Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19272 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19272 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato il 17/04/1981
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma di conferma della sentenza con la quale il Tribunale locale lo ha ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. 309/1990.
Con il ricorso affidato ad un unico motivo si deduce vizio di motivazione circa la inoffensività della condotta di cessione, per mancanza di elementi atti a ritenere che la dose fosse in grado di modificare l’assetto neuropsichico di chi l’ha comperata.
L’impugnazione è inammissibile.
La Corte territoriale, dopo avere ricostruito la vicenda processuale fondata sull’arresto in flagranza del ricorrente il quale era stato notato alla guida della propria autovettura raggiungeva una abitazione abbandonata dalla quale usciva dopo dieci minuti per poi spostarsi e raggiungere una donna alla quale consegnava qualcosa in cambio di una somma di denaro. La donna veniva perquisita e in dosso era rinvenuto un involucro termosaldato contenente 0,2 grammi di cocaina. Anche il COGNOME veniva perquisito e nella tasca anteriore destra era rinvenuta una banconota da 20 euro, appena ricevuta e all’interno del cavo orale un involucro contenente altra sostanza del tipo cocaina. All’interno dell’abitazione era rinvenuto un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento mentre nell’abitazione dell’uomo erano rinvenuti sei involucri in plastica termosaldati contenenti sostanza del tipo cocaina del peso di 1,2 grammi oltre che un coltello imbrattato di polvere bianca.
Assume la difesa che la Corte territoriale non avrebbe motivato in merito al motivo di appello secondo cui l’accertamento contenuto nel fascicolo del p.m. avrebbe dato atto che la dose consegnata alla donna aveva principio attivo pari a 0,125 grammi, dunque inferiore a quello di 0,150 grammi che è pari alla singola dose media.
In proposito va ricordato, per quanto riferito ad altra sostanza, che «in tema di stupefacenti, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge 2 dicembre 2016, n. 242, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività” ( Sez. U, n. 30475 del 30/05/2019 COGNOME, Rv. 275956 – 01). Efficacia drogante, vale a dire una effettiva attitudine a produrre effetti psicotropi che, giova precisarlo, è
configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006, con esclusione solo di quelle condotte afferenti a quantitativi di sostanze stupefacenti talmente minimi da non poter modificare, neppure in maniera trascurabile, l’assetto neuropsichico dell’utilizzatore (Sez. 3, n. 47670 del 09/10/2014, COGNOME, Rv. 261160; Sez. 4, n. 39675 del 12/9/2024, Amador).
Alla luce di tali principi giurisprudenziali di riferimento, non può che concludersi che la condotta contestata- avente ad oggetto un quantitativo di stupefacente in cui era comunque presente una percentuale apprezzabile di THC e in relazione al quale lo stesso ricorrente neppure allega l’assenza di qualsivoglia “effetto drogante” assume rilievo penale. La Corte territoriale, in proposito ha rilevato che non vi sono elementi per ritenere che la dose ceduta dall’appellante non sarebbe stata in grado di modificare, anche in misura minima, l’assetto neuropsichico di chi l’ha comprata per poi consumarla “a maggior ragione se si tiene conto della circostanza che la dose ha una quantità di principio attivo solo di poco inferiore a quella che costituisce la dose media giornaliera”. Gli argomenti spesi dalla difesa secondo cui l’acquirente sarebbe stata una consumatrice abituale, addirittura definita “cronica” e come tale poco sensibile all’effetto drogante sono tutti versati in fatto, generici e come tali aspecifici in ogni caso inidonei a scalfire l’impianto argomentativo delle sentenze conformi.
Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché- ravvisandosi, per quanto sopra argomentato, profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 13 maggio 2025
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