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Effetto devolutivo appello PM: i limiti del riesame

Un imputato, assolto in primo grado per prescrizione del reato di ricettazione (qualificato di particolare tenuità), viene condannato in appello. La Corte d’appello, su impugnazione del PM, non solo ricalcola la prescrizione ma esclude la ‘particolare tenuità’, non contestata dal PM. La Cassazione annulla la condanna, stabilendo che il giudice d’appello ha violato i limiti dell’effetto devolutivo, pronunciandosi su un punto non impugnato e quindi divenuto definitivo.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’effetto devolutivo dell’appello del PM: quando il giudice non può decidere oltre i motivi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30252 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti del potere del giudice d’appello, in particolare riguardo all’effetto devolutivo dell’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero. La Corte ha stabilito che, anche a fronte di un appello del PM contro una sentenza di proscioglimento, il giudice di secondo grado non può riesaminare e modificare punti della decisione che non sono stati oggetto di specifica contestazione, poiché tali punti devono considerarsi ormai ‘cristallizzati’.