Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28118 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28118 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CROTONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/02/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sen ite e conc usioni del RAGIONE_SOCIALE
IN FATTO E IN DIRITTO
LaCorte di appello di Catanzaro, con sentenza resa il 9 giugno 2021, ha confermato la sentenza con cui, in data 18 giugno 2019, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condanNOME, tra gli altri, COGNOME alla pena ritenuta di giustizia in ordine ai seguenti reati
partecipazione alla associazione mafiosa contestata al capo 1), riqualificata la condotta ai sensi degli artt.110 e 416-bis, c.p., per avere operato quale imprenditore di riferimento della RAGIONE_SOCIALE, con i cui esponenti aveva rapporti di intensa frequentazione;
emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui ai capi 87) e 94);
indicazione nella dichiarazione annuale, dei redditi della RAGIONE_SOCIALE di elementi passivi fittizi derivanti dall’utilizzazione della di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti di cui ai capi 90 e 96) emesse da RAGIONE_SOCIALE,
/ in accoglimento dell’appello del pubblico ministero, riciclaggio, aggravato ex art. 416-bis.1, c.p., di cui ai capi 93) e 107).
Con sentenza pronunciata il 22.2.2023, n. 24950, R.G.N. 20299/2022, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, decidendo sul ricorso proposto dal COGNOME, provvedeva nei seguenti termini: 1) annullava senza rinvio la sentenza impugnata, con riferimento ai reati di cui ai capi 93) e 107), perché il fatto non sussiste; 2) annullava la medesima sentenza, in relazione alla ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 416-bis, quarto e sesto comma, c.p., con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio sul punto; 3) rigettava nel resto il ricorso del COGNOME.
Avverso la menzionata sentenza della Suprema Corte ha proposto ricorso straordinario per errore materiale o di fatto ex art. 625 bis c.p.p., il RAGIONE_SOCIALE, lamentando l’errore percettivo in cui è caduto il giudice di legittimità nell’affermare, a pagina 211 della sentenza in questione, che “II quarto motivo dell’atto a firma dell’AVV_NOTAIO, relativo alla mancata applicazione del trattamento sanzioNOMErio più favorevole previsto dal regime vigente in epoca precedente all’entrata in vigore
della legge n. 69 del 2015, non è consentito perché previamente non dedotto nei motivi di appello come imposto dall’art. 609, c.p.p.” Si tratta, rileva in particolare il ricorrente, di un evidente errore, posto che la questione di cui si discute aveva formato oggetto di uno specifico motivo di appello articolato dal difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, riproposto con il quarto motivo del ricorso per cassazione; errore caduto su di un profilo rilevante, in quanto relativo alla determinazione dell’entità del trattamento sanzioNOMErio.
Con requisitoria scritta il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il ricorso va accolto per le seguenti ragioni.
Va preliminarmente affermata l’ammissibilità del ricorso proposto nell’interesse del COGNOME, pur in presenza dell’annullamento con rinvio della sentenza della corte di appello di Catanzaro, in relazione alla ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 416-bis, quarto e sesto comma, c.p.
Come affermato, infatti, dall’orientamento costante nella giurisprudenza di legittimità, sancito dalla Suprema Corte nella sua espressione più autorevole, la legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario per cassazione a norma dell’art. 625-bis, c.p.p., spetta anche alla persona condannata nei confronti della quale sia stata pronunciata sentenza di annullamento con rinvio limitatamente a profili che attengono alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio,/ (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso straordinario proposto avverso la sentenza della Corte di cassazione che aveva annullato con rinvio la pronuncia di condanna esclusivamente con riferimento alla sussistenza di una circostanza aggravante: cfr., ex plurimis, Sez. U, n. 28717 del 21/06/2012, Rv. 252935).
Tanto premesso, appare opportuno soffermarsi, sia pure brevemente, sui consolidati principi affermati nel tempo dalla giurisprudenza della Suprema Corte, in sede di interpretazione del disposto dell’art. 625-bis, c.p.p.
