Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36561 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36561 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Data Udienza: 16/10/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Cittanova il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di cassazione, Sezione sesta, del 29/10/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni del difensore del condannato, AVV_NOTAIO in qualità di sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 06/12/2017 la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza emessa il 18/07/2016 dal Tribunale di Palmi, con la quale NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena di giustizia per
il reato di estorsione pluriaggravata in danno di NOME COGNOME.
Con sentenza del 16/11/2018 la Corte di cassazione, seconda sezione, ha annullato con rinvio tale pronuncia.
Il 26/09/2023, all’esito del giudizio di rinvio, la Corte di appello reggina, riqualificato il fatto, originariamente contestato come estorsione aggravata, nel reato di cui all’art. 612, comma 2, cod. pen. aggravato ex art. 416-bis.1 cod. pen., ha condannato i suddetti imputati, in concorso tra loro, alla pena ritenuta di giustizia.
Con sentenza del 29/10/2024 la Corte di cassazione, sesta sezione penale, ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME e dagli altri coimputati. La sentenza Ł stata depositata il 10/01/2025.
In data 08/07/2025 avverso la sentenza da ultimo indicata ha proposto ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. l’imputato NOME COGNOME, tramite il suo difensore di fiducia, deducendo i motivi che di seguito si enunciano nei limiti strettamente necessari alla motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con un unico articolato motivo il ricorrente afferma che la Corte di cassazione Ł incorsa in errore di fatto, deducibile con ricorso straordinario ex art. 625bis cod. proc. pen.
Il difensore, ripercorrendo la complessa vicenda processuale, ha premesso: che la prima sentenza di annullamento del 2018 aveva ritenuto la manifesta illogicità della motivazione
della sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 06/12/2017 nella parte in cui, dopo aver ‘recuperato’ le prime dichiarazioni del NOME (dallo stesso disconosciute), non solo non aveva motivato la propria diversità di vedute rispetto al giudice di primo grado, ma aveva anche omesso di considerare le implicazioni derivanti dalla ricostruzione prescelta ed in particolare il fatto che all’epoca dei fatti (recte delle presunte richieste estorsive) NOME COGNOME era detenuto; circostanza quest’ultima incidente anche sulla valutazione dell’attendibilità della persona offesa; che la sentenza rescindente aveva quindi rimesso al giudice del rinvio la questione delle modalità in cui NOME COGNOME aveva materialmente concorso nel reato; che la Corte di appello nella sentenza del 2023, in sede di rinvio, aveva però omesso di affrontare tale questione dirimente, in quanto dopo aver dato atto che il COGNOME, escusso in sede di rinnovazione dell’istruttoria, aveva confermato di aver ricevuto minacce anche dal COGNOME NOME in un incontro avvenuto dopo che lui aveva estinto il suo debito avente ad oggetto un precedente acquisto di bovini, non aveva poi indicato le ragioni per le quali tale versione dei fatti era compatibile col fatto che il COGNOME era detenuto dal dicembre del 2009 (e quindi nel periodo in cui si sarebbe temporalmente collocato l’incontro di cui aveva parlato il COGNOME); che nel ricorso per cassazione avverso tale pronuncia la difesa aveva quindi eccepito la violazione dell’obbligo del giudice di rinvio di conformarsi alle indicazioni contenute nella sentenza di annullamento, non avendo il giudice di merito affrontato il problema della compatibilità del narrato della persona offesa con lo stato detentivo dell’imputato; ciò tanto piø che, in sede di rinnovazione dell’assunzione della testimonianza del COGNOME nel giudizio di rinvio, la persona offesa aveva ribadito la versione dei fatti che risultava inconciliabile col dato della carcerazione del COGNOME; che la Corte di cassazione nella sentenza del 29/10/2024 aveva ‘equivocato’ il contenuto dello specifico vizio denunciato nel ricorso e non lo aveva inteso, posto che si era limitata a rilevare che il concorso dell’imputato nel reato era provato dal fatto che il COGNOME, in sede di rinnovazione dell’istruttoria, aveva affermato che le richieste di denaro gli erano state fatte, nel corso di un incontro, da COGNOME NOME e NOME, dal chØ si desumeva il pieno coinvolgimento di quest’ultimo; che la Corte di cassazione aveva quindi omesso di considerare che la questione controversa non era se il COGNOME avesse o meno accusato NOME COGNOME di aver partecipato all’incontro nel corso del quale erano state fatte le minacce, ma se tale dichiarazione fosse o meno credibile, posto che all’epoca di tale incontro l’imputato era detenuto. La difesa riteneva quindi che la Corte fosse incorsa in un errore di fatto su un punto decisivo ai fini della affermazione di responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato e deve essere accolto per le seguenti ragioni.
