Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26212 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26212 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato in Niger il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del Giudice di pace di Brescia del 22/02/2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta rassegnata, ai sensi dell’art. 23 d.l. n. 137 del 2020 succ. modd., dal Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale, che ha chiesto ;
letta la memoria del difensore AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME, per mezzo del difensore di ufficio AVV_NOTAIO, mediante atto depositato il giorno 8 aprile 2022 ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice di pace di Brescia del 22 febbraio 2022, che lo aveva condannato alla pena di euro 10.000 di ammenda, in ordine al reato di cui all’art. 14-ter, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per non avere ottemperato al provvedimento di espulsione del 2 febbraio 2020, emesso nei suoi confronti dal AVV_NOTAIO, contenente l’ordine di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni.
Il ricorrente articola tre motivi a sostegno della impugnazione.
2.1. Con il primo denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’ inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento all art. 420-bis cod. proc. pen. ed il conseguente vizio di nullità assoluta, perché il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che la notifica degli atti inerenti al presente procedimento era stata effettuata nello studio del difensore d’ufficio, presso il quale l’imputato aveva eletto domicilio prima della formale sua iscrizione nel registro ex art. 335 cod. proc. pen., non era idonea a provare che lo stesso imputato fosse a conoscenza dell’esistenza di un procedimento a suo carico, anche considerando che non vi era stato alcun contatto con il difensore d’ufficio.
Secondo il ricorrente, quindi, il Giudice di pace avrebbe dovuto disporre il rinvio dell’udienza, ordinando la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza a mani dell’imputato e non, come invece avvenuto, respingere senza motivazione con l’ordinanza del 14 dicembre 2021 la relativa eccezione sollevata dal difensore di ufficio.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione mancante ed apparente in ordine alla affermazione di penale responsabilità dell’imputato per il reato contestatogli.
2.3. Con il terzo motivo COGNOME NOME deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione rispetto alla mancata concessione, da parte del Giudice di pace, delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Preliminarmente si osserva che la fattispecie in esame non è regolata dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, tenuto conto del momento in cui è stato proposto il ricorso per cassazione. Ciò posto, il primo motivo della impugnazione (da ritenersi assorbente) è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Invero, questo Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (S.U. n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, P.G. in proc. NOME Mhame, Rv. 279420) per il quale la mera elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non basta a ritenere che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del processo.
2.1. Giova, infatti, precisare che l’elezione domicilio deve essere “seria” e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti. Si tratta di una scelta normativa, perché con la legge n. 103 del 2017 è stato inserito nell’art. 162 cod. proc. pen. il comma 4-bis: «l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario»; la disposizione, quindi, ha sostanzialmente inteso ridurre al minimo un tipico ambito di possibili elezioni di domicilio “disattente”. Non è certo l’unica possibilità di indicazione di un domicilio di fatto inidoneo, ma è evidente come si sia inteso disciplinare un caso tipico, frequente nell’ambito dei rapporti con stranieri più o meno precari presenti o in transito in Italia, in cui in modo magari frettoloso si è voluto risolvere il problema della notifica degli atti successivi, accettando una indicazione prima facie poco consapevole.
2.2. Questa è proprio la situazione del presente processo, perché è ragionevole ritenere che l’imputato, entrato clandestinamente in Italia, non fosse particolarmente consapevole di quali fossero le conseguenze future della elezione di domicilio presso il difensore di ufficio con il quale, in quel momento, non aveva alcun contatto. Tale comma 4-bis, così peculiare nel disciplinare una delle possibili forme di elezione di un domicilio di fatto inidoneo, in realtà si presenta quale disposizione di natura interpretativa codificando una lettura delle regole previgenti già affermata dalla Corte Cost. 31/2017 che, chiamata a pronu iarsi
sulla costituzionalità degli artt. 161 e 163 cod. proc. pen. «nella parte in cui non prevedono la notifica personale dell’atto introduttivo del giudizio penale, quantomeno nell’ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio», in una situazione sovrapponibile a quella di COGNOME affermava: “… i due imputati … identificati dalla polizia giudiziaria …. sono stati invitati a dichi o eleggere domicilio ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen. … hanno eletto il proprio domicilio presso il difensore di ufficio nominato dalla polizia giudiziaria procedente, stante il difetto della nomina di un difensore di fiducia. Ebbene, l’esiguità degli elementi di fatto forniti impedisce a questa Corte di valutare se, nel caso concreto, vi sia stata un’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’imputato e, quindi, se si siano o meno realizzate le condizioni da cui dedurre l’esistenza di un rapporto di informazione tra il legale, benché nominato di ufficio, e l’assistito». La prova di un tale rapporto effettivo, quindi, era ritenuto necessario «… per verificare, nel caso di specie, se gli imputati fossero, effettivamente, venuti a conoscenza della vocatio in iudicium oppure, se nonostante «le formalmente regolari notifiche» presso il domiciliatario, gli imputati non avessero alcuna consapevolezza dell’inizio del processo a loro carico».
A seguito dell’annullamento della sentenza impugnata va disposto il rinvio al Giudice di pace di Brescia, in diversa persona fisica, per un nuovo giudizio, ai sensi dell’art. 623 lett. b) cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di pace di Brescia in diversa persona fisica.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2024.