Effetto Devolutivo Appello del PM: La Cassazione Conferma i Pieni Poteri del Giudice di Secondo Grado
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento su un principio cardine del processo penale: l’effetto devolutivo appello promosso dal Pubblico Ministero (PM) contro una sentenza di assoluzione. La Corte di Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato, ha ribadito con forza che l’impugnazione del PM conferisce al giudice di secondo grado poteri di riesame ampi e completi, non limitati ai singoli punti contestati. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per comprendere le dinamiche del processo d’appello.
Il Contesto del Caso: Dall’Assoluzione alla Condanna
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di primo grado del Tribunale di Palermo, che aveva assolto un imputato dall’accusa di cessione di sostanze stupefacenti in concorso. Il Pubblico Ministero, non condividendo la decisione, proponeva appello. La Corte d’Appello di Palermo, accogliendo l’impugnazione, riformava parzialmente la sentenza: riqualificava il reato e, ritenuta la recidiva, condannava l’imputato a una pena di due anni e tre mesi di reclusione, oltre a una multa di 3.500 euro.
Il Motivo del Ricorso: Una Presunta Violazione dell’Effetto Devolutivo Appello
L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: la violazione dell’articolo 597 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe ecceduto i limiti della sua cognizione, andando oltre i punti specifici della decisione di primo grado che erano stati oggetto dei motivi d’appello del PM. In sostanza, si contestava che il giudice di secondo grado avesse riesaminato la causa in modo più ampio di quanto richiesto dalla pubblica accusa, determinando così la nullità della sentenza di condanna.
Le Motivazioni della Cassazione sul Pieno Effetto Devolutivo Appello
La Suprema Corte ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente inammissibile. I giudici hanno richiamato il principio, consolidato e autorevolmente espresso anche dalle Sezioni Unite, secondo cui l’appello del PM contro una sentenza di assoluzione ha un effetto pienamente devolutivo.
Questo significa che, salva la necessità di rimanere entro i confini dell’originaria contestazione, il giudice d’appello (ad quem) acquisisce poteri decisori ampi e completi. Il processo, di fatto, torna a una fase in cui l’intera materia del contendere viene riesaminata. Di conseguenza:
1. L’imputato è rimesso nella fase iniziale del giudizio: può riproporre tutte le istanze e le difese, anche quelle già respinte in primo grado, riguardanti sia la ricostruzione dei fatti sia la loro qualificazione giuridica.
2. Il giudice d’appello non è vincolato ai motivi del PM: è legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche punti della sentenza di primo grado che non sono stati oggetto di specifica critica da parte del PM. Non è tenuto a scegliere tra le alternative decisorie prospettate nell’atto di appello, ma deve esprimere una propria autonoma valutazione sull’intera vicenda.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La decisione della Cassazione conferma che l’appello del Pubblico Ministero contro un’assoluzione non è una semplice richiesta di correzione di specifici errori, ma apre la strada a un nuovo e completo giudizio di merito. Per l’imputato, ciò comporta la necessità di preparare una difesa a 360 gradi, consapevole che ogni aspetto della sua posizione potrà essere nuovamente vagliato. Per il sistema giudiziario, questa interpretazione garantisce che il giudice d’appello abbia tutti gli strumenti per giungere a una decisione giusta, basata su un esame completo e non frammentario delle prove e del diritto.
Che cosa significa ‘effetto devolutivo’ dell’appello del Pubblico Ministero contro una sentenza di assoluzione?
Significa che l’intero processo viene trasferito al giudice d’appello, il quale ha il potere di riesaminare tutti gli aspetti del caso, sia di fatto che di diritto, senza essere limitato ai soli punti specifici sollevati dal PM nel suo atto di appello.
Il giudice d’appello può riconsiderare punti della sentenza di primo grado non criticati dal Pubblico Ministero?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di appello del PM contro un’assoluzione, il giudice d’appello è legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti non oggetto di specifica critica, non essendo vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello.
Quali diritti ha l’imputato quando il PM appella la sua assoluzione?
L’imputato viene rimesso nella fase iniziale del giudizio e può riproporre tutte le istanze relative alla ricostruzione dei fatti e alla loro qualificazione giuridica, anche se fossero state respinte in primo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37029 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37029 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo, su impugnazione del Pubblico Ministero, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Palermo del 5 marzo 2019, con cui NOME COGNOME era stato assolto in relazione al reato di cessione di stupefacente contestatogli in concorso con altri (ex artt. 73, comma primo, d.P.R. n. 309/1990), e, riqualificato il fatto sub art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309/1990 e ritenuta la contestata recidiva, ha condannato l’imputato alla pena di anni due e mesi tre di reclusione ed euro 3.500 di multa.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione avverso tale sentenza, proponendo un unico motivo di impugnazione, con il quale denuncia violazione dell’art. 597 cod.proc.pen. e la nullità della sentenza in ragione del fatto che la Corte di appello non si era limitata alla cognizione relativa ai punt della decisione di primo grado cui si erano riferiti i motivi d’appello formulati dal Procuratore generale.
Il ricorso è inammissibile.
L’unico motivo si pone in manifesta violazione del principio consolidato espresso dalla Corte di cassazione secondo cui l’appello del P.M. contro la sentenza di assoluzione emessa all’esito del dibattimento, salva l’esigenza di contenere la pronuncia nei limiti della originaria contestazione, ha effetto pienamente devolutivo, attribuendo al giudice “ad quem” gli ampi poteri decisori previsti dall’art. 597 comma secondo lett. b) cod. proc. pen.. Ne consegue che, da un iato, l’imputato è rimesso nella fase iniziale del giudizio e può riproporre, anche se respinte, tutte le istanze che attengono alla ricostruzione probatoria del fatto ed alla sua consistenza giuridica; dall’altro, il giudice dell’appello è legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, non essendo vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello e non potendo comunque sottrarsi all’onere di esprimere le proprie determinazioni in ordine ai rilievi dell’imputato. Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005 Ud. (dep. 20/09/2005) Rv. 231675 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 46689 del 30/06/2016 Ud. (dep. 08/11/2016) Rv. 268671 – 01)
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, 23 settembre 2024.