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Elezione di domicilio: obbligo per pene alternative UE

La Corte di Cassazione ha stabilito che un cittadino UE, condannato in Italia, deve obbligatoriamente procedere all’elezione di domicilio sul territorio nazionale per poter richiedere una misura alternativa alla detenzione, anche qualora l’esecuzione di tale misura debba avvenire nel suo Paese di residenza. La mancata elezione di domicilio impedisce agli uffici competenti di effettuare le necessarie verifiche preliminari, rendendo la richiesta inammissibile.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elezione di Domicilio: Un Obbligo Invalicabile per Scontare la Pena nell’UE

Un cittadino europeo condannato in Italia può scontare una misura alternativa, come l’affidamento in prova, nel proprio Paese di origine? La risposta è sì, ma a una condizione fondamentale: la corretta elezione di domicilio in Italia per la fase di valutazione della richiesta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9039/2024) ha chiarito che questo requisito procedurale non è una mera formalità, ma un presupposto di ammissibilità della domanda, anche quando la pena verrà eseguita all’estero. Questo principio riafferma la sovranità dello Stato italiano nella fase istruttoria che precede la concessione della misura.

I Fatti del Caso

Un cittadino bulgaro, condannato a una pena di un anno di reclusione dal Tribunale di Velletri, presentava istanza per ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali o altre misure alternative alla detenzione. L’uomo, residente in Bulgaria, aveva eletto domicilio per l’esecuzione della misura proprio nel suo paese di origine, basandosi sulla normativa europea (Decisione Quadro 2008/947/GAI) che consente il trasferimento dell’esecuzione delle pene alternative tra Stati membri.

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, tuttavia, respingeva la sua richiesta. La motivazione era netta: il condannato non aveva ottemperato all’obbligo di eleggere domicilio sul territorio italiano, come previsto dall’art. 677, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa omissione e la sua conseguente irreperibilità in Italia avevano reso impossibile per l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) svolgere gli indispensabili accertamenti sulla sua situazione socio-familiare, necessari per valutare l’idoneità alla misura richiesta.

La Decisione della Corte e l’Obbligo di Elezione di Domicilio

Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, il condannato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la normativa europea dovesse prevalere. La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso, confermando la correttezza della decisione impugnata e fornendo un’importante chiave di lettura del rapporto tra norme interne ed europee in materia.

La Corte ha distinto nettamente due fasi del procedimento:
1. La fase istruttoria e di ammissione alla misura: Questa fase è di competenza esclusiva dello Stato che ha emesso la condanna (lo “Stato di emissione”, in questo caso l’Italia). In questa fase, il giudice deve valutare se il condannato possiede i requisiti per accedere alla misura alternativa. Per fare ciò, è indispensabile la collaborazione dell’UEPE, che deve poter condurre indagini approfondite.
2. La fase esecutiva: Se la misura viene concessa, la sua esecuzione può essere trasferita a un altro Stato membro dell’UE (lo “Stato di esecuzione”) dove il condannato ha la residenza.

Il punto cruciale della sentenza risiede proprio nella prima fase. L’elezione di domicilio in Italia non è un semplice adempimento burocratico, ma lo strumento che garantisce la possibilità di instaurare un rapporto diretto tra il condannato e gli uffici italiani incaricati della valutazione. Senza di essa, ogni accertamento diventa impossibile.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito che, sebbene la normativa europea (recepita con il D.Lgs. 38/2016) consenta l’esecuzione della pena all’estero, essa non deroga ai requisiti di ammissibilità previsti dall’ordinamento italiano. L’obbligo di eleggere domicilio in Italia, sancito dall’art. 677 c.p.p., rimane un presupposto inderogabile a pena di inammissibilità dell’istanza. La Corte ha sottolineato che la “mancata collaborazione” del condannato, manifestatasi con l’assenza dal territorio nazionale e l’omessa elezione di domicilio, giustifica pienamente il rigetto della richiesta.

Il controllo sulla idoneità del condannato e la predisposizione del contenuto prescrittivo della misura alternativa spettano allo Stato italiano. Questo processo richiede necessariamente un contatto e una verifica diretta che non possono essere demandati a un’autorità estera nella fase preliminare. Solo dopo che l’Italia ha valutato positivamente il caso e concesso la misura, si può attivare il meccanismo di cooperazione europea per trasferirne l’esecuzione.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale per tutti i cittadini europei condannati in Italia che intendono scontare la pena nel loro paese: il rispetto delle norme procedurali italiane è un passaggio obbligato. L’elezione di domicilio sul territorio nazionale è essenziale per consentire allo Stato di effettuare le proprie valutazioni. Chi intende beneficiare della cooperazione giudiziaria europea non può sottrarsi agli obblighi istruttori previsti dalla legge italiana, poiché la fase di valutazione e quella di esecuzione restano due momenti distinti e sequenziali, governati da regole differenti. In sintesi, la porta verso l’esecuzione della pena nel proprio paese si apre solo dopo aver superato il vaglio delle autorità italiane, un vaglio che richiede presenza e collaborazione.

Un cittadino UE condannato in Italia può scontare una misura alternativa nel suo Paese di residenza?
Sì, la normativa europea lo consente. Tuttavia, la concessione della misura è subordinata a una fase di valutazione che deve essere svolta dalle autorità italiane secondo le leggi procedurali italiane.

Perché è necessaria l’elezione di domicilio in Italia se la pena verrà scontata all’estero?
L’elezione di domicilio in Italia è un requisito di ammissibilità della richiesta. Serve a permettere agli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) di compiere gli accertamenti socio-familiari indispensabili per valutare l’idoneità del condannato alla misura alternativa, prima che ne venga eventualmente concessa l’esecuzione all’estero.

Cosa succede se il condannato non elegge domicilio in Italia?
Se il condannato non elegge domicilio in Italia, la sua istanza per ottenere una misura alternativa viene dichiarata inammissibile. La sua irreperibilità sul territorio nazionale impedisce infatti lo svolgimento della necessaria fase istruttoria da parte delle autorità competenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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