Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19555 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19555 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SANTA NOME COGNOME VETERE il 25/02/1982
avverso la sentenza del 18/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen. lamentando, in particolare, l’insussistenza dell’elemento soggettivo, non è consentito perché, oltre ad essere costituto da mere doglianze in punto di fatto, risulta fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano le pagg. 3-5 della sentenza impugnata ove, con congrui e non illogici argomenti, sono stati correttamente ritenuti sussistenti gli elementi costituitivi del delitto ascritto all’odierno ricorrente) dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che il giudice di merito ha correttamente applicato i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui «ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente» (Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713 – 01);
osservato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta la mancata disapplicazione della recidiva, è manifestamente infondato poiché deduce violazioni palesemente smentite dagli atti processuali, avendo il giudice di secondo grado, in accoglimento delle doglianze proposte nell’atto d’appello, escluso la contestata recidiva (si veda pag. 6 della sentenza impugnata);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 6 della sentenza impugnata dove correttamente si indicano, quali elementi ostativi al riconoscimento di dette attenuanti, l’assenza di resipiscenza e il mancato risarcimento del danno subito dalla persona offesa) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep.
2019, COGNOME, Rv. 275509; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME Rv.
271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826);
inoltre, che la doglianza contenuta nel terzo motivo di ricorso e osservato,
relativa alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.
4 cod. pen., non è consentita poiché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena
di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag.
2), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con rilevato,
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 aprile 2025.