Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25779 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 09/12/1963
avverso la sentenza del 19/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 19 novembre 2024 la Corte d’Appello di Roma dichiarava inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza emessa il 10 novembre 2023 dal Tribunale di Roma, con la quale Cei Vincenzo era stato dichiarato colpevole dei reati ascrittigli e condannato alle pene di legge.
La Corte territoriale evidenziava che la sentenza di primo grado era stata emessa successivamente all’entrata in vigore dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a tenore del quale con l’atto di impugnazione è depositata a pena d’inammissibilità la dichiarazione o elezione di domicilio; rassegnava che la Suprema Corte, a Sezioni Unite, con sentenza n. 26458 del 24 ottobre 2024 aveva statuito che “la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter., cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto
2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. La previsione ai sensi dell’art. 581 comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione”; osservava che nel caso in esame l’atto l’appello era stato proposto il 22 marzo 2024 e che il detto atto non conteneva alcun richiamo all’elezione di domicilio effettuata nel corso del giudizio di primo grado.
Avverso detta sentenza della Corte d’Appello proponeva ricorso per cassazione il Cei, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva violazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Rassegnava che in data 3 luglio 2024 la difesa, aveva depositato a mezzo PEC elezione di domicilio da parte dell’imputato, coincidente con quella effettuata nel corso del giudizio di primo grado, nel luogo dove poi effettivamente era stato notificato il decreto di citazione per il giudizio d appello.
Deduceva che la ratio della disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. era quella di agevolare il perfezionamento delle notifiche effettuate nel corso del secondo grado del giudizio.
Osservava che nel caso di specie l’elezione di domicilio era intervenuta in un momento antecedente rispetto all’emissione del decreto di citazione per il giudizio di appello (datato 3 settembre 2024), così che, avendo l’atto raggiunto il suo scopo, cioè quello di agevolare la notificazione della citazione a giudizio in appello, in applicazione del principio della proporzionalità della sanzione rispetto alla lesione degli interessi sottesi alla regola violata, l’appello avrebbe dovuto essere considerato ammissibile; richiamava al riguardo la sentenza n. 35859/2024 emessa dalla Sesta Sezione Penale di questa Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, espresso di recente da questa Sezione e condiviso dal Collegio, in tema di impugnazione avverso sentenza emessa nei confronti di imputato assente, lo
specifico mandato previsto dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen, deve essere depositato contestualmente all’atto di appello, sicché la sua successiva
allegazione determina l’inammissibilità del gravame, anche nel caso in cui il termine per impugnare non sia ancora decorso (v.,
ex multis,
Sez. 2, Sentenza n. 20318 del 18/04/2024, COGNOME Rv. 286423 – 01).
Nella specie, come emerge dagli atti del processo, ai quali la Corte ha accesso in ragione della natura processuale della doglianza, l’elezione di
domicilio da parte dell’imputato è stata allegata agli atti successivamente al deposito dell’atto di appello, ciò che, in applicazione del principio sopra
richiamato, ha determinato l’inammissibilità del gravame.
2. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/04/2025