Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20517 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20517 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. proposto da:
COGNOME NOME, nato a Sant’Agata di Militello il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia avverso la sentenza in data 21/9/2023 della Corte di Cassazione
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degl artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. 1′., convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME, che ha chiesto la revoca della sentenza della Corte di cassazione impugnata e, ove si proceda immediatamente alla fase rescissoria, l’annullamento con rinvio della sentenza della Corte di appello di Messina del 28/11/2022,
limitatamente all’individuazione del termine di prescrizione del reato di cui al capo V;
lette le conclusioni scritte depositate in data 2.5.2024 dall’AVV_NOTAIO nell’interesse del ricorrente il quale ha chiesto la revoca della sentenza in data 21/9/2023 della Corte di Cassazione nonché l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Messina del 28 novembre 2022 e, per l’effetto, dichiarare che la prescrizione del reato di cui al capo V della rubrica delle imputazioni è
intervenuta prima della pronuncia della sentenza di primo grado.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 21 settembre 2023 la Sesta Sezione penale Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza del 28 novembre 2022 della Corte di Appello di Messina.
Quanto alle vicende processuali che in questa sede rilevano, le stesse possono essere ricostruite come segue:
il Tribunale di Patti, con sentenza in data 4 febbraio 2022, dichiarava il COGNOME colpevole del reato cui all’art. 416 cod. pen. quale organizzatore di una associazione per delinquere volta alla commissione di una serie di delitti contro la Pubblica Amministrazione, accertata fino al gennaio 2013 (capo V della rubrica delle imputazioni), e lo condannava a pena ritenuta di giustizia oltre al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile Comune di Sant’Agata di Militello;
b) con la sentenza di cui al punto che precede ; il Tribunale di Patti dichiarava la prescrizione per il delitto di falso ideologico (capo H della rubrica dell imputazioni) sempre contestato all’odierno ricorrente e ritenuto come accertato in data 7 maggio 2013;
a seguito di appello dell’imputato, la Corte di Appello di Messina, con sentenza in data 28 novembre 2022, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava la prescrizione anche del reato di cui al capo V, confermando nel resto la decisione del Tribunale di Patti con riguardo alle statuizioni civili;
d) avverso quest’ultima sentenza,l’imputato proponeva ricorso per cassazione rilevando, in estrema sintesi, che erroneamente i giudici di merito avevano ritenuto la permanenza del reato associativo fino al gennaio 2013, ciò in quanto le intercettazioni finalizzate ad accertarlo erano terminate nel gennaio 2012 e nessun reato-fine era stato consumato oltre il 12 aprile 2012, il tutto con la conseguenza che, se l’operatività dell’associazione per delinquere era terminata in quest’ultima data, tenuto conto delle interruzioni e dei periodi di sospensione, il termine di
prescrizione del reato di cui al capo V era maturato il 9 novembre 2021, quindi anteriormente alla decisione di primo grado, e ciò avrebbe dovuto comportare non solo la pronuncia da parte del Tribunale di Patti di sentenza ex art. 529 cod. proc. pen.,ma anche l’esclusione delle statuizioni civili;
la Sesta Sezione penale di questa Corte, nella decisione qui impugnata, previa precisazione che i giorni di sospensione della prescrizione sono 222 e non 192 come indicati nel ricorso, rilevava che era stato contestato all’imputato ed accertato un altro reato-fine (falso ideologico del 7 maggio 2013 di cui al capo H della rubrica delle imputazioni) della associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la Pubblica Amministrazione;
la Corte di legittimità rilevava che detto elemento di fatto “che non sposta la data finale della contestazione formale del reato associativo” è comunque “idonea a comprovare che l’associazione stessa ha continuato a porre in essere le condotte illecite certamente fino al gennaio 2013”; da ciò ne è derivata la conseguenza che – sommando agli 8 anni e 9 mesi del termine ordinario di prescrizione del reato associativo (ex artt. 157 e 191 comma 2, cod. pen.) i menzionati 222 giorni di sospensione il termine di prescrizione del reato di cui al capo V decorrente dal giorno 10 gennaio 2013, non era ancora maturato al momento della pronuncia della sentenza di primo grado.
Ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza ex art. 625-bis cod. proc. pen. l’imputato personalmente, deducendo:
2.1. Errore di fatto contenuto nella sentenza impugnata per avere la Corte, nell’esaminare il ricorso dell’imputato, affermato che l’associazione per delinquere ha commesso l’ultimo reato-fine in data 7 maggio 2013 quando, invece il falso ideologico contestato al capo H) della rubrica è stato commesso nel mese di marzo del 2010, come accertato dal Tribunale di Patti nella sentenza n. 103/2022 del 4 febbraio 2022 che ne aveva dichiarato l’intervenuta prescrizione.
