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Elemento soggettivo associazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha ritenuto che l’elemento soggettivo associazione, ovvero la consapevolezza di far parte del sodalizio criminale, fosse stato correttamente provato dalla corte di merito attraverso elementi concreti come i rapporti costanti con i vertici dell’organizzazione e la messa a disposizione della propria abitazione come base operativa.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Elemento Soggettivo Associazione: Quando la Consapevolezza Basta per la Condanna

L’accertamento dell’elemento soggettivo associazione è uno dei nodi cruciali nei processi per reati associativi. Non basta provare che un soggetto abbia avuto contatti con un gruppo criminale; è necessario dimostrare che agisse con la piena consapevolezza e volontà di far parte del sodalizio, contribuendo al suo scopo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito quali elementi concreti possono essere sufficienti a provare tale consapevolezza, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato.

Il Caso in Esame

Il procedimento nasce da un ricorso presentato alla Suprema Corte avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato una condanna per partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 del D.P.R. 309/1990. Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, un vizio di motivazione e un’errata valutazione delle prove riguardo alla sussistenza del proprio elemento soggettivo associazione. A suo dire, non vi era prova sufficiente della sua consapevolezza di essere parte integrante del gruppo criminale.

La Valutazione dell’Elemento Soggettivo dell’Associazione da Parte della Corte

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato come il motivo di ricorso fosse non solo generico, ma anche riproduttivo di censure già esaminate e correttamente respinte nel giudizio di secondo grado. La Suprema Corte ha confermato la validità del ragionamento seguito dalla Corte territoriale, che aveva fondato la prova della piena consapevolezza del ricorrente su una pluralità di elementi fattuali specifici e convergenti.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’analisi degli elementi valorizzati dalla Corte d’Appello e ritenuti idonei a dimostrare l’affectio societatis, ovvero la volontà di partecipare al sodalizio. Secondo i giudici, due fattori principali erano decisivi:

1. I Rapporti Costanti: Era stato provato che l’imputato intratteneva rapporti costanti e non occasionali con i capi e gli altri membri dell’associazione. Questa continuità nei contatti è stata interpretata come un chiaro indice di inserimento stabile nella struttura criminale.
2. La Sede Operativa: L’elemento forse più schiacciante era la consapevolezza del ricorrente che la propria abitazione fungeva da sede operativa del gruppo. Mettere a disposizione un luogo così personale per le attività del sodalizio è stato ritenuto un atto che dimostra in modo inequivocabile non solo la conoscenza dell’esistenza dell’associazione, ma anche la piena adesione ai suoi scopi e la volontà di contribuire attivamente al suo funzionamento.

La Corte ha concluso che questi elementi, valutati nel loro complesso, erano più che sufficienti per dimostrare la piena consapevolezza richiesta per la configurabilità del reato associativo.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di reati associativi: la prova dell’elemento soggettivo associazione può essere desunta da fatti concreti e comportamenti concludenti. Non è necessaria una prova di un’adesione formale, ma è sufficiente dimostrare che l’individuo agisce come una componente organica del gruppo. La decisione sottolinea inoltre l’inammissibilità dei ricorsi in Cassazione che si limitano a riproporre le stesse questioni di fatto già adeguatamente decise nei gradi di merito, senza sollevare reali vizi di legittimità. Per gli operatori del diritto, ciò conferma che la difesa in questi processi deve concentrarsi sulla contestazione specifica degli elementi fattuali posti a fondamento dell’accusa, piuttosto che su generiche negazioni della consapevolezza.

Come si dimostra l’elemento soggettivo per il reato di associazione a delinquere?
Secondo questa ordinanza, l’elemento soggettivo può essere dimostrato attraverso una pluralità di elementi di fatto, come i rapporti costanti con i membri dell’associazione e, in particolare, la consapevolezza che la propria abitazione viene utilizzata come sede operativa del sodalizio.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se ritenuto generico e riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla corte precedente, senza presentare validi motivi di violazione di legge o vizi di motivazione.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna impugnata, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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