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Elemento soggettivo reato: inammissibile il ricorso

Un soggetto, condannato per false dichiarazioni sulla propria identità in relazione a una truffa, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancanza di prove sull’elemento soggettivo reato. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché non è possibile richiedere una nuova valutazione dei fatti in sede di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello, che desumeva l’intento dal palese interesse a celare la propria identità per sfuggire alle conseguenze della truffa, è stata ritenuta logica e corretta.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elemento Soggettivo del Reato: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’analisi dell’elemento soggettivo reato è cruciale in ogni processo penale, ma quali sono i limiti per contestarlo davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente chiarisce che i tentativi di ottenere una nuova valutazione dei fatti, mascherati da vizi di motivazione, sono destinati all’inammissibilità. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di false dichiarazioni sulla propria identità, previsto dall’art. 494 del codice penale, con l’aggravante di aver commesso il fatto per assicurarsi l’impunità da un altro reato. Nello specifico, l’imputato aveva fornito generalità false nel contesto di una truffa, reato per il quale il procedimento si era poi estinto a seguito della remissione di querela da parte della persona offesa.

Nonostante l’estinzione del reato di truffa, la condanna per le false dichiarazioni era stata confermata dalla Corte di Appello. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo.

Il Ricorso: una contestazione sull’elemento soggettivo reato

L’imputato ha denunciato un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello proprio in relazione alla prova dell’elemento soggettivo reato. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente dimostrato l’intenzione (il dolo) di commettere il reato di false dichiarazioni.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare le prove per giungere a una conclusione diversa sull’atteggiamento psicologico tenuto al momento del fatto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale. Il giudizio di legittimità, quale è quello della Cassazione, non è una terza istanza di giudizio sul merito della vicenda. La Corte non può rivalutare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso specifico, i giudici hanno osservato che le argomentazioni della difesa miravano, in realtà, a sollecitare una non consentita rivalutazione delle prove. La Corte d’Appello aveva correttamente e logicamente desunto l’elemento soggettivo reato da un dato di fatto inequivocabile: l’imputato aveva un palese interesse a celare la propria identità. Fornire generalità false era funzionale a sottrarsi alla responsabilità per la truffa che stava commettendo o, comunque, per l’inadempimento contrattuale a essa collegato.

La motivazione della sentenza impugnata è stata quindi ritenuta esente da illogicità manifeste o da travisamenti della prova. I giudici di merito avevano correttamente utilizzato un ragionamento presuntivo, basato su una circostanza concreta (il collegamento con il reato di truffa), per affermare la sussistenza del dolo.

Le Conclusioni

La decisione riafferma che il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato. Le censure relative all’elemento soggettivo reato, quando si risolvono in una semplice critica alla valutazione del materiale probatorio operata dal giudice di merito, sono destinate a essere dichiarate inammissibili. Per ottenere un annullamento, è necessario dimostrare un vizio di motivazione reale, come una manifesta illogicità del ragionamento del giudice o un travisamento evidente di una prova decisiva, non una semplice interpretazione alternativa dei fatti. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sull’intenzione di commettere un reato?
No, non è possibile se la contestazione si traduce in una richiesta di nuova valutazione delle prove. La Corte di Cassazione può solo verificare se la motivazione del giudice di merito sia logica e non contraddittoria, non può riesaminare i fatti per giungere a una diversa conclusione sull’elemento soggettivo del reato.

Come è stato provato l’elemento soggettivo nel caso di specie?
L’intenzione di fornire false generalità è stata desunta dalla circostanza che l’imputato stava commettendo un altro reato (una truffa). I giudici hanno ritenuto logico che l’imputato avesse un chiaro interesse a nascondere la propria identità per evitare di essere ritenuto responsabile per la truffa o per l’inadempimento contrattuale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma definitiva della sentenza di condanna impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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