1.1. Giova innanzi tutto premettere quali sono i limiti della cognizione della Corte in caso di ricorso straordinario disciplinato dall’art. 625bis cod. proc. pen.
Questa Suprema Corte ha avuto modo di affermare che l’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625-bis cod. proc. pen. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo, sicchØ rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali (Sez. 5, Sentenza n. 29240 del 01/06/2018, COGNOME, Rv.
273193 – 01). Si Ł altresì precisato che il ricorso straordinario non può avere ad oggetto il travisamento del fatto o della prova, poichØ l’istituto Ł funzionale a rimuovere i vizi di percezione delle pronunce di legittimità, e non anche quelli del ragionamento (Sez. 3, Sentenza n. 11172 del 15/12/2023 (dep. 2024), Dema, Rv. 286048 – 01) e che con il ricorso straordinario ‘non Ł deducibile la mancata disamina di doglianze non decisive o che devono essere considerate implicitamente disattese perchØ incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonchØ con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la “ratio decidendi” della sentenza, sicchØ Ł onere del ricorrente dimostrare che i motivi non esaminati fossero, invece, decisivi, e che il loro omesso scrutinio sia dipeso da un errore di percezione’ (Sez. 1, Sentenza n. 391 del 09/11/2023 (dep. 2024), Piromalli, Rv. 285553 – 01).
1.2. Fatte tali doverose premesse, il ricorso straordinario nel caso in esame Ł ammissibile e fondato.
E’ opportuno preliminarmente riassumere i termini della questione che ha dato origine al
presente procedimento di impugnazione così come ricavabili dagli atti disponibili. Secondo la sentenza di annullamento emessa dalla seconda sezione nel 2018 la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 2017 era contraddittoria per le seguenti ragioni: la persona offesa, COGNOME aveva dichiarato che aveva acquistato dagli imputati dei bovini per il prezzo di circa 10.000 euro prima di essere arrestato; a causa della detenzione non aveva potuto onorare il debito; era stato scarcerato a maggio del 2009; dopo la scarcerazione i COGNOME, prendendo a pretesto il ritardo nel pagamento, oltre a chiedere il versamento del prezzo dei bovini iniziarono a pretendere da lui con modalità intimidatorie ulteriori somme (poi quantificate da ultimo in 10.000 euro); il COGNOME, in sede di indagini preliminari, aveva collocato tali richieste in un momento successivo al pagamento del prezzo dei bovini, che, a suo dire, era riuscito ad effettuare alcuni mesi dopo la sua scarcerazione; nel corso del dibattimento, escusso come teste, aveva invece riferito che le richieste estorsive gli erano state fatte ancor prima di iniziare ad estinguere il debito di 10.000 per l’acquisto dei bovini (sebbene dopo la sua scarcerazione); il giudice di primo grado, attribuendo la divergenza nelle dichiarazioni a difetti di verbalizzazione in fase di indagini, aveva valorizzato la deposizione dibattimentale sul punto – deposizione che collocava la richiesta estorsiva poco dopo la scarcerazione del COGNOME, maggio del 2009, ed era quindi anche compatibile col fatto, pure emerso dall’istruttoria, che NOME COGNOME era stato ininterrottamente detenuto dal dicembre del 2009 -; la Corte di appello invece, a detta della sentenza di annullamento, non solo aveva ‘recuperato’ le dichiarazioni predibattimentali del COGNOME – senza peraltro motivare la propria diversità di vedute col primo giudice – ma non si era fatta carico di spiegare, anche ai fini della valutazione di attendibilità del teste d’accusa, come la suddetta versione dei fatti potesse conciliari con la detenzione del COGNOME; ciò in quanto, seguendo tale versione, sempre a detta della sentenza rescindente, le richieste estorsive erano collocabili in un momento in cui l’imputato sarebbe stato già ristretto in carcere; si dava altresì atto che la questione era decisiva posto che l’impianto