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Epidemia colposa per omissione: la Cassazione al bivio

La Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione sulla configurabilità del reato di epidemia colposa per omissione. Il caso nasce dal ricorso della Procura contro l’assoluzione di un dirigente sanitario, accusato di aver causato un’epidemia in un ospedale per non aver fornito adeguate protezioni durante la pandemia di Sars-CoV2. Il nodo cruciale è interpretare se la norma che punisce chi ‘diffonde’ germi patogeni si applichi solo a un’azione positiva o anche a chi omette di impedire la diffusione, come nel caso di specie. Data la presenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, la Sezione IV ha ritenuto necessario un intervento chiarificatore del massimo organo nomofilattico.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Epidemia colposa per omissione: la parola passa alle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha sollevato una questione di fondamentale importanza nel panorama del diritto penale, chiedendo l’intervento delle Sezioni Unite. Il quesito è cruciale: il grave reato di epidemia colposa per omissione può essere configurato? In altre parole, chi non agisce per impedire la diffusione di germi patogeni, pur avendone l’obbligo, commette questo delitto? La risposta a questa domanda avrà implicazioni significative, specialmente in contesti come la sanità pubblica e la sicurezza sul lavoro.

Il caso: un’epidemia in ospedale e l’accusa al dirigente

I fatti traggono origine dalla vicenda di un dirigente sanitario, sub-delegato del datore di lavoro di un ospedale, assolto in primo grado dall’accusa di epidemia colposa (artt. 438 e 452 c.p.). Secondo l’accusa, l’imputato, durante la prima fase della pandemia da Sars-CoV2 (marzo-aprile 2020), avrebbe omesso di adottare le necessarie misure di protezione per il personale sanitario.

In particolare, gli veniva contestato di non aver fornito dispositivi di protezione individuale in numero sufficiente, di non aver assicurato una formazione adeguata sul rischio biologico e di non aver implementato misure di protezione collettive e individuali. Tali omissioni, secondo la Procura, avrebbero cagionato la diffusione del virus all’interno della struttura, integrando così il reato di epidemia.

La decisione del Tribunale e il ricorso della Procura

Il Tribunale di merito aveva assolto l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”. La motivazione si basava su un’interpretazione restrittiva della norma: il reato di epidemia, secondo i giudici, può essere commesso solo attraverso una condotta attiva di diffusione di germi patogeni. Non sarebbe quindi configurabile in forma omissiva, poiché la norma incriminatrice descriverebbe una modalità di azione specifica (reato a forma vincolata) incompatibile con l’art. 40, comma 2, del codice penale, che equipara il non impedire un evento all’averlo cagionato.

Contro questa sentenza, la Procura della Repubblica ha proposto ricorso immediato per Cassazione, sostenendo l’errata interpretazione degli artt. 40 e 438 c.p. e contestando sia l’idea che l’epidemia sia un reato a forma vincolata, sia l’inapplicabilità della clausola di equivalenza tra azione e omissione.

Gli orientamenti contrastanti sulla epidemia colposa per omissione

La Sezione IV della Cassazione, investita del ricorso, ha rilevato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul tema.

Da un lato, un orientamento restrittivo (espresso ad esempio da Cass. n. 9133/2018) nega la configurabilità dell’epidemia colposa per omissione. Questa tesi sostiene che la locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni” richieda una condotta commissiva, attiva, incompatibile con la forma omissiva. La norma, quindi, sarebbe a forma vincolata.

Dall’altro lato, un orientamento più aperto, pur non essendo stato affermato in maniera esplicita in sentenze di massima, emerge da alcuni obiter dicta (ad esempio in Cass. n. 48014/2019) e viene sostenuto dalla dottrina. Secondo questa tesi, il termine “diffondere” avrebbe un significato ampio, che includerebbe anche il “lasciar diffondere”, ovvero il non frapporre gli ostacoli necessari a impedire il contagio. Il reato sarebbe quindi causalmente orientato, volto a proteggere la salute pubblica da qualsiasi condotta (attiva o omissiva) che provochi l’evento-epidemia.

Le motivazioni

La Corte, nell’ordinanza di rimessione, propende per il superamento dell’orientamento più restrittivo. In primo luogo, un’analisi letterale del termine “diffondere” non esclude di per sé le condotte omissive. In secondo luogo, il legislatore del 1930, pur pensando principalmente allo spargimento attivo di germi, ha costruito una fattispecie volta a tutelare un bene giuridico fondamentale (la salute pubblica) in modo ampio. Interpretare la norma come reato di evento a forma libera, dove ciò che conta è il nesso causale tra la condotta (anche omissiva) e l’evento-epidemia, garantirebbe una tutela più intensa e adeguata ai moderni rischi sanitari, spesso legati a condotte colpose e inosservanti.

Inoltre, la Corte contesta la premessa secondo cui l’art. 40 cpv. c.p. non si applicherebbe ai reati a forma vincolata, citando esempi in materia di truffa dove il silenzio, in determinate circostanze, è stato ritenuto idoneo a integrare l’elemento del raggiro.

Dato il palese contrasto interpretativo e la rilevanza della questione, la Sezione ha ritenuto indispensabile rimettere il ricorso alle Sezioni Unite per risolvere la seguente questione di diritto: “Se il reato di cui agli artt. 438, comma 1 e 452, comma 1, n. 2 cod. pen. possa essere realizzato anche in forma omissiva”.

Le conclusioni

La decisione che le Sezioni Unite prenderanno avrà un impatto notevole. Se prevarrà l’interpretazione estensiva, si affermerà un principio di grande responsabilità per tutti coloro che ricoprono posizioni di garanzia in ambito sanitario e della sicurezza. Manager, dirigenti e datori di lavoro saranno chiamati a rispondere penalmente non solo per azioni dirette, ma anche per le loro omissioni nel prevenire la diffusione di malattie contagiose. Al contrario, una conferma dell’orientamento restrittivo limiterebbe l’applicazione del reato di epidemia ai soli casi di diffusione attiva, lasciando le condotte omissive sanzionabili, eventualmente, con altre e meno gravi figure di reato.

Qual è la questione giuridica centrale dell’ordinanza?
La questione centrale è se il reato di epidemia colposa, previsto dagli articoli 438 e 452 del codice penale, possa essere commesso non solo con un’azione diretta di diffusione di germi (condotta attiva), ma anche attraverso il mancato impedimento della loro diffusione (condotta omissiva).

Perché la Corte di Cassazione ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite?
La decisione è stata rimessa alle Sezioni Unite a causa di un contrasto interpretativo all’interno della stessa Corte di Cassazione. Esistono sentenze che negano la possibilità di configurare il reato in forma omissiva, considerandolo un reato a ‘forma vincolata’, e altre posizioni, sostenute anche dalla dottrina, che propendono per un’interpretazione più ampia, ammettendo la rilevanza penale della condotta omissiva.

Qual era stata la decisione del giudice di primo grado nel caso specifico?
Il Tribunale di primo grado aveva assolto l’imputato, un dirigente sanitario, con la formula ‘perché il fatto non sussiste’. Il giudice aveva ritenuto che il reato di epidemia potesse essere integrato solo da una condotta attiva di diffusione di germi, escludendo quindi la responsabilità per omissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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