 della Corte di appello di Venezia.
Trattandosi di una pena unitaria che è stata poi espiata in regime di affidamento in prova al servizio sociale, con esito positivo e conseguente effetto estintivo di ogni effetto penale, ne consegue che ai fini della recidiva potrebbe tenersi conto esclusivamente delle due condanne riportate dal COGNOME il 2 luglio 2004 ed il 19 gennaio 2005, emesse entrambe dalla Corte di appello di Bari, con l’irrogazione, rispettivamente, della pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa e di mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Il denunciato errore di fatto ha condizionato la decisione della Corte di Cassazione, avendo comportato che l’aumento di pena per la recidiva, computato nella misura di anni cinque di reclusione, risulta disposto in violazione del limite fissato dall’art. 99, comma sesto, cod. pen., secondo cui in nessun caso detto aumento può superare il cumulo delle pene risultante dalle precedenti condanne di cui può tenersi conto ai fini della recidiva.
Conseguentemente, essendo la decisione della Corte di Cassazione frutto di un errore di fatto, se ne richiede la revoca limitatamente al trattamento sanzionatorio ed il conseguente annullamento della sentenza della Corte di appello
impugnata per nuovo giudizio al fine di rivalutare, innanzitutto, la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della recidiva e, in subordine, ove la recidiva sia confermata, per rideterminare in ogni caso l’aumento di pena nel rispetto del limite previsto dall’art. 99, comma sesto, cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Risulta effettivamente che la Corte di cassazione nell’esaminare il ricorso proposto lo ha rigettato con specifico riferimento al vizio di legge denunciato rispetto al riconoscimento della recidiva, senza avvedersi del fatto che la sentenza di condanna emessa in data 13 luglio 2007 dal G.I.P. del Tribunale di Verona, in quanto assorbita nella pena complessiva di anni cinque, mesi otto di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, oggetto della rideterminazione della pena a seguito dell’applicazione della continuazione disposta con la sentenza emessa dalla Corte di appello di Venezia del 19 novembre 2009, non poteva essere presa in considerazione quale precedente ai fini del riconoscimento della recidiva, a seguito dell’estinzione di ogni effetto penale conseguente all’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale.
In proposito, vale il principio in forza del quale l’errore di fatto verificatos nel giudizio di legittimità, che può essere fatto valere con il rimedio straordinario previsto dall’articolo 625-bis cod.proc.pen., è solo l’errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Mentre, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale non deducibile con il rimedio straordinario (cfr. Sezioni unite, 27 marzo 2002, Basile).
Nel caso di specie la recidiva è stata oggetto di una valutazione condizionata dalla svista di un dato processuale che ha portato a considerare la sentenza di condanna emessa in data 13 luglio 2007 dal G.I.P. del Tribunale di Verona tra quelle utili ai fini non solo del riconoscimento della recidiva, ma anche del limite dell’aumento massimo di pena conseguente alla sua applicazione secondo quanto previsto dall’art. 99, comma 6, cod. pen.
Indipendentemente dalla questione di diritto affrontata dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione in relazione alla estensione dell’effetto estintivo dell’esito
positivo dell’affidamento in prova nel caso di cumulo esecutivo di pene detentive e pene pecuniarie, si deve osservare che prescindendo anche da quanto osservato sulla esclusione dall’effetto estintivo delle precedenti condanne in relazione alle quali la pena risulti condonata per effetto dell’applicazione dell’indulto, non vi è dubbio che la decisione della Corte di cassazione sarebbe stata diversa, ove avesse avuto percezione dell’assorbimento della pena inflitta con la condanna sopra indicata, considerata ai fini della recidiva, in quella complessiva oggetto della successiva ammissione del condannato alla pena alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Deve ricordarsi che è pacifico il principio di diritto, affermato dalle Sez. U, con la sentenza n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251688 secondo cui l’estinzione di ogni effetto penale determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale comporta che delle relative condanne non possa tenersi conto agli effetti della recidiva, anche se tale effetto sia rapportato alla sola pena detentiva e non anche a quella pecuniaria e sebbene non possa definirsi estinta per effetto dell’esito positivo di tale pena alternativa anche la porzione di pena detentiva o pecuniaria eventualmente già espiata o condonata.
Conseguentemente, previa revoca della sentenza n. 24901/2024 della Corte di cassazione, va disposto l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Bari del 28 novembre 2022 limitatamente al trattamento sanzionatorio.
L’annullamento deve essere disposto con rinvio, imponendosi una nuova valutazione della sussistenza dei presupposti della recidiva, sulla base della possibilità di dare rilievo unicamente alle sentenze di condanna non incluse nel cumulo di pene interessato dall’effetto estintivo conseguente dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, al fine di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Pertanto, sarà compito del Giudice di merito verificare la rilevanza in concreto dei precedenti penali suscettibili di essere presi in considerazione, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e a grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza.
Ove, poi, dovesse ritenersi confermato il giudizio di maggiore riprovevolezza ai fini dell’applicazione della recidiva, dovrà tenersi conto del limite di aumento di pena previsto dall’art. 99, comma sesto, cod. pen. pari al cumulo delle sole pene
irrogate con le sentenze non incluse nel cumulo di pene relativo alle condanne per le quali è stato concesso al condannato di espiare la pena con l’affidamento in prova al servizio sociale.
P.Q.M
Revoca la sentenza di questa Corte n.24901/2024, emessa il 17/05/2024 nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al trattamento sanzionatorio. Annulla la sentenza della Corte di Appello di Bari del 28/11/2022 nei confronti del predetto imputato limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.
Così deciso il giorno 8 gennaio 2025
re estensore NOME
Presidente