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Equivalenza circostanze reato: Cassazione conferma pena

Un membro del consiglio di amministrazione, condannato per lesioni colpose a un dipendente, ha impugnato la sentenza lamentando l’errata valutazione sull’equivalenza circostanze reato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti è una valutazione di merito del giudice, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica. La Corte ha ritenuto congrua la pena basandosi sulla gravità delle lesioni, la colpa dell’imputato e i suoi precedenti.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Equivalenza circostanze reato: la Cassazione fissa i paletti sulla discrezionalità del giudice

Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: il bilanciamento delle circostanze e, in particolare, il cosiddetto giudizio di equivalenza tra circostanze di reato. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per lesioni colpose aggravate dalla violazione di norme antinfortunistiche, ribadendo un principio fondamentale: la valutazione sulla congruità della pena e sul bilanciamento delle circostanze rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, a patto che sia sorretta da una motivazione logica e non contraddittoria.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale trae origine da un infortunio sul lavoro avvenuto nel 2016, a seguito del quale un dipendente di una fonderia riportava lesioni personali. Per tale fatto, un componente del consiglio di amministrazione della società veniva ritenuto colpevole del reato di lesioni colpose aggravate. Dopo una prima assoluzione, la Corte d’Appello, in sede di rinvio a seguito di una precedente pronuncia della Cassazione, aveva condannato l’imputato alla pena di un mese di reclusione, eliminando l’aggravante della recidiva ma riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti contestate.

L’imputato proponeva quindi un nuovo ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la censura del trattamento sanzionatorio e, nello specifico, la formulazione del giudizio di equivalenza tra attenuanti e aggravanti, ritenuto ingiusto.

L’equivalenza delle circostanze del reato e la decisione della Corte

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella valutazione della manifesta infondatezza del ricorso. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva correttamente e logicamente motivato la sua decisione di considerare equivalenti le circostanze. Il giudizio si fondava su una pluralità di elementi concreti e pertinenti:

1. La gravità delle lesioni subite dal lavoratore.
2. La gravità della colpa dell’imputato, in qualità di garante della sicurezza sul lavoro.
3. Un precedente specifico a carico dell’imputato che, pur non essendo stato considerato ai fini della recidiva, è stato ritenuto un valido indicatore della sua condotta di vita e, quindi, rilevante per negare la prevalenza delle attenuanti.

La Suprema Corte ha sottolineato che le obiezioni difensive, in realtà, non evidenziavano vizi di legittimità (come un’errata applicazione della legge o una motivazione illogica), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda. Questo tipo di richiesta, tuttavia, esula completamente dal perimetro del giudizio di legittimità, che è limitato al controllo della corretta applicazione delle norme di diritto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ribadito che il giudizio di bilanciamento delle circostanze, disciplinato dall’art. 69 c.p., costituisce espressione di un’ampia discrezionalità del giudice di merito. Tale potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato fornendo una motivazione adeguata che dia conto dei criteri seguiti. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ancorato la sua decisione a parametri oggettivi e soggettivi solidi (danno alla vittima, intensità della colpa, personalità dell’imputato desunta dai precedenti), rendendo la sua valutazione immune da censure di illogicità.

Conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: l’apprezzamento del giudice di merito sul trattamento sanzionatorio e sull’equivalenza circostanze reato è difficilmente attaccabile in Cassazione. L’imputato che intenda contestare tale valutazione deve dimostrare non una semplice divergenza di opinioni, ma una manifesta illogicità o una palese contraddittorietà nel ragionamento del giudice. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

È possibile contestare in Cassazione la decisione del giudice sul bilanciamento tra attenuanti e aggravanti?
No, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione sulla congruità della pena e sul giudizio di equivalenza tra circostanze rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

Un precedente penale, anche se non considerato per la recidiva, può influenzare la pena?
Sì. In questo caso, la Corte ha ritenuto che un precedente specifico, pur non rilevando ai fini della recidiva, fosse comunque un elemento idoneo a delineare la vita antecedente dell’imputato e a giustificare il giudizio di equivalenza tra le circostanze anziché la prevalenza delle attenuanti.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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