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Emissione fatture false: il dolo specifico spiegato

La Cassazione analizza un caso di emissione fatture false per fini diversi dall’evasione, come ottenere liquidità. La Corte conferma che per il reato è sufficiente la consapevolezza che le fatture permetteranno l’evasione fiscale a terzi, anche se questo non è lo scopo principale. La sentenza annulla parzialmente le condanne, per prescrizione e per rivalutare il reato di distruzione delle scritture contabili, mancando la prova della loro esistenza.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Emissione fatture false: anche con scopi diversi si commette reato

Con la recente sentenza n. 42819 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato tema dell’emissione fatture false, chiarendo aspetti cruciali relativi all’elemento soggettivo del reato, il cosiddetto dolo specifico. La pronuncia esamina un caso in cui la difesa sosteneva che le fatture non fossero state emesse con il fine primario di consentire l’evasione fiscale a terzi, bensì per altri scopi, come ottenere liquidità per pagare dipendenti non in regola. Vediamo nel dettaglio l’analisi della Corte e le sue conclusioni.

I fatti del processo: un complesso schema di false fatturazioni

Il caso ha origine da un’indagine che ha svelato un complesso sistema di false fatturazioni tra diverse società. Alcuni imprenditori, ritenuti amministratori di diritto o di fatto di società definite ‘cartiere’, erano accusati di aver emesso fatture per operazioni commerciali mai avvenute. Queste fatture venivano poi utilizzate da altre imprese.

La linea difensiva degli imputati si è concentrata su un punto fondamentale: lo scopo dell’operazione non era l’evasione fiscale, ma la necessità di creare fondi neri per pagare manodopera non regolarmente assunta. In pratica, l’impresa emittente riceveva indietro, tramite bonifico, l’importo della fattura (comprensivo di IVA) a fronte di una precedente dazione di contanti di importo inferiore, generando così liquidità. Si sosteneva quindi che mancasse il dolo specifico richiesto dall’art. 8 del D.Lgs. 74/2000, ovvero il fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte.

Il nodo cruciale: l’emissione fatture false e il dolo specifico

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, offrendo un’importante lezione sull’interpretazione del dolo specifico nei reati fiscali. Secondo i giudici, per integrare il reato di emissione fatture false non è necessario che il fine di evasione sia l’unico o il principale movente dell’agente. Il reato sussiste anche quando la condotta è posta in essere per conseguire un profitto personale, a condizione che l’autore agisca con la piena consapevolezza della funzione che i documenti avranno per il destinatario.

In altre parole, se l’imprenditore emette una fattura falsa sapendo che, con alta probabilità o certezza, il ricevente la userà per abbattere il proprio carico fiscale, e accetta questa conseguenza, il dolo specifico è pienamente integrato. La volontà di ‘consentire’ l’evasione non deve essere intesa come il motore principale dell’azione, ma come la rappresentazione e l’accettazione di una conseguenza diretta e altamente probabile della propria condotta.

La distruzione delle scritture contabili: un’accusa da provare

Un altro capo d’accusa riguardava la distruzione o l’occultamento delle scritture contabili obbligatorie, reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 74/2000. Su questo punto, la Cassazione ha accolto i ricorsi della difesa. I giudici di merito avevano dato per scontato che le scritture contabili fossero state istituite e poi fatte sparire. Tuttavia, la difesa aveva specificamente contestato questo presupposto, sostenendo che non vi fosse prova che tali scritture fossero mai state create.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale del diritto penale: l’accusa deve provare ogni elemento costitutivo del reato. Per poter parlare di ‘distruzione’ o ‘occultamento’, è logicamente necessario dimostrare prima di tutto l’esistenza dell’oggetto materialmente distrutto o nascosto. In mancanza di tale prova, la condanna è illegittima. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un nuovo giudice per un nuovo esame su questo specifico punto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si sono articolate su tre pilastri principali.

Sul dolo specifico (Art. 8 D.Lgs. 74/2000)

La Corte ha qualificato il reato di emissione di fatture false come un ‘reato di pericolo astratto’. Ciò significa che la legge punisce la condotta per la sua potenziale pericolosità per l’Erario, a prescindere dal fatto che l’evasione da parte del terzo si realizzi effettivamente. La motivazione sta nel fatto che chi emette il documento mendace fornisce lo strumento per consentire a terzi l’evasione. Questo fine, che costituisce il dolo specifico, è integrato dalla consapevolezza dell’alta probabilità dell’uso illecito del documento da parte del destinatario. La volontà di perseguire un fine diverso, come quello di ottenere liquidità, non esclude il dolo specifico se si accetta la conseguenza quasi certa dell’evasione altrui.

Sulla distruzione delle scritture contabili (Art. 10 D.Lgs. 74/2000)

La motivazione dell’annullamento risiede nel vizio logico della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado non hanno risposto in modo adeguato alla censura difensiva che negava l’esistenza stessa delle scritture contabili. Affermare la responsabilità per la loro distruzione senza prima aver provato la loro istituzione costituisce una violazione del principio dell’onere della prova, che grava interamente sull’accusa. La Cassazione ha quindi imposto un nuovo giudizio per colmare questa lacuna motivazionale.

Sulla prescrizione

Infine, la Corte ha proceduto a una verifica dei termini di prescrizione. Per le condotte commesse in un’annualità più remota (2013), il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire il reato era trascorso. Di conseguenza, per questi fatti la Corte ha annullato la sentenza senza rinvio, dichiarando l’estinzione del reato. Per le annualità successive, le condanne sono state confermate nella loro affermazione di responsabilità, ma la pena dovrà essere rideterminata dal giudice del rinvio, tenendo conto dell’annullamento parziale.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa sentenza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida un’interpretazione rigorosa del dolo specifico nel reato di emissione fatture false, rendendo difficile per gli autori di tali illeciti difendersi sostenendo di avere scopi diversi dall’evasione fiscale. La consapevolezza e l’accettazione del probabile utilizzo evasivo delle fatture da parte dei destinatari sono sufficienti a integrare il reato. In secondo luogo, riafferma con forza il principio che ogni elemento del reato deve essere provato oltre ogni ragionevole dubbio dall’accusa. La condanna per distruzione di documenti non può basarsi su una presunzione della loro esistenza, ma richiede una prova concreta e specifica.

Se emetto una fattura falsa per ottenere liquidità e non per far evadere le tasse a un altro, commetto comunque reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti si configura anche se lo scopo principale non è l’evasione fiscale. È sufficiente che chi emette la fattura sia consapevole dell’alta probabilità che il destinatario la utilizzerà per evadere le imposte e accetti questa conseguenza.

Per essere condannati per distruzione di scritture contabili, l’accusa deve provare che esistevano?
Sì. La Corte ha stabilito che un presupposto indispensabile per il reato di distruzione od occultamento di scritture contabili è la prova che tali scritture siano state effettivamente istituite. Non si può dare per scontata la loro esistenza; l’accusa deve fornire prove concrete.

Cosa succede se un reato si prescrive durante il processo in Cassazione?
Se la Corte di Cassazione accerta che il termine di prescrizione per un reato è maturato, annulla la sentenza di condanna per quel reato ‘senza rinvio’. Ciò significa che la decisione è definitiva e l’imputato è prosciolto da quell’accusa in modo irrevocabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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