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Emissione fatture inesistenti: più società, più reati

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31850/2025, affronta il caso di un amministratore condannato per l’emissione di fatture inesistenti per conto di diverse società. La Corte stabilisce che, anche se l’autore è la stessa persona fisica, si configurano tanti reati quante sono le società coinvolte, data la distinta soggettività tributaria di ciascuna. Viene invece accolto il ricorso sul punto della continuazione con un reato di bancarotta, poiché il precedente diniego era basato su un errore procedurale e non su una valutazione di merito.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Emissione Fatture Inesistenti: Più Società, Più Reati Secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 31850 del 2025, ha affrontato una questione cruciale in materia di reati tributari: come qualificare l’emissione di fatture inesistenti da parte di un unico soggetto che agisce come legale rappresentante di diverse società? La risposta della Suprema Corte è netta e adotta una visione “pluralistica”, affermando che si configurano tanti reati distinti quante sono le società per cui le fatture sono state emesse.

I Fatti del Caso

Un imprenditore veniva condannato per aver emesso, in qualità di amministratore di diverse entità giuridiche, una serie di fatture per operazioni inesistenti. In fase di esecuzione della pena, la difesa sollevava un incidente di esecuzione chiedendo la revoca di una delle sentenze di condanna, sostenendo che l’imputato fosse già stato giudicato per i medesimi fatti (violazione del principio del ne bis in idem). La tesi difensiva si basava sull’idea che l’emissione di più fatture nello stesso periodo d’imposta, da parte della stessa persona fisica, dovesse essere considerata come un unico reato.

Inoltre, il ricorrente chiedeva di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati tributari oggetto di diverse sentenze e un’ulteriore condanna per bancarotta fraudolenta, istanza che era stata precedentemente rigettata.

La Visione Pluralistica sull’Emissione di Fatture Inesistenti

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel rigetto della tesi del reato unico. I giudici hanno chiarito che, nella materia penal-tributaria, non rileva solo la soggettività naturalistica (la persona fisica che compie l’azione), ma soprattutto la soggettività tributaria (la persona fisica o giuridica in nome della quale l’atto viene compiuto).

Quando un individuo opera come rappresentante legale di diverse società, agisce spendendo qualità giuridiche distinte. Ogni società è un soggetto fiscale autonomo. Di conseguenza, l’emissione di fatture false per conto della Società A è un reato distinto dall’emissione di fatture false per conto della Società B, anche se l’amministratore è la stessa persona e le azioni avvengono nello stesso periodo d’imposta. Si tratta, secondo la Corte, di una ricostruzione in chiave “pluralistica” che riflette la pluralità dei soggetti giuridici impersonati dall’agente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato i tre motivi di ricorso, accogliendone solo uno.

Rigetto della Tesi del Reato Unico e del “Ne Bis in Idem”

Sulla base della visione pluralistica, la Corte ha concluso che non vi è stata alcuna violazione del principio del ne bis in idem. Poiché ogni gruppo di fatture emesse per una specifica società costituisce un reato autonomo, le diverse condanne sono legittime. L’aumento di pena applicato per la continuazione tra questi reati è stato quindi ritenuto corretto.

L’Inapplicabilità della Causa di Non Punibilità ex Art. 9 D.Lgs. 74/2000

Il ricorrente lamentava anche la violazione dell’art. 9 del D.Lgs. 74/2000, che in alcuni casi esclude la punibilità per concorso tra chi emette le fatture e chi le utilizza. La Corte ha respinto anche questa doglianza, specificando che tale norma si applica al concorso tra persone fisiche diverse. Nel caso in esame, invece, era la stessa persona a rivestire il duplice ruolo, seppur per conto di entità giuridiche differenti, rendendo la norma inapplicabile.

Accoglimento del Ricorso sulla Continuazione con la Bancarotta

L’unico punto su cui il ricorso ha avuto successo riguarda la richiesta di applicazione della continuazione tra i reati tributari e la bancarotta. La Corte d’Appello aveva dichiarato l’istanza inammissibile, ritenendo che un altro giudice (quello del processo per bancarotta) avesse già escluso tale vincolo. La Cassazione ha però rilevato un errore: il precedente giudice non si era pronunciato sul merito della questione, ma aveva dichiarato l’istanza inammissibile perché presentata tardivamente.

Questa circostanza, secondo la Suprema Corte, equivale a una mancata pronuncia. Pertanto, il giudice dell’esecuzione ha il pieno potere e dovere di esaminare per la prima volta nel merito l’esistenza del medesimo disegno criminoso. La sentenza è stata quindi annullata su questo punto con rinvio alla Corte d’Appello di Milano per un nuovo giudizio.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione centrale della Corte si fonda sulla distinzione tra l’identità fisica dell’agente e l’identità giuridico-tributaria del soggetto in nome del quale egli agisce. Nel diritto penal-tributario, la pluralità dei reati non dipende dal numero di persone fisiche che agiscono, ma dal numero di soggetti fiscali le cui posizioni vengono alterate. L’emissione di fatture per diverse società da parte dello stesso amministratore è quindi logicamente equiparata all’emissione di fatture da parte di persone diverse. Questa interpretazione, sottolinea la Corte, è coerente anche con l’estensione della responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001) ai reati tributari, dove ogni società coinvolta risponderebbe per un illecito autonomo.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio di grande rilevanza pratica: chi amministra più società deve essere consapevole che ogni entità rappresenta un centro di imputazione giuridica e penale autonomo. L’emissione di fatture inesistenti compiuta per diverse società configurerà una pluralità di reati, con conseguente aggravamento del trattamento sanzionatorio. La decisione sul rinvio per la valutazione della continuazione, d’altra parte, riafferma un importante principio procedurale: una declaratoria di inammissibilità per motivi formali non preclude una successiva valutazione di merito della stessa istanza in sede esecutiva, qualora non sia mai stata esaminata prima.

Se un amministratore emette fatture false per diverse società nello stesso anno, commette un unico reato o più reati?
Commette più reati. La Corte di Cassazione ha chiarito che ogni società ha una propria “soggettività tributaria”. Pertanto, l’emissione di fatture per ciascuna società costituisce un reato distinto, anche se l’amministratore è la stessa persona fisica.

È possibile chiedere in sede esecutiva il riconoscimento della continuazione tra reati tributari e bancarotta, anche se un altro giudice l’aveva dichiarata inammissibile?
Sì, è possibile. In questo caso, il precedente giudice aveva dichiarato l’istanza inammissibile per motivi procedurali (presentazione tardiva), senza valutarla nel merito. Di conseguenza, il giudice dell’esecuzione ha il dovere di esaminare la richiesta nel merito per la prima volta.

Perché non si applica il principio che esclude la punibilità di chi emette fatture false se concorre anche nel reato di chi le utilizza (art. 9 D.Lgs. 74/2000)?
Tale principio non si applica quando la stessa persona fisica agisce sia come emittente (per conto di una società) sia come utilizzatore (per conto di un’altra). La norma presuppone un concorso tra persone fisiche diverse, una condizione che non sussiste in questa fattispecie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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