Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15051 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15051 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 16/01/2025 del TRIBUNALE di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che si è riportata alla memoria depositata e ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore, Avv. NOME COGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE si è riportata integralmente ai motivi di ricorso insistendo per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
La società RAGIONE_SOCIALE indagata per responsabilità amministrativa da re (come si evince dalle indicazioni contenute nel provvedimento genetico: pag. 68) ricorre in questa sede come “terza interessata” in relazione al sequestro finalizzato a garantire la confisca effettuato in relazione alle condotte illecite contestate a Concordio Malandrino.
Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Salerno respingeva l’appel proposto contro l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che aveva rigettato l richiesta di restituzione dei beni sequestrati alla RAGIONE_SOCIALE sulla bas richiesta di riconoscere l’effetto estensivo delle decisioni della Corte di cassazion sollecitata con distinti ricorsi da altri interessati, ma non dalla RAGIONE_SOCIALE – che
annullato il provvedimento genetico per carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore, munito di procura speciale, che deduceva:
2.1. violazione di legge, essendo la motivazione del provvedimento impugnato del tutto inconferente e, dunque, “assente”, tenuto conto che non avrebbe valutato la richiesta di riconoscere l’effetto estensivo, proposta al G.i.p. e da questi non accolta, ma avrebb invece ritenuto possibile che il Giudice che ha deciso sulla richiesta di revoca potesse integrare il provvedimento genetico attraverso l’identificazione della sussistenza de periculum in mora, la cui motivazione era assente nel provvedimento genetico (riferito sia alla ricorrente che alle altri parti che avevano ottenuto l’annullamento);
2.2. violazione di legge, essendo la motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora del tutto apparente: l’esigenza cautelare non avrebbe potuto essere riconosciuta sulla base della valorizzazione della natura fungibile del denaro e, sarebbe stata ritenuto senza considerare la documentazione prodotta dalla difesa in ordine alla capienza e solidità della società ricorrente; né sarebbe conferente il richiamo all inaffidabilità della compagine sociale, tenuto conto che, alla base del sequestro, avrebbe dovuto essere posto il pericolo di dispersione del bene appreso e non il pericolo di recidiva
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera lo scrutinio di ammissibilità.
1.1. Con la prima doglianza la ricorrente si duole del mancato accoglimento della richiesta di riconoscere nei propri confronti l’asserito effetto estensivo delle sentenze annullamento della Corte di cassazione (pronunciate in seguito all’impugnazione delle ordinanze di rigetto del tribunale per il riesame proposta da altri interessati) che aveva rilevato la carenza di motivazione in ordine al periculum in mora.
In materia, il Collegio riafferma che, nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali, l’estensione degli effetti favorevoli della decisione si verifica a cond che questa non sia fondata su motivi personali dell’impugnante e che il procedimento stesso sia sorto e si sia svolto “in modo unitario e cumulativo” (Sez. U, n. 19046 de 29/03/2012, COGNOME, Rv. 252529-01; Sez. U, n. 34623 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222261-01).
A fronte di tale autorevole e consolidato principio di diritto, il ricorrente, con l’ap non ha fornito la prova dello svolgimento “unitario e cumulativo” del procedimento di riesame limitando ad allegare alcune ordinanze della cassazione relative ad altri interessati
emesse dalla Corte di cassazione in date diverse e riferite ad impugnazioni di diversi provvedimenti emessi dal Tribunale del riesame.
Dunque, l’appello non si configurava sufficientemente specifico per generare l’obbligo motivazionale che si assume violato.
1.2. A ciò si aggiunge che – come rilevato anche dalla Procura generale – «il riesame ha la funzione di consentire al giudice dell’impugnazione, entro termini perentori a pena di decadenza, una verifica dell’atto nei suoi aspetti formali e sostanziali, riferiti alla g della misura», mentre la revoca attiene al riscontro, senza limiti temporali, dei soli pr sostanziali, della restrizione in essere, ed ha la funzione di adeguare la situazione cautela in seguito sia alla verifica di eventuali carenze di valutazione circa la sussistenza origin dei presupposti, sia all’oggettivo accadimento di fatti storici successivi all’emissione de misura cautelare» (Sez. U, n. 46201 del 31/05/2018, E., Rv. 274092-01, § 5).
In coerenza con tali coordinate ermeneutiche, il Tribunale ha effettuato la verifica in ordine alla perdurante sussistenza del pericolo cautelare, giungendo a ritenerne la sussistenza sulla base di una valutazione che si sottrae ad ogni censura di legittimità (su cui infra § 1.2.).
1.3. Anche il secondo motivo che contesta la apparenza della motivazione in ordine alla rilevazione del pericolo cautelare non supera, infatti, la soglia di ammissibilità.
Il Collegio conferma la giurisprudenza, ormai consolidata, secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso solo per violazione di legge ed in tale nozione si devono comprendere sia gli erro res in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Tale principio, enucleato già nel 20 con una pronuncia a Sezioni Unite (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710-01), è stato ulteriormente sviluppato e chiarito, sempre con pronuncia a Sezioni Unite, nel 2008 (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692-01), e successivamente ribadito in numerose pronunce provenienti dalle sezioni semplici (tra le altre, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608-01; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, COGNOME, Rv. 252430-01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129-01).
Nel caso in esame – tenuto conto che il Tribunale ha offerto un’accurata e persuasiva motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora deve essere rilevato che il ricorrente denuncia, in concreto, una violazione del vizio di motivazione e non una violazione di legge, così allegando una censura non consentita.
Invero, il Tribunale, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, rilevava, da un lato, che il denaro è un bene che si presta ontologicamente ad una facile
dispersione e, dall’altro, che le emergenze procedimentali indicavano che l’indagato
(sottoposto ad indagine per numerose condotte di indebita compensazione) aveva tenuto comportamenti che non rassicuravano circa il futuro adempimento degli oneri restitutori
correlati alla (probabile) inflizione della misura di sicurezza della confisca.
Si tratta di una motivazione priva di vizi logici e giuridici e che, come tale, no presta ad alcuna censura in questa sede.
2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 c proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 25 marzo 2025.