Come è noto l’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625-/ bis, c.p.p., quali motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della Corte di Cassazione, consistono, rispettivamente, il primo, nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo, sicché rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali,(cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, Rv. 273193).
Con particolare riferimento al tema sollevato dal ricorrente, si osserva che da tempo risalente la giurisprudenza di legittimità è attestata sul condivisibile principio, secondo cui. l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità ed oggetto del rimedio previsto dall’art. 625 bis, c.p.p., consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco e postula inderogabilmente che lo sviamento della volontà del giudice sia non solo decisivo, ma anche di oggettiva immediata rilevabilità, nel senso che il controllo degli atti processuali deve far trasparire, in modo diretto ed evidente, che la decisione è stata condizionata dall’inesatta percezione e non dall’errata valutazione o dal non corretto apprezzamento di quegli atti, nel qual caso la qualificazione appropriata è quella corrispondente all’errore di giudizio. Ne consegue che l’omesso esame di un motivo di ricorso non dà causa ad errore di fatto, ne’ determina incompletezza della motivazione della sentenza, quando, pur in mancanza di espressa disamina, la censura debba considerarsi implicitamente disattesa perché incompatibile con la struttura e l’impianto della motivazione, nonché con le premesse, logiche e giuridiche, che compendiano la ” ratio decidendi” della sentenza medesima; è invece riconducibile nella figura dell’errore di fatto quando sia dipeso da una vera e propria svista materiale, ossia da
una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, la cui presenza, viceversa, sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso (cfr., ex plurimis, Sez. 4, n. 34156 del 21/06/2004, Rv. 229099; Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007, Rv. 236731; Sez. 6, n. 14296 del 20/03/2014, Rv. 259503; Sez. 2, n. 53657 del 17/11/2016, Rv. 268982).
Principi ribaditi in un più recente e condivisibile arresto di questa Corte, in cui si è sottolineato come in tema di ricorso straordinario per errore di fatto, non sia deducibile la mancata disamina di doglianze non decisive o che devono essere considerate implicitamente disattese perché incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la “ratio decidendi” della sentenza, sicché è onere del ricorrente dimostrare che i motivi non esaminati fossero, invece, decisivi, e che il loro omesso scrutinio sia dipeso da un errore di percezione (cfr. Sez. 1, n. 391 del 09/11/2023, Rv. 285553).
In applicazione di tali principi si è ritenuto che l’omesso esame di una memoria difensiva dia luogo ad errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 625-bis, c.p.p., quando sia dipeso da una vera e propria svista materiale, ossia da una disattenzione di ordine meramente percettivo che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza di una censura, la cui presenza sia immediatamente e oggettivamente rilevabile, e risulti evidente che la decisione del giudice di legittimità sarebbe stata diversa se fosse stato vagliato il motivo di censura dedotto (cfr. Sez. 5, n. 46806 del 03/11/2021, Rv. 282384) ovvero che integra errore di fatto, rilevabile mediante ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis, c.p.p., quale vizio di percezione delle risultanze processuali che abbia determiNOME la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, l’omesso esame, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione nel giudizio di esecuzione, della doglianza relativa alla vicinanza temporale di condotte di reato omogenee, desumibile dal raffronto delle sentenze di condanna, in assenza di giustificazioni da cui
desumerne la motivata confutazione (cfr. Sez. 5, n. 17636 del 22/01/2020, Rv. 279355).
Alla luce degli evidenziati principi, non è revocabile in dubbio la fondatezza del ricorso del COGNOME.
