Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23206 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23206 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, n. DATA_NASCITA DATA_NASCITA avverso la sentenza n. 69/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria del 18/01/2024
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME sentito pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; sentito per il ricorrente l’AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia del Tribunale di Reggio Calabria che in data 14/07/2021 aveva assolto NOME COGNOME dal reato di cui all’art. 615-ter cod. pen. per insussistenza del fatto e aveva dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al concorrente delitto di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio (artt. 110, 326 cod. pen.) perché estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che con un unico motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 270 cod. proc. pen. con riferimento alla ritenuta utilizzabilità, che reputa erronea, di intercettazio telefoniche acquisite in distinto procedimento quale corpo del reato di cui all’art. 326 cod. pen.
Secondo il ricorrente, trattandosi di un error in procedendo, al fine di risolvere la relativa questione, la Corte di cassazione potrà procedere all’esame diretto degli atti processuali e valutare se effettivamente nella vicenda in esame la condotta immateriale della comunicazione tra il ricorrente ed il concorrente NOME COGNOME abbia esaurito la fattispecie criminosa ovvero ne abbia integrato solo un frammento.
Nel corso della stessa istruttoria dibattimentale è emerso, infatti, che anche un’altra società (la RAGIONE_SOCIALE) forniva le medesime informazione al COGNOME.
Le informazioni fornite dall’odierno ricorrente non potevano, dunque, essere considerate riservate e non potevano qualificarsi come corpo del reato di utilizzazione di segreti di ufficio.
Il ricorrente non ha, infine, mai percepito somme di denaro dal COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Alfine, infatti, di superare la prevalenza della pronuncia di cui all’art. 129 comma 1, cod. proc. pen., il ricorrente invoca una penetrante rivalutazione di merito della complessiva vicenda che lo ha visto coinvolto, tra l’altro travisando i
confini dell’error in procedendo, sempre allo scopo di conseguire una pronunzia di merito ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
Il concetto di error in procedendo propugnato dal ricorrente è, infatti, manifestamente infondato.
L’ambito concettuale dell’acquisizione probatoria non è in linea generale estraneo al verificarsi di tale vizio di procedura, come dimostra il caso della mancata assunzione di una prova decisiva.
La giurisprudenza di questa Corte di cassazione ha, infatti, da tempo affermato il principio che il vizio della sentenza previsto dall’articolo 606, comma 1, lett. d) cod. proc. pen. consiste in un error in procedendo, che si verifica allorché l’omessa assunzione riguardi una prova decisiva, cioè una prova capace di incidere in modo significativo sul procedimento decisionale seguito dal giudice e tale da determinare, di conseguenza, una differente valutazione complessiva dei fatti e portare in concreto a una decisione diversa (tra le altre v. Sez. 3, n. 11807 del 12/07/1999, COGNOME, Rv. 215416).
Diverso, tuttavia, è il caso in cui, come nella fattispecie, si contesti la rilevanz di un elemento probatorio (il contenuto di una conversazione intercettata) attraverso una allegata inutilizzabilità, che, però, postula un penetrante controllo di merito del dato stesso (il contenuto intrinseco della conversazione, la sua rilevanza rispetto all’imputazione, l’interazione con il resto del compendio probatorio, l’eventuale prova di resistenza derivante dall’eliminazione del dato probatorio in tesi inutilizzabile) incompatibile col vaglio tipico del sindacato d legittimità.
A tale ostacolo si somma quello della necessità di apprezzare il dato stesso nei ristretti limiti previsti dalla regola di giudizio di cui all’art. 129, comma 2, c proc. pen., essendo stato pronunciato il proscioglimento dell’imputato per sopravvenuta prescrizione del reato.
È, infatti, del tutto conseguente rispetto a quanto già argomentato che nella fattispecie in esame non ricorre affatto il requisito dell’evidenza dell’innocenza dell’imputato o la prova che il fatto non sussiste, proprio perché a dette conclusioni potrebbe eventualmente pervenirsi soltanto a seguito di articolato ragionamento probatorio inferenziale a più variabili.
Alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si reputa equo determinare nella misura di euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il re dnte