Errore nel Calcolo della Pena: La Cassazione Interviene su un Vizio di Motivazione
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto penale: la corretta determinazione della pena non è un mero esercizio numerico, ma deve fondarsi su un percorso logico-giuridico impeccabile. Quando si verifica un errore nel calcolo della pena a causa di un’errata interpretazione della norma, la sentenza può essere annullata per vizio di motivazione. Analizziamo questo caso emblematico.
I Fatti del Caso
L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di falso ideologico in atto pubblico commesso per induzione. In pratica, aveva tratto in inganno i funzionari del Pubblico Registro Automobilistico (PRA), dichiarando falsamente di essere il proprietario di un veicolo, inducendoli così a predisporre la documentazione per l’intestazione a suo nome.
La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, ritenendo congrua la pena inflitta dal giudice di primo grado. Tuttavia, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando proprio un errore nella commisurazione della sanzione e un vizio nella motivazione della sentenza d’appello.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio. Ha quindi disposto il rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano per un nuovo esame sul punto. È importante sottolineare che la condanna per il reato non è stata messa in discussione, ma solo il quantum della pena.
Le Motivazioni: L’Errore Precettivo e il Vizio di Motivazione
Il cuore della decisione risiede nell’individuazione di un “errore precettivo” da parte della Corte d’Appello. Il giudice di secondo grado, nel confermare la pena, aveva affermato che essa corrispondeva al minimo edittale. Così facendo, però, aveva implicitamente ritenuto applicabile una circostanza aggravante (prevista dall’art. 476, comma 2 c.p.) senza tuttavia motivare in alcun modo la sua effettiva sussistenza nel caso di specie.
La Cassazione ha chiarito che la Corte d’Appello ha confuso la cornice edittale di pena del reato contestato (art. 479 c.p.) con quella, più severa, della fattispecie aggravata. Questo errore nel calcolo della pena ha viziato l’intera valutazione sulla congruità della sanzione. In altre parole, il ragionamento del giudice d’appello era fondato su un presupposto giuridico errato, il che si è tradotto in un evidente vizio di motivazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa pronuncia ribadisce che il dovere di motivazione del giudice è un pilastro del nostro sistema giudiziario, specialmente quando si tratta di definire la libertà personale. Una pena, per essere legittima, non solo deve essere contenuta entro i limiti di legge, ma deve anche scaturire da un percorso argomentativo corretto e trasparente. Il giudice del rinvio sarà ora libero di confermare la stessa pena, ma dovrà farlo giustificando la sua decisione attraverso un percorso logico-giuridico diverso e privo dell’errore censurato dalla Cassazione. La sentenza sottolinea l’importanza per la difesa di analizzare attentamente non solo il verdetto di colpevolezza, ma anche il processo motivazionale che ha portato alla quantificazione della pena.
Qual è stato l’errore commesso dalla Corte d’Appello?
La Corte d’Appello ha erroneamente basato la sua valutazione sulla congruità della pena su una cornice edittale sbagliata, quella di un’ipotesi aggravata del reato, senza motivare l’applicabilità di tale aggravante, commettendo così un errore di diritto.
La condanna dell’imputato è stata annullata?
No, la Corte di Cassazione non ha annullato la dichiarazione di colpevolezza per il reato di falso ideologico. L’annullamento ha riguardato esclusivamente la parte della sentenza relativa alla determinazione della pena (il trattamento sanzionatorio).
Cosa accadrà ora nel processo?
Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che dovrà procedere a una nuova valutazione della pena. Il nuovo giudice potrà anche irrogare la stessa sanzione, ma dovrà giustificarla con un percorso argomentativo corretto e diverso da quello censurato dalla Cassazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21004 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21004 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRECU NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio;
lette le conclusioni del difensore dell’imputato AVV_NOTAIO, che ha chiest l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano ha confermato la condanna di per il reato di falso ideologico in atto pubblico per induzione commesso traendo in inganno i funzionari del PRA che predisponevano la documentazione per l’intestazione all’imputato di un veicolo del quale egli si era dichiarato falsamente il proprietario.
Avverso la sentenza ricorre l’imputato deducendo erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione. Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata, nel condividere la commisurazione della pena irrogata dal giudice di primo grado invece contestata con i motivi d’appello, afferma che questa sarebbe stata determinata nel minimo edittale e che per questa ragione merita di essere confermata. Così facendo la Corte, evidentemente, ha ritenuto che il reato contestato fosse aggravato ai sensi dell’art. 476 comma 2 c.p., posto che il miìnimo edittale menzionato è quello previsto per tale fattispecie, senza però motivare sulla sua effettiva configurabilità e in particolare sulla attività certificatoria eventualmente svolta dai funzionari del PRA, invece necessaria al fine di attribuire agli atti formati dai medesimi fede privilegiata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Nel rispondere alle specifiche doglianze dell’imputato sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio la Corte ha innanzi tutto contestato la valutazione effettuata dalla difesa circa l’esiguità del fatto per poi ritenere corretta la determinazione della pena base effettuata dal giudice di primo grado in quanto corrispondente al minimo edittale della pena previsto per il reato per cui si procede. In nessun modo il giudice dell’appello ha ipotizzato che oggetto di contestazione (in realtà mai avvenuta, nemmeno in fatto) fosse anche l’aggravante di cui all’art. 476 comma 2 c.p., la quale peraltro sarebbe stata neutralizzata dal giudizio di equivalenza con le riconosciute attenuanti generiche che pure lo stesso giudice ha ritenuto di confermare. Se ne conclude che la Corte è incorsa in un errore precettivo circa l’effettiva cornice edittale di pena prevista per il delitto di cui all’art. 479 c.p. Errore che però è refluito su valutazione di congruità della commisurazione della pena che si traduce in un evidente vizio di motivazione della sentenza impugnata.
Ne consegue che la sentenza deve essere annullata limitatamente al determinazione del trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul pun ad altra sezione della Corte d’appello di Milano. Concernendo il vizio riscontrat motivazione del provvedimento annullato, il giudice del rinvio rimane libero di riba la valutazione di congruità della pena irrogata, purché giustifichi tale dec attraverso un percorso argomentativo diverso da quello censurato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatori con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo esame sul punto.
Così deciso il 8/3/2024