Elemento Soggettivo del Reato: Ricorso Inammissibile per Motivazione Generica
L’ordinanza n. 22330/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla redazione dei ricorsi e sul ruolo del giudice di legittimità, in particolare quando si contesta l’elemento soggettivo del reato. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso che contestava una condanna basandosi su una presunta carenza dell’elemento psicologico, ritenendo le argomentazioni manifestamente infondate e meramente ripetitive di tesi già respinte.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano che ne aveva confermato la responsabilità penale. L’unico motivo di ricorso si concentrava su un presunto vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che i giudici di merito avessero errato nell’affermare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato. In sostanza, la difesa asseriva che l’imputato non avesse agito con la consapevolezza e volontà richieste dalla norma penale, in particolare riguardo alla provenienza illecita del denaro.
L’Analisi della Corte e la Critica all’Elemento Soggettivo del Reato
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha subito evidenziato la sua manifesta infondatezza. I giudici hanno sottolineato come il ricorrente non si fosse confrontato in modo critico con le argomentazioni sviluppate nella sentenza d’appello. Al contrario, si era limitato a reiterare la stessa linea difensiva già presentata e disattesa nei precedenti gradi di giudizio.
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non costituisce una terza istanza di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove, ma verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della decisione impugnata. Nel caso specifico, la lettura della sentenza d’appello dimostrava che la motivazione era esistente, lineare e coerente, basata su un’analisi esauriente degli elementi probatori. I giudici di merito avevano congruamente spiegato perché la tesi difensiva sull’insussistenza dell’elemento psicologico fosse infondata, accertando la consapevolezza dell’imputato circa l’origine illecita del denaro.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda sul fatto che l’atto di impugnazione era privo di specificità. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a denunciare una presunta illogicità della motivazione senza indicare precisamente dove risieda il vizio e senza smontare, pezzo per pezzo, il ragionamento del giudice di merito. La doglianza del ricorrente è stata qualificata come generica e astratta, incapace di incidere sulla solidità della decisione impugnata.
La Corte ha implicitamente richiamato il principio secondo cui, per superare il vaglio di ammissibilità, il ricorso deve evidenziare un’effettiva contraddittorietà o una palese illogicità nel percorso argomentativo della sentenza, e non semplicemente proporre una lettura alternativa delle prove. Non essendo stati individuati tali vizi, il ricorso è stato respinto in rito.
Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza?
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento cruciale per la pratica forense: un ricorso per cassazione deve essere un atto di critica puntuale e specifica alla sentenza impugnata, non una semplice riproposizione delle proprie tesi. Quando si contesta l’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, è indispensabile dimostrare perché la motivazione del giudice di merito sia illogica o contraddittoria, non solo perché si preferirebbe una diversa valutazione dei fatti. La mancata osservanza di questo onere argomentativo conduce inesorabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. L’imputato si è limitato a ripetere le argomentazioni difensive già respinte nei gradi di merito, senza confrontarsi specificamente con il ragionamento logico e coerente della sentenza d’appello.
Qual era il principale motivo di ricorso presentato dall’imputato?
L’unico motivo di ricorso contestava il vizio di motivazione della sentenza d’appello in relazione all’affermazione della responsabilità penale, sostenendo la carenza dell’elemento soggettivo (o psicologico) del reato riguardo alla consapevolezza della provenienza illecita del denaro.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22330 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta il vizio motivazionale in relazione all’affermazione di penale responsabilità del ricorrente per carenza dell’elemento soggettivo del reato contestato, è manifestamente infondato poiché inerente ad asserito difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità del motivazione, che la lettura del provvedimento impugnato dimostra essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità conforme all’esauriente disamina dei dati probatori;
che il ricorrente – reiterando tale doglianza – non si confronta con le compiute argomentazioni dei giudici di merito, con cui gli stessi hanno congruamente disatteso la tesi difensiva in merito alla supposta insussistenza dell’elemento psicologico del reato in relazione alla accertata provenienza illecita del denaro (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16/04/2024
Il Consigliere Estensore