accusatorio si fondava quasi esclusivamente sulle dichiarazioni del COGNOME. Nel giudizio di rinvio, la Corte di appello di Reggio Calabria, nell’affrontare il problema posto dalla sentenza di annullamento, ha ritenuto che le questioni ivi sollevate potevano dirsi risolte alla luce del fatto che in sede di rinnovazione dell’istruttoria,’all’udienza del 23 febbraio 2022, il teste COGNOME, ribadendo per somme linee quanto riferito in sede investigativa innanzi agli inquirenti, a domanda specifica, ha risposto che la richiesta di pagamento di interessi era intervenuta in una fase successiva a quella della effettuata
corresponsione del capitale…a domanda del PG il COGNOME ha poi risposto che il pagamento delle ulteriori somme era intervenuto solo dopo il pagamento della somma capitale di 10.000 euro e non già prima’. La Corte rilevava inoltre che il testimone aveva ribadito che agli incontri, come sopra temporalmente collocati, in cui gli erano state rivolte le richieste estorsive era presente anche NOME COGNOME. La sentenza di appello, dunque, ha nuovamente valorizzato la prima versione dei fatti (quella resa già in fase di indagini); tuttavia ha lasciatoirrisolto il problema, pure posto dalla sentenza di annullamento, di conciliare tale versione dei fatti con la detenzione del COGNOME.
Con il secondo ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME aveva effettivamente rilevato tale lacuna motivazionale che, in sostanza si risolveva anche in una elusione delle statuizioni contenute nella sentenza rescindente.
1.3. Ciò premesso, ritiene questo Collegio che la sentenza oggetto del ricorso straordinario non si Ł obiettivamente fatta carico della questione posta con il motivo di ricorso da ultimo indicato; motivo che non ha considerato o che non ha verosimilmente inteso nella sua esatta portata. Che vi sia stato un difetto di percezione si evince già dalla parte della motivazione dedicata alla esposizione dei motivi di ricorso, in cui la complessa questione sopra esposta, viene così riassunta ‘2.3. NOME COGNOME ha altresì censurato la sentenza della Corte territoriale in merito alla affermazione della partecipazione del predetto alle condotte asseritamente illecite ascritte ai coimputati’ (p. 2). Anche tenendo conto del disposto dell’art. 173 delle norme di attuazione del codice di procedura – secondo il quale i motivi di ricorso vanno enunciati in sentenza nei limiti strettamente necessari per la motivazione – si tratta di una sintesi eccessiva a fronte della intricata vicenda processuale che costituiva oggetto del motivo di ricorso. Nel considerato in diritto la Corte riassume invece in maniera piø ampia le sopra esposte ragioni che avevano portato alla sentenza rescindente (riportandole per esteso a pagina 3). Nonostante ciò, tuttavia, nel rispondere allo specifico motivo di ricorso proposto dal COGNOME NOME (sintetizzato, come detto, al punto 2.3. del ritenuto in fatto) la Corte si limita ad affermare: ‘infondato Ł anche il motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME nel quale il predetto deduce l’assenza di prove in ordine alla propria responsabilità nei fatti contestati. Invero, la sentenza impugnata da atto (pag. 6) che COGNOME nel corso del suo nuovo esame dinanzi alla Corte di appello nel rievocare i fatti ha dichiarato che le richieste di denaro gli erano state in origine rivolte fa ‘COGNOME NOME NOME‘, con ciò dimostrandosi il pieno coinvolgimento, sin dall’inizio, dell’imputato nelle condotte minacciose’. Ciò detto, non si può non rilevare che, in effetti, la motivazione della Corte di cassazione sul punto controverso Ł alquanto riduttiva, e quindi tradisce una altrettanto riduttiva (e incompleta) lettura del motivo di ricorso. Ed invero, secondo la sentenza di annullamento del 2018 ciò che occorreva stabilire e chiarire non era se il COGNOME avesse o meno accusato NOME COGNOME di aver partecipato alla consumazione del delitto