Equivalenza circostanze reato: la Cassazione fissa i paletti sulla discrezionalità del giudice
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: il bilanciamento delle circostanze e, in particolare, il cosiddetto giudizio di equivalenza tra circostanze di reato. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per lesioni colpose aggravate dalla violazione di norme antinfortunistiche, ribadendo un principio fondamentale: la valutazione sulla congruità della pena e sul bilanciamento delle circostanze rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, a patto che sia sorretta da una motivazione logica e non contraddittoria.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale trae origine da un infortunio sul lavoro avvenuto nel 2016, a seguito del quale un dipendente di una fonderia riportava lesioni personali. Per tale fatto, un componente del consiglio di amministrazione della società veniva ritenuto colpevole del reato di lesioni colpose aggravate. Dopo una prima assoluzione, la Corte d’Appello, in sede di rinvio a seguito di una precedente pronuncia della Cassazione, aveva condannato l’imputato alla pena di un mese di reclusione, eliminando l’aggravante della recidiva ma riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti contestate.
L’imputato proponeva quindi un nuovo ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la censura del trattamento sanzionatorio e, nello specifico, la formulazione del giudizio di equivalenza tra attenuanti e aggravanti, ritenuto ingiusto.
L’equivalenza delle circostanze del reato e la decisione della Corte
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella valutazione della manifesta infondatezza del ricorso. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva correttamente e logicamente motivato la sua decisione di considerare equivalenti le circostanze. Il giudizio si fondava su una pluralità di elementi concreti e pertinenti:
1. La gravità delle lesioni subite dal lavoratore.
2. La gravità della colpa dell’imputato, in qualità di garante della sicurezza sul lavoro.
3. Un precedente specifico a carico dell’imputato che, pur non essendo stato considerato ai fini della recidiva, è stato ritenuto un valido indicatore della sua condotta di vita e, quindi, rilevante per negare la prevalenza delle attenuanti.
La Suprema Corte ha sottolineato che le obiezioni difensive, in realtà, non evidenziavano vizi di legittimità (come un’errata applicazione della legge o una motivazione illogica), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda. Questo tipo di richiesta, tuttavia, esula completamente dal perimetro del giudizio di legittimità, che è limitato al controllo della corretta applicazione delle norme di diritto.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ribadito che il giudizio di bilanciamento delle circostanze, disciplinato dall’art. 69 c.p., costituisce espressione di un’ampia discrezionalità del giudice di merito. Tale potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato fornendo una motivazione adeguata che dia conto dei criteri seguiti. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ancorato la sua decisione a parametri oggettivi e soggettivi solidi (danno alla vittima, intensità della colpa, personalità dell’imputato desunta dai precedenti), rendendo la sua valutazione immune da censure di illogicità.
Conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: l’apprezzamento del giudice di merito sul trattamento sanzionatorio e sull’equivalenza circostanze reato è difficilmente attaccabile in Cassazione. L’imputato che intenda contestare tale valutazione deve dimostrare non una semplice divergenza di opinioni, ma una manifesta illogicità o una palese contraddittorietà nel ragionamento del giudice. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.
È possibile contestare in Cassazione la decisione del giudice sul bilanciamento tra attenuanti e aggravanti?
No, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione sulla congruità della pena e sul giudizio di equivalenza tra circostanze rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se adeguatamente motivata.
Un precedente penale, anche se non considerato per la recidiva, può influenzare la pena?
Sì. In questo caso, la Corte ha ritenuto che un precedente specifico, pur non rilevando ai fini della recidiva, fosse comunque un elemento idoneo a delineare la vita antecedente dell’imputato e a giustificare il giudizio di equivalenza tra le circostanze anziché la prevalenza delle attenuanti.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1109 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1109 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FERRARA il 09/08/1958
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Genova del 26 ottobre 2023, che, giudicando in sede di rinvio a seguito di sentenza della Quarta Sezione Penale d questa Corte n. 31541 del 22 giugno 2023, ha ridotto a mesi 1 di reclusione, eliminata la recidi la pena inflitta ad NOME COGNOME ritenuto colpevole, dopo essere stato assolto in primo gr del reato di cui agli art. 113 e 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen., commesso in Follo il :3 agosto 2016 in danno di NOME COGNOME dipendente della RAGIONE_SOCIALE, società nell’ambi della quale COGNOME ricopriva la veste di componente del consiglio di amministrazio
Rilevato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura il trattamento sanzionatorio particolare riferimento alla formulazione del giudizio di equivalenza delle riconosciute atten generiche rispetto alle aggravanti ex art. 590, commi 2 e 3 cod. pen., è ME nifestamente infondato, avendo al riguardo la Corte di appello rimarcato, in maniera non irrzigionevole congruità della pena e la correttezza del giudizio di equivalenza tra le circostanzE del rea tal senso valorizzando sia la gravità delle lesioni subite dal lavoratore, sia la gravità del dell’imputato, sia ancora il precedente specifico a suo carico che, pur non essenc o rilevant fini della recidiva, era comunque idoneo a delineare la vita antecedente al reato di COGNOME.
Evidenziato che, in presenza di valutazioni tutt’altro che illogiche, non vi GLYPH spazio per l’accoglimento delle obiezioni difensive, che sollecitano, peraltro in termini non ac eguatam specifici, differenti apprezzamenti di merito che esulano dal perimetro del giudizio di legit
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rileiato che declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. per ., l’one pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della sorr ma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua i della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13 settembre 2024.