Evidenzia, al riguardo, il ricorrente che, con riferimento al reato di cui al capo H,i1 Tribunale di Patti, dopo aver rilevato che in relazione a tale capo non era precisata la data di commissione del fatto, così testualmente si è espresso (pag. 78 della relativa sentenza): “… considerato che il progetto esecutivo relativo agli stessi lavori, per come indicato nel capo di imputazione, veniva sottoscritto il 5/3/2010 (v. capo I dell’imputazione originaria), da ciò ne consegue che il reato si è inevitabilmente estinto per prescrizione”. Da ciò se ne può dedurre agevolmente – sempre secondo il ricorrente che il reato di cui al capo H era stato commesso nel marzo 2010 e non il 7 maggio 2013 (indicato in rubrica) che sarebbe, invece, la data di accertamento dello stesso.
Nel ricorso si richiama, poi, un passaggio della sentenza della Corte di appello di Messina che, occupandosi del motivo di appello riguardante l’estinzione per prescrizione del reato associativo, ha affermato testualmente (v. pag. 13 della relativa sentenza): “A parte ogni considerazione sulla non manifesta infondatezza del rilievo afferente una potenziale ultra datazione, avuto riguardo ai concreti fatti lumeggiati ed accertati nell’ambito del dibattimento di primo grado, essendo pure opinabile un permanere in vita ed operatività di tale associazione ex art. 416 cod. pen. fino alla data contestata in rubrica, ossia il gennaio 2013, non apparendo del tutto illogico e pretestuoso tale rilievo, pur dovendo considerarsi la tendenziale immanenza e permanenza di tale organismo associativo, fare eventualmente partire il “dies a quo” del termine prescrizionale di riferimento per i fatti di cu capo V) della rubrica ad un momento anche anteriore, il medesimo delitto così contestato, anche partendosi dalla data di fine contestazione riportata nell’editto imputati vo, deve considerarsi ad oggi estinto per prescrizione”.
Ha sottolineato, poi, il ricorrente che la corretta retrodatazione al 12 aprile 2012 della cessazione della condotta associativa, rende del tutto irrilevante la correzione, da 192 e 222 giorni, circa il calcolo delle sospensioni della prescrizione fatto nella sentenza della Corte di legittimità.
2.2. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la prescrizione del reato contestato al capo V della rubrica è maturata il giorno 1 agosto 2022 pur avendo ritenuto non manifestamente infondato il quinto motivo di ricorso.
Rileva il ricorrente di avere, nell’atto di appello, evidenziato alla Corte di merito come,dalla semplice lettura dei capi di imputazione /nessuno degli stessi risulta essere stato commesso nel gennaio 2013.
La Corte di merito, però, con una motivazione illogica, ed anche contraddittoria si è poi limitata ad affermare – come già sopra evidenziato – che, anche tenuta ferma la datazione del capo V al gennaio 2013, il reato si era comunque prescritto il giorno 1/8/2022.
2.3. Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale con specifico riferimento agli artt. 157 e 161 cod. pen. – Errore nel computo del tempo necessario a prescrivere il reato di cui al capo V della rubrica – difetto di motivazione in ordine alla dichiarazione di intervenuta prescrizione alla data del 1 agosto 2022.
Quest’ultimo motivo di ricorso ha riguardo all’originaria impugnazione avverso la sentenza della Corte di appello e, di fatto, nello stesso vengono riproposte le medesime argomentazioni già sopra riassunte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Occorre, innanzitutto, premettere che parte ricorrente appare dare per scontato che il tempus commissi delicti del reato cui all’art. 416 cod. pen. coincida con quello della consumazione dei reati-fine e che, comunque, nel caso in esame, la permanenza del reato contestato è terminata con la consumazione dell’ultimo di essi.
Detta affermazione è del tutto priva di fondamento giuridico ben potendo una associazione per delinquere esistere e comunque rimanere in vita indipendentemente dalla consumazione di reati-fine e quindi, eventualmente, anche dopo la consumazione dell’ultimo degli stessi, trattandosi di reato che iper la sua realizzazione irichiede esclusivamente una progettualità delittuosa (“lo scopo di commettere più delitti”) oltre, ovviamente, alla ricorrenza degli altri elementi strutturali caratterizzanti indicati dalla giurisprudenza.
E’, peraltro, indubbio che il momento consumativo dei reati-fine può essere considerato come uno degli elementi indicativi della permanente operatività del reato associativo ma non si tratta, come detto, certamente di un elemento risolutivo ai fini di tale accertamento.
E’ inoltre doveroso ricordare in questa sede quali sono i imiti nei quali è esperibile la procedura di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen.,atteso che l’errore materiale o di fatto indicato dalla norma deve:
consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile;
presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;
non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.
Sicché detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali vertendosi, in tal caso, nella ipotes dell’errore di giudizio estraneo all’ambito di applicabilità del rimedio straordinari invocato.