Come si evince dalla lettura degli atti, ammissibile in questa sede essendo stato dedotto un error in procedendo e, comunque, allegati al ricorso, in ossequio al principio della cd. autosufficienza, non può non rilevarsi come, contrariamente a quanto affermato nella motivazione della sentenza oggetto di ricorso straordinario, il COGNOME, nell’appello avverso la sentenza di primo grado proposto con atto del 20.2.2020 dal suo difensore, AVV_NOTAIO, al quarto motivo di impugnazione, riguardante il trattamento sanzioNOMErio, avesse posto la seguente questione: “se la condotta del COGNOME è da qualificarsi come concorso esterno” (s’intende, nel delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso) “estrinsecatasi nella commissione dei reati-fine di cui è accusato, essa viene a limitarsi nel tempo ai soli anni 2013 e 2014. Ciò significa che la pena in concreto dovrà essere commisurata in ragione della disciplina vigente prima dell’entrata in vigore della I. n. 69/2015, che, come è noto, ha innalzato la pena per il reato in questione attestandola in 10 anni di reclusione nel minimo ed anni 15 nel massimo. Ci si dovrà dunque rapportare alla forbice ricompresa tra 7 e 12 anni di reclusione previsti dalla disciplina previgente, ovvero da 9 a 15 per l’ipotesi aggravata a norma dell’art. 416 bis co. 4 c.p.”
Evidente, dunque, l’errore di percezione, facilmente desumibile dagli atti processuali, in cui è incorsa nella sentenza oggetto di ricorso straordinario la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha omesso di prendere in esame il dedotto motivo di ricorso, riguardante proprio l’omessa motivazione da parte della corte territoriale in ordine al richiamato motivo di appello, sul presupposto, rivelatosi per l’appunto erroneo, che il suddetto motivo di ricorso dovesse considerarsi inammissibile, ai sensi dell’art. 606, co. 3, c.p.p. (e non dell’art. 609, c.p.p., come riportato in motivazione) avendo a oggetto violazione di legge non dedotta con i motivi di appello.
La mancata disamina dell’indicata doglianza, inoltre, riguarda un profilo invero decisivo per il condanNOME, quale appare in tutta evidenza la determinazione dell’entità del trattamento sanzioNOMErio, doglianza che non può considerarsi implicitamente disattesa perché incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione.
Al riguardo si osserva che, come affermato dal prevalente orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, nei reati permanenti in cui la contestazione sia effettuata, come nel caso che occupa, nella forma cd. “aperta” o a “consumazione in atto”, senza indicazione della data di cessazione della condotta illecita, la regola processuale secondo cui la permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data, spettando all’accusa l’onere di fornire la prova a carico dell’imputato in ordine al protrarsi della condotta criminosa fino all’indicato ultimo limite processuale e all’imputato l’onere di allegazione di eventuali fatti interruttivi della partecipazione al sodalizi ovvero del contributo concorsuale fornito alla compagine criminosa.
In presenza di un reato permanente nel quale la contestazione sia stata effettuata nella forma cosiddetta “aperta” o a “consumazione in atto”, senza indicazione della data di cessazione della condotta illecita, in altri termini, la regola di “natura processuale” per la quale la permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data, spettando all’accusa l’onere di fornire la prova a carico dell’imputato in ordine al protrarsi della condotta criminosa fino all’indicato ultimo limite processuale (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 37104 del 13/06/2023, Rv. 285414; Sez. 1, n. 39221 del 26/02/2014, Rv. 260511; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016).
Principio, come è stato evidenziato nei menzionati arresti, che deve trovare rigorosa applicazione, soprattutto nelle ipotesi, quale quella di specie, in cui una successione di leggi abbia determiNOME effetti modificativi “in pejus” del trattamento sanzioNOMErio, perché se fosse dimostrato che il contributo fornito dal RAGIONE_SOCIALE al sodalizio di tipo mafioso
di riferimento si sia protratto sino alla pronuncia della sentenza di primo grado, intervenuta il 18 giugno del 2019, non vi sarebbe alcun dubbio nel ritenere applicabile nei suoi confronti la disciplina prevista dalla I. 27 maggio 2015, n.69.
