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Errore calcolo pena: Cassazione annulla con rinvio

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per truffa, limitatamente alla quantificazione della pena. La decisione è scaturita da un evidente errore di calcolo della pena, emerso dal contrasto tra la motivazione della sentenza, che indicava un aumento per la recidiva della metà, e il dispositivo, che applicava di fatto un aumento del doppio. La Corte ha stabilito che tale incongruenza, non essendo un mero errore materiale emendabile in sede di legittimità, richiede un nuovo giudizio sul punto, rinviando il caso alla Corte d’Appello.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore calcolo pena: quando la motivazione smentisce il dispositivo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 15672 del 2025, affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: le conseguenze di un palese errore calcolo pena che emerge dal confronto tra la motivazione e il dispositivo di una sentenza. La Corte ha chiarito che quando la divergenza non è un semplice errore materiale, ma un’incongruenza logica nel percorso decisionale del giudice, la sanzione deve essere rivalutata da un nuovo giudice.

I fatti di causa e i motivi del ricorso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di truffa, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di L’Aquila. La pena inflitta era di un anno di reclusione e 200 euro di multa. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione basato su due motivi principali:

1. Mancata declaratoria di prescrizione del reato: secondo la difesa, il reato si sarebbe estinto per il decorso del tempo prima della celebrazione del giudizio d’appello.
2. Errata quantificazione della pena: la difesa ha evidenziato una grave contraddizione. La motivazione della sentenza di primo grado specificava che la pena base (6 mesi e 100 euro) doveva essere aumentata “della metà” per la recidiva contestata, il che avrebbe portato a una pena finale di 9 mesi e 150 euro. Tuttavia, il dispositivo (la parte decisionale) infliggeva una pena di un anno e 200 euro, corrispondente a un raddoppio della pena base. Questo errore, pur essendo stato sollevato in appello, non era stato corretto.

La decisione della Corte di Cassazione e l’errore calcolo pena

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte.

La questione della prescrizione

Il primo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che la recidiva contestata all’imputato (reiterata e infraquinquennale) è una circostanza a effetto speciale. Ai sensi dell’art. 157 c.p., tale circostanza incide sul calcolo del termine di prescrizione, estendendolo. Nel caso specifico, il termine massimo di prescrizione per il reato di truffa era di 10 anni, un periodo non ancora trascorso al momento della sentenza d’appello e neppure alla data dell’udienza in Cassazione. Pertanto, il reato non era prescritto.

L’incongruenza tra motivazione e dispositivo

Il secondo motivo, relativo all’errore calcolo pena, è stato invece accolto. La Corte ha riconosciuto l’evidente discrepanza tra il percorso argomentativo del giudice (aumento della metà) e la sua decisione finale (aumento del doppio). I giudici di legittimità hanno ricordato un importante principio: sebbene il dispositivo prevalga generalmente sulla motivazione, quest’ultima non può essere ignorata. La motivazione ha la funzione essenziale di spiegare e rendere comprensibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. Quando essa contiene “elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso”, emerge un’incongruenza che non può essere sanata con una semplice correzione.

Le motivazioni e le conclusioni

La Corte di Cassazione ha stabilito che la difformità riscontrata non poteva essere classificata come un mero errore materiale, correggibile attraverso la procedura semplificata dell’art. 619 c.p.p. Si trattava, invece, di una contraddizione che toccava il merito della valutazione del giudice sulla determinazione della pena, un ambito precluso all’esame della Corte di legittimità.

Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma solo per quanto riguarda la determinazione del trattamento sanzionatorio. Ha quindi disposto il rinvio del caso alla Corte di Appello di Perugia, che avrà il compito di ricalcolare la pena, eliminando l’incongruenza e fornendo una motivazione adeguata sia per la pena base sia per l’aumento dovuto alla recidiva, applicando correttamente la misura “della metà” già indicata dal primo giudice. L’affermazione della responsabilità penale dell’imputato, invece, è divenuta definitiva e irrevocabile.

Cosa succede se la motivazione e il dispositivo di una sentenza si contraddicono riguardo alla pena?
Se la motivazione indica un criterio di calcolo della pena (es. aumento della metà) ma il dispositivo applica una pena superiore (es. un raddoppio), la sentenza è viziata da un’incongruenza logica. La Corte di Cassazione può annullarla su questo punto, rinviando a un altro giudice per una nuova e corretta determinazione.

La Corte di Cassazione può correggere direttamente un errore nel calcolo della pena?
No, non quando l’errore emerge da un contrasto logico tra motivazione e dispositivo. Tale situazione non è considerata un semplice errore materiale rettificabile in sede di legittimità, ma un vizio che attiene alla valutazione di merito del giudice, richiedendo un nuovo giudizio sul punto.

La recidiva influisce sulla prescrizione di un reato?
Sì, la recidiva reiterata, essendo una circostanza ad effetto speciale, incide sul calcolo del termine di prescrizione del reato, aumentandolo. Come specificato nel caso in esame, ciò può portare il termine massimo di prescrizione a 10 anni per il reato di truffa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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