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Efficacia drogante e reato: la Cassazione assolve

Una donna viene assolta dalla Corte di Cassazione dall’accusa di detenzione di eroina ai fini di spaccio. La decisione si fonda sulla minima quantità di principio attivo, inferiore alla soglia legale, ritenuta priva di concreta efficacia drogante. La Corte sottolinea l’importanza del principio di offensività, secondo cui un’azione è punibile solo se lede o mette concretamente in pericolo un bene giuridico, annullando la condanna perché il fatto non sussiste.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Efficacia Drogante: Quando la Detenzione di Droga Non è Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: non basta detenere una sostanza illegale per essere condannati, ma è necessario che questa possieda una concreta efficacia drogante. Il caso analizzato riguarda una donna assolta dall’accusa di detenzione di eroina ai fini di spaccio proprio perché la quantità di principio attivo era così bassa da renderla inoffensiva.

I Fatti di Causa

Il percorso giudiziario inizia con la condanna di una donna da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte di Appello. L’accusa era quella di detenzione ai fini di cessione di eroina. Il punto focale della difesa, tuttavia, verteva su un dato tecnico: la quantità di principio attivo rinvenuto era di soli 9 mg, un valore inferiore alla soglia minima di 25 mg stabilita da un decreto ministeriale del 2006. Secondo la difesa, una quantità così esigua era priva della capacità di produrre un effetto psicotropo, rendendo la condotta non punibile per impossibilità del reato ai sensi dell’art. 49 del codice penale.

La Valutazione della Cassazione e l’Efficacia Drogante

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ribaltando le decisioni dei giudici di merito. Il ragionamento dei supremi giudici si è concentrato sul principio di offensività, un pilastro del nostro sistema penale. Secondo tale principio, una condotta può essere punita solo se lede o mette concretamente in pericolo un bene giuridico tutelato, in questo caso la salute pubblica.

La Corte ha richiamato un’evoluzione giurisprudenziale significativa. Superando un precedente orientamento più rigoroso (sentenza “Kremi”), che riteneva irrilevante il superamento della soglia minima, la Cassazione ha aderito all’approccio più recente (inaugurato dalla sentenza “Di Salvia”), che impone al giudice una verifica “in concreto” dell’offensività. Non è sufficiente che la sostanza sia inclusa nelle tabelle ministeriali; è indispensabile accertare che la dose detenuta sia effettivamente in grado di produrre un effetto drogante.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della sentenza di annullamento si fonda sulla violazione del principio dell'”al di là di ogni ragionevole dubbio”. I giudici hanno stabilito che l’accertamento di un principio attivo notevolmente inferiore alla soglia minima prevista per legge, unito alla mancanza di altri elementi probatori, crea un margine di dubbio insuperabile. Non si può dare per scontato che una dose così minima possa alterare il benessere neuropsichico di un consumatore.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che il fatto contestato fosse privo di quella “offensività in concreto” necessaria per integrare il reato. La condotta, pur corrispondendo astrattamente alla descrizione della norma, si è rivelata in concreto inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico della salute pubblica. La sentenza impugnata è stata quindi annullata senza rinvio perché “il fatto non sussiste”.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme sugli stupefacenti. La decisione implica che la responsabilità penale non può derivare da una presunzione automatica basata sulla sola natura della sostanza. È compito dell’accusa dimostrare, e del giudice accertare, che la quantità detenuta possieda una reale efficacia drogante, ovvero la capacità di causare un danno effettivo. In assenza di tale prova, e in presenza di un ragionevole dubbio, l’imputato deve essere assolto, poiché una condotta inoffensiva non può essere considerata un reato.

La detenzione di una sostanza stupefacente è sempre reato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il reato non sussiste se la sostanza, pur essendo classificata come stupefacente, è priva di qualsiasi efficacia farmacologica e quindi inidonea a produrre un concreto effetto drogante, risultando così inoffensiva.

Cosa si intende per ‘principio di offensività in concreto’ in materia di stupefacenti?
Significa che il giudice deve verificare caso per caso se la condotta specifica ha effettivamente messo in pericolo il bene giuridico tutelato (la salute pubblica). Ciò richiede l’accertamento che la sostanza detenuta abbia la reale capacità di produrre un effetto drogante.

Perché la Corte ha annullato la condanna in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la condanna perché la quantità di principio attivo nell’eroina (9 mg) era significativamente inferiore alla soglia minima legale (25 mg). Questa circostanza, in assenza di altre prove, ha generato un ragionevole dubbio sulla capacità della sostanza di incidere concretamente sullo stato neuropsichico di un assuntore, rendendo il fatto non punibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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