in suo danno, ma semmai come e quando tale contributo concorsuale era stato dato; e, una volta accertato il quando e il quomodo della partecipazione, verificare se le dichiarazioni del principale teste d’accusa si potessero conciliare col dato di fatto che il COGNOME era detenuto ininterrottamente dal dicembre 2009. La laconicità con la quale Ł stato enunciato il motivo di ricorso unitamente alla risposta, abbastanza sintetica e semplicistica, che allo stesso Ł stata data, inducono a ritenere che la Corte di cassazione abbia sostanzialmente mal interpretato le doglianze del ricorrente, adottandone una versione estremamente riduttiva. In questo senso, si può affermare che il motivo di ricorso sia stato male inteso ed equivocato dalla Corte e conseguentemente lo stesso non sia stato valutato, rimanendo senza sostanziale risposta o
con una risposta, di fatto, apparente. In sostanza, non si può affermare che l’errore in cui si assume che la Corte di cassazione sia incorsa abbia natura esclusivamente valutativa e si innesti su un sostrato fattuale correttamente percepito, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione (cfr Sez. 6, Ordinanza n. 28424 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283667 01).
Per quanto sopra esposto il ricorso straordinario Ł meritevole di accoglimento e ad esso consegue la revoca della sentenza impugnata.
2. Ciò detto, va rilevato che secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che questo Collegio condivide, ‘In tema di ricorso straordinario per errore di fatto, disponendo l’art. 625-bis, comma 4, cod. proc. pen. che la Corte di cassazione, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore, la definizione della procedura non deve necessariamente articolarsi nelle due distinte fasi dell’immediata caducazione del provvedimento viziato e della successiva udienza per la celebrazione del rinnovato giudizio sul precedente ricorso per cassazione, potendosi adottare un’immediata pronuncia della decisione, che, se di accoglimento del ricorso, sostituisce la precedente’ (Sez. 2, Sentenza n. 9386 del 26/02/2025, COGNOME, Rv. 287656 – 01).
Tanto premesso, questa Corte ritiene che il motivo di ricorso della difesa dell’imputato NOME COGNOME che la sentenza oggetto del ricorso straordinario ha sostanzialmente omesso di valutare nella sua esatta portata, Ł fondato e merita accoglimento. Per le ragioni che sono state sopra esposte, la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 26/09/2023 ha lasciato insoluta la questione che era stata posta dalla sentenza rescindente del 2018, motivando in maniera sostanzialmente apparente sulla stessa. Si impone pertanto l’annullamento della sentenza da ultimo indicata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. Al giudice di rinvio Ł demandato il compito di colmare le lacune motivazionali sopra evidenziate; ed in particolare tale giudice dovrà: a) accertare e stabilire quando il COGNOME NOME avrebbe minacciato il NOME al fine di costringerlo a versare le somme di denaro ulteriori rispetto a quelle costituenti il prezzo dei bovini acquistati – momento che risulta oggettivamente difficile collocare temporalmente anche alla luce delle dichiarazioni (non sempre obiettivamente chiare) che lo stesso COGNOME ha reso in sede di rinnovazione dell’istruttoria in appello – ; b) una volta collocata temporalmente la suddetta condotta, stabilire se e come la versione dei fatti fornita sul punto dalla persona offesa si concili con il fatto che il NOME COGNOME sarebbe stato ininterrottamente detenuto dal dicembre del 2009.
P.Q.M
Revoca nei confronti di COGNOME NOME la sentenza n. 1078/2025 emessa dalla sesta sezione all’udienza del 29/10/2024 e, a detti effetti, annulla la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 26/09/2023 con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Così Ł deciso, 16/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME