Errore Calcolo Pena: Quando la Cassazione può Correggere Direttamente la Sentenza
Un errore calcolo pena può compromettere la giustizia di una condanna, ma non sempre richiede l’annullamento della sentenza. La recente pronuncia della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43655/2024, offre un chiaro esempio di come la Suprema Corte possa intervenire per correggere direttamente un’inesattezza matematica, applicando il principio di economia processuale. Analizziamo insieme questo interessante caso.
I Fatti del Caso: un Errore Matematico nella Riduzione della Pena
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un imputato condannato per il reato di tentata rapina pluriaggravata. La Corte d’Appello di Catania, nel riformare parzialmente la sentenza di primo grado, aveva ridotto la pena a due anni e sei mesi di reclusione, oltre alla pena pecuniaria.
Tuttavia, l’imputato, attraverso il suo legale, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un’inosservanza della legge penale. Nello specifico, si contestava un errore nel calcolo della riduzione della pena prevista per la figura del tentativo, disciplinata dall’art. 56 del codice penale. Anche la Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha concordato sulla presenza di un errore, chiedendo la rettifica della sentenza.
La Decisione della Corte di Cassazione e l’Errore Calcolo Pena
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato. I giudici hanno constatato che la Corte d’Appello era effettivamente incorsa in un errore materiale nel determinare la sanzione finale.
Invece di annullare la sentenza e rinviare il procedimento a un nuovo giudice, la Cassazione ha deciso di procedere direttamente alla correzione dell’errore. La Corte ha stabilito che la pena corretta fosse di due anni e quattro mesi di reclusione, e non due anni e sei mesi come erroneamente indicato nel dispositivo della sentenza d’appello.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 619 del codice di procedura penale, che consente alla Corte di Cassazione di rettificare gli errori materiali contenuti nelle sentenze impugnate. La Corte ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in caso di discrasia tra la motivazione e il dispositivo, la prima prevale quando l’errore nel secondo è palesemente materiale e il procedimento logico-matematico seguito dal giudice è chiaramente ricostruibile dalla motivazione.
Nel caso di specie, la motivazione della sentenza d’appello indicava una pena base di sette anni di reclusione. Su questa base, il giudice aveva deciso di applicare la massima riduzione possibile per il tentativo, pari a due terzi. Un semplice calcolo matematico (sette anni meno due terzi) porta a una pena finale di due anni e quattro mesi. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva erroneamente indicato nel dispositivo la pena di due anni e sei mesi.
Essendo l’errore di natura puramente matematica e il percorso decisionale del giudice d’appello assolutamente chiaro, la Cassazione ha ritenuto sufficiente correggere direttamente l’errore, senza la necessità di un nuovo processo.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Rettifica Diretta
Questa sentenza ribadisce un importante principio di economia processuale. Quando un errore è meramente materiale e non inficia la logica della decisione, la Corte di Cassazione può e deve intervenire direttamente per emendarlo. Ciò evita di allungare inutilmente i tempi della giustizia con un annullamento con rinvio.
La decisione sottolinea anche l’importanza della coerenza interna di una sentenza: la motivazione deve essere il fondamento logico e trasparente su cui si basa il dispositivo. Quando questa coerenza è evidente, anche un errore materiale nel dispositivo può essere sanato in modo rapido ed efficace, garantendo la corretta applicazione della legge e la certezza del diritto.
Cosa succede se un giudice commette un errore di calcolo nel determinare la pena?
Se l’errore è puramente materiale e il procedimento di calcolo corretto è chiaramente ricostruibile dalla motivazione della sentenza, la Corte di Cassazione può correggerlo direttamente senza annullare la decisione, in base all’art. 619 del codice di procedura penale.
In caso di contrasto tra la motivazione e il dispositivo di una sentenza, quale parte prevale?
Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, se la discrepanza deriva da un errore materiale palese, la motivazione prevale sul dispositivo, in quanto permette di ricostruire il corretto percorso logico-giuridico seguito dal giudice.
Perché la Cassazione ha corretto la pena da 2 anni e 6 mesi a 2 anni e 4 mesi?
La Corte ha corretto la pena perché la Corte d’Appello, pur avendo indicato in motivazione di voler applicare la massima riduzione di due terzi su una pena base di sette anni, ha commesso un errore matematico nel dispositivo. Il calcolo corretto (7 anni meno due terzi) risulta in una pena finale di 2 anni e 4 mesi.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43655 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 43655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE di APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la memoria del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la rettifica della sentenza impugnata nel senso che la previsione della pena di anni due, mesi sei di reclusione per il reato di rapina pluriaggravata sia sostituita con la pena di anni due mesi quattro di reclusione. Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art.23 co.8 d.l. 137/2020 ed art. 8 d.l. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Catania, nel riformare parzialmente la sentenza pronunciata dal Tribunale di Catania il 25 maggio 2003 nei confronti di NOME, ha ridotto a due anni e sei mesi di reclusione (oltre alla pena pecuniaria) la sanzione irrogata per il reato di rapina tentata.
L’imputato, nel presentare ricorso, ha dedotto quale unico motivo la inosservanza o erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b, c.p.p.)
per aver la Corte errato nel calcolo della riduzione della pena in relazione al tentativo (art.56 c.p.).
Il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha inviato mail con memoria con cui chiede la rettifica del calcolo da parte della Corte Suprema. Con lo stesso mezzo, la Difesa dell’imputato (memoria a firma dell’AVV_NOTAIO> in data 23/09/2024), preso atto delle conclusioni del Sostituto Procuratore, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, atteso l’errore in cui è incorsa la Corte d’Appello di Catania nel calcolare la riduzione della pena a seguito dell’applicazione dell’art.56 cod. pen..
Non è tuttavia necessario annullare la sentenza essendo sufficiente procedere alla correzione dell’errore.
Il Collegio ritiene infatti che, nella specie, si possa applicare la giurisprudenza della Corte di cassazione secondo la quale, nell’ipotesi in cui la discrasia tra dispositivo e motivazione della sentenza dipenda da un errore materiale relativo all’indicazione della pena nel dispositivo e dall’esame della motivazione sia chiaramente ricostruibile il procedimento seguito dal giudice nel determinare la pena, la motivazione prevalga sul dispositivo con la conseguente possibilità di rettifica dell’errore secondo la procedura prevista dall’art. 619 cod. proc. pen. (Sez.6, n. 8916 del 08/02/2011, P., Rv. 249654 – 01; Sez. 2, n. 35424 del 13/07/2022, COGNOME, Rv. 283516 – 01).
In conclusione, la pena base di sette anni di reclusione, come determinata nella sentenza, va ridotta nella misura massima -anch’essa ‘predeterminata’decisa dal giudice di secondo grado, pari a due terzi, per giungere alla pena finale di 2 anni e 4 mesi di reclusione. In tal senso va disposta la rettificazione ex art.619 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Visto l’art.619 cod. proc. pen. dispone correggersi il dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui l’espressione “anni due, mesi sei di reclusione” sia sostituita dall’espressione “anni due e mesi quattro di reclusione”.
Così d ciso il 10 ottobre 2024