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Effetto drogante: Cassazione annulla condanna per THC

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per detenzione di circa un chilo di marijuana, evidenziando che la bassa percentuale di principio attivo (0,2% di THC) rendeva dubbia la sussistenza di un reale ‘effetto drogante’. La sentenza è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata sul principio di offensività, secondo cui il reato sussiste solo se la sostanza è concretamente capace di produrre effetti psicotropi.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Effetto Drogante: La Cassazione Sottolinea il Principio di Offensività

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di stupefacenti: la necessità di un concreto effetto drogante perché si possa configurare il reato. La pronuncia ha portato all’annullamento di una condanna per detenzione di un ingente quantitativo di marijuana, la cui percentuale di principio attivo era risultata estremamente bassa, sollevando dubbi sulla sua reale pericolosità.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per aver trasportato e detenuto, in concorso tra loro, circa un chilogrammo di marijuana. Uno dei due era stato condannato anche per la detenzione di metadone presso la propria abitazione. La difesa, nel ricorrere in Cassazione, ha basato la propria argomentazione su un dato tecnico fondamentale: le analisi sulla sostanza sequestrata avevano rivelato una percentuale di THC (il principio attivo) di appena lo 0,2%. Secondo i ricorrenti, una concentrazione così bassa non era in grado di produrre alcun effetto drogante, rendendo la condotta priva di quella offensività concreta che costituisce il presupposto di ogni reato.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Effetto Drogante

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo alla mancanza di effetto drogante. I giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello gravemente deficitaria, in quanto si era limitata a richiamare un precedente giurisprudenziale senza spiegare, in concreto, perché una sostanza con un principio attivo dello 0,2% potesse essere considerata idonea a produrre effetti psicotropi.

La Cassazione ha chiarito che, ai fini della configurabilità del reato, non è sufficiente la mera detenzione di una sostanza inclusa nelle tabelle ministeriali. È indispensabile, in ossequio al principio di offensività, che la sostanza possieda una reale e concreta attitudine a produrre gli effetti che la legge intende contrastare. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso applicando correttamente questi principi.

È stato accolto anche il motivo di ricorso relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche per il reato di detenzione di metadone, poiché la corte territoriale non aveva fornito adeguata motivazione in merito alla loro applicazione differenziata tra i vari capi di imputazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La sentenza si fonda sul consolidato orientamento delle Sezioni Unite, secondo cui la valutazione della rilevanza penale delle condotte in materia di stupefacenti deve sempre verificare, nel rispetto del principio di offensività, che la sostanza oggetto del reato abbia una reale efficacia drogante. Ciò significa che deve possedere un’effettiva attitudine a produrre effetti psicotropi.

La Corte ribadisce che il reato non dipende dal superamento di una dose media giornaliera, ma dalla circostanza che la sostanza, anche in una singola assunzione, possa produrre un effetto drogante. Questo principio vale anche per quantità minime. Tuttavia, quando la concentrazione di principio attivo è talmente bassa, come nel caso di specie (0,2%), il giudice di merito ha l’obbligo di fornire una spiegazione concreta e puntuale sull’idoneità della sostanza a modificare l’assetto neuropsichico dell’utilizzatore. Una risposta generica o apodittica, come quella fornita dalla Corte d’Appello, costituisce un vizio di motivazione che giustifica l’annullamento della sentenza.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un principio di garanzia fondamentale nel diritto penale: non può esserci reato senza un’offesa concreta a un bene giuridico. In materia di stupefacenti, ciò si traduce nella necessità di provare l’effettiva pericolosità della sostanza. La sentenza offre un’importante linea guida per la difesa nei casi in cui le analisi chimiche rivelino una qualità scadente dello stupefacente, con percentuali di principio attivo irrisorie. In tali circostanze, spetta all’accusa dimostrare, e al giudice motivare adeguatamente, la sussistenza di un reale effetto drogante, senza il quale la condotta non può essere considerata penalmente rilevante.

La detenzione di una sostanza stupefacente è sempre reato?
No. Secondo la Corte, affinché si configuri il reato, la sostanza deve avere in concreto una reale efficacia drogante, cioè la capacità di produrre effetti psicotropi. Se il principio attivo è così basso da non produrre tale effetto, il fatto non è penalmente rilevante per il principio di offensività.

Cosa significa ‘effetto drogante’ secondo la giurisprudenza?
Significa la concreta attitudine della sostanza a produrre effetti psicotropi, alterando l’assetto neuropsichico dell’utilizzatore. Non è sufficiente che la sostanza sia formalmente illegale; è necessario che la singola assunzione possa avere un effetto reale.

Perché la Corte ha annullato la sentenza anche per la mancata motivazione sulle attenuanti generiche?
La Corte di Appello non aveva fornito una spiegazione adeguata sul perché le circostanze attenuanti generiche, riconosciute per un reato, non fossero state considerate o applicate in modo chiaro anche all’altro reato commesso in continuazione. Un’applicazione parziale o un diniego delle attenuanti deve essere sempre motivato dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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