Laddove permane un contrasto, nel caso di una contestazione del delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso in forma “chiusa”, che abbracci un lungo arco temporale nel corso del quale sia intervenuta una modifica “in peius” del trattamento sanzioNOMErio (nella specie, la legge 27 maggio 2015, n. 69), tra decisioni che affermano il principio, secondo cui, in tal caso, è specifico onere dell’accusa dimostrare che la condotta si sia protratta per tutto il periodo contestato e, comunque, anche dopo detta modifica, con conseguente illegittimità, in difetto, della sentenza di condanna alla pena determinata sulla base delle deteriori previsioni sanzioNOMErie sopravvenute (cfr., ex plurimis, Sez. 1, n. 14823 del 28/02/2020, Rv. 279061) e quelle di segno opposto, ancorate all’assunto che l’applicazione della nuova cornice sanzioNOMEria non richiede la dimostrazione da parte dell’accusa che la condotta si sia protratta anche dopo detta modifica, in quanto, accertata l’esistenza dell’offerta di contribuzione permanente” dell’affiliato all’associazione, questa deve ritenersi valida e produttiva di effetti fino alla dimostrazione del recesso (spontaneo o provocato “ah externo”) (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 34615 del 10/06/2021, Rv. 281961).
Leggendo alla luce di tali principi le decisioni dei giudici di merito non può non rilevarsi come, da un lato, il reato associativo di cui al capo 1) dell’imputazione sia stato contestato al COGNOME con “attualità della condotta”, a partire dal 2002; dall’altro, come i reati-fine di emissione di fatture per operazioni inesistenti e di dichiarazioni fiscali fraudolente, di cui ai capi 87); 90); 94) e 96), aggravati dalla finalità di agevolare il sodalizio di tipo mafioso di riferimento (la RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“), in relazione ai quali il ricorso del COGNOME è stato dichiarato inammissibile (cfr. pp. 209210 della sentenza oggetto di ricorso straordinario) risultano commessi in un periodo, compreso tra gli anni 2013 e 2014, antecedente alla pronuncia della sentenza di primo grado, e dell’entrata in vigore della I.
27 maggio 2015, n 69, che, come è noto, ha modificato in senso peggiorativo per il condanNOME l’entità delle pene previste dall’art. 416bis, c.p.
Diventa, pertanto, decisivo fornire adeguata risposta al rilievo difensivo pretermesso dal giudice di legittimità, anche in considerazione della circostanza che il giudice di primo grado, nel determinare la pena per il reato associativo, ritenuto unificato sotto il vincolo della continuazione, con i reati di cui ai capi 87); 90); 94) e 96), si è limitato a fissarne la misura in sedici anni di reclusione, ritenendola implicitamente congrua, senza alcuna ulteriore valutazione, che desse conto del ragionamento logico-giuridico seguito per giungere a tale risultato, come del resto il giudice di appello, che, pur in presenza, come si è visto, di uno specifico motivo di appello, si è limitato a operare un ulteriore aumento sulla pena già determinata dal giudice di primo grado, in conseguenza dell’accoglimento dell’appello del pubblico ministero relativo ai reati di cui ai capi 93) e 107), per i quali, come si è detto, la Corte di Cassazione ha poi disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza della corte territoriale.
6. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza oggetto di ricorso straordinario va, pertanto, revocata, limitatamente alla decisione concernente il quarto motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME dall’AVV_NOTAIO, e disposto l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Catanzaro del 9/6/2021, limitatamente alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio applicato al COGNOME in relazione al reato di cui capo 1), con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della torte di appello di Catanzaro
P.Q.M.
Revoca la sentenza n. 24950 del 22/2/2023 della Prima Sezione della Corte di Cassazione, limitatamente alla decisione concernente il quarto motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME dall’AVV_NOTAIO, e, decidendo in ordine allo stesso, annulla la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 9/6/2021, limitatamente alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio applicato al COGNOME in
relazione al reato di cui capo 1), con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma il 2.4.2024.