Così ricostruito l’ambito giuridico nel quale si deve muovere la presente decisione, occorre prendere le mosse dal principale dei motivi contenuti nel primigenio ricorso presentato a questa Corte di cassazione nel quale parte ricorrente lamentava l’esistenza di vizi di motivazione (sia sotto il profilo dell carenza che sotto quello della contraddittorietà) della sentenza della Corte di appello nella parte relativa alla determinazione della cessazione del momento consumativo del reato associativo.
In effetti, dalla lettura della sentenza della Corte di appello di Messina emerge che la stessa da un lato ha affermato che non è “manifestamente infondato” il rilievo afferente a una potenziale ultra-datazione del reato associativo, avuto riguardo ai concreti fatti lumeggiati ed accertati nell’ambito del dibattimento di primo grado e che è pertanto da ritenersi “opinabile” un permanere in vita ed operatività di tale associazione ex art. 416 cod. pen. fino alla data contestata in rubrica, ossia il gennaio 2013, ma dall’altro, invece di procedere alla richiesta datazione del momento conclusivo dell’operatività della associazione al fine di determinare l’esatto momento di maturazione della prescrizione, la Corte territoriale si è limitata ad osservare che, anche partendo dalla data di fine contestazione riportata nell’editto imputativo, il reato di cui al capo V era comunque estinto per prescrizione.
Indubbiamente, così operando la Corte di appello non ha adeguatamente risposto a quanto richiestole in sede di impugnazione, limitandosi ad affermare che la prescrizione del reato di cui al capo V era maturata al momento della propria decisione, omettendo tuttavia di pronunciarsi sul rilievo difensivo nel quale si sosteneva che il termine di prescrizione del reato era già decorso al momento (4 febbraio 2022) della pronuncia della sentenza del Tribunale di Patti.
La questione era – ed è – di particolare rilevanza perché incide sulle statuizioni civili contenute nella sentenza de qua.
Non va poi trascurata la circostanza che neppure nella sentenza del Tribunale di Patti è stata operata una risolutiva datazione del periodo di operatività della associazione per delinquere di cui al capo V atteso che i Giudici di primo grado si sono solo limitati a rilevare che per gli imputati – diversi dall’odiern ricorrente ed ai quali era stato contestato il solo ruolo di partecipi al sodalizi criminale – il reato di cui all’art. 416 cod. pen., anche solo sulla base del tempus commissi delicti così come contestato, era comunque estinto per prescrizione.
Le ragioni per le quali il tempus commissi delicti del reato di cui al capo V vedrebbe il suo momento finale nel gennaio 2013 non sono altrimenti desumibili dal restante contenuto della sentenza del Tribunale di Patti.
Infatti, dalla lettura della motivazione di detta sentenza, emerge che le intercettazioni disposte nella fase delle indagini preliminari sono terminate nel gennaio 2012.
Quanto, poi, alle singole condotte illecite ricostruite in sentenza e realizzate dai membri della contestata associazione – tra i quali il COGNOME con l’affermato e non contestato ruolo di “organizzatore” del sodalizio – sempre dalla lettura della sentenza di primo grado, in relazione alla gestione delle gare di progettazione nel
Comune di Sant’Agata Militello ed in particolare all’operato dell’Ufficio Tecnico diretto dall’odierno ricorrente, emerge quanto segue:
la procedura di gara relativa alla RAGIONE_SOCIALE si è svolta nel 2011 nell’ambito della quale emerge che l’odierno ricorrente era – tra l’altro – membro di una commissione che ha redatto un verbale di selezione comparativa il 4.4.2012 (non risultano dalla sentenza attività successive);
la vicenda relativa all’incarico di progettazione per l’adeguamento dell’elisuperficie H24 in INDIRIZZO (capo H della rubrica delle imputazioni) si articola tra il 2010 ed il 2011;
la gara relativa ai lavori di riqualificazione della Villa Falcone e Borsellino è stata espletata nel 2011.
Persino l’ulteriore vicenda relativa ad una consulenza specialistica affidata a tale COGNOME – vicenda per la quale non è stata elevata una imputazione a carico del COGNOME – è sempre del 2011.
La Sesta Sezione penale della Corte di cassazione nella decisione che in questa sede ci occupa, oltre ad aver proceduto alla menzionata rideterminazione del complessivo periodo di sospensione del termine di prescrizione, ha affrontato le questioni che le erano state poste prendendo le mosse dalla datazione del reato di cui al capo H (indicato nella rubrica originaria delle imputazioni al 7 maggio 2013), dando sostanzialmente per scontato che si trattasse anche in questo caso di un reato-fine rispetto a quello associativo e, conclusivamente, ha affermato che la determinazione della data di consumazione del contestato reato di falso ideologico cui al capo H “non sposta la data finale della contestazione formale del reato associativo” ma è “certamente idoneo a comprovare” che l’associazione ha continuato a porre in essere le condotte illecite “certamente sino al gennaio 2013”.
L’osservazione di cui sopra è endo-evidente anche perché, ancorché il reato-fine di cui al capo H fosse stato realmente consumato il 7 maggio 2013, non si poteva ovviamente estendere in sentenza la consumazione del reato di cui al capo V a tale data in assenza di una originaria modifica (in peius) del relativo capo di imputazione.
La Corte di legittimità, così operando, non ha però, di fatto, anch’essa compiutamente risposto al motivo di ricorso sul punto, limitandosi ad una affermazione apodittica, ancorché intrinsecamente logica, che può essere così riassunta: se un reato-fine è stato addirittura consumato nel maggio 2013 ciò rende “certamente” evidente che l’associazione per delinquere era ancora operativa nel precedente mese di gennaio di quell’anno.
8. Nella situazione sopra descritta l’odierno ricorrente nei diversi gradi di giudizio non ha mai, quindi, ottenuto una risposta al quesito posto ai giudici che è quello di ottenere la esatta determinazione del momento consumativo del reato di cui al capo V, ciò nonostante i dubbi espressi dalla Corte di appello che sono rimasti irrisolti e nonostante la decisione della Corte di cassazione che in questa sede ci occupa che si è sostanzialmente limitata ad osservare una mera conseguenzialità logico-temporale tra il reato-fine di cui al capo H e quello associativo di cui al capo V.
9. La Corte di cassazione nella propria decisione del 21 settembre 2023 risulta, tuttavia, essere incorsa sul punto in un errore di fatto sulla datazione del reato di cui al capo H (collocata nella rubrica originaria delle imputazioni al 7 maggio 2013) non rilevando che quella era la data di “accertamento” e non quella di “consumazione” dello stesso, situazione questa invece deducibile dalla motivazione della sentenza del Tribunale laddove è dato testualmente leggere che, poiché il progetto esecutivo dei lavori relativi all’adeguamento dell’elisuperficie H24 veniva sottoscritto il 5/3/2010 (v. capo I dell’originaria imputazione) “ne consegue che l’atto oggetto della contestazione di cui al capo H è senz’altro precedenteThsservazione -questa-che ha portato alla declaratoria di estinzione per prescrizione del reato stesso.
Detto errore assume rilevanza nel momento in cui la Corte di legittimità partendo da una premessa errata – ossia che il reato di cui al capo H è un reatofine consumato nel maggio 2013 invece che in epoca antecedente al 5 marzo 2010 – è giunta alla conclusione che il momento finale della permanenza della associazione per delinquere di cui al capo V era collocabile al gennaio 2013 (per la precisione al giorno 10 gennaio 2013).
Del resto, se è ben vero che, come si è già avuto modo di osservare, la retrodatazione del momento consumativo del reato-fine di cui al capo H ad epoca prossima al marzo 2010 non assume rilevanza assoluta per determinare il termine del momento consumativo del reato di cui al capo Vivi è però da osservare che, così operando, la Corte di legittimità non ha dato concreta risposta al motivo di ricorso nel quale il ricorrente lamentava un vizio della sentenza della Corte di appello circa la determinazione del tempus commissi delicti di quest’ultimo reato incidente sul momento di maturazione della prescrizione.
10. La rilevanza dell’errore di fatto commesso e la sua sostanziale incidenza sulla corretta mancata risposta alla doglianza del ricorrente che lamentava il vizio della motivazione della sentenza della Corte di appello sul punto della determinazione della data finale di consumazione del reato associativo nell’ottica
della corretta individuazione del momento di maturazione della prescrizione del reato stesso, impongono l’accoglimento del ricorso, la revoca della sentenza della Corte di cassazione impugnata ed il conseguente annullamento con rinvio della sentenza della Corte di appello di Messina del 28 novembre 2022, limitatamente all’individuazione della data di prescrizione del reato di cui al capo V, con rinvio ad altra sezione della medesima Corte di appello.
Al riguardo è doveroso precisare che i Giudici del merito dovranno accertare se l’associazione di cui al capo H era ancora operativa il 24 settembre 2012, essendo questa la data rilevante (detratti anni 8, mesi 9 e giorni 222 dalla pronuncia della sentenza di primo grado del 4 febbraio 2022) per stabilire se il termine di prescrizione del reato di cui al capo H è maturato prima o dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Patti.
P.Q.M.
Revoca la sentenza n. 42587 del 21.9.2023 della Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione; annulla la sentenza della Corte di appello di Messina del 28.11.2022 con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Messina per nuovo giudizio in ordine alla data di estinzione per prescrizione del reato di cui al capo V.
Così deciso il 9 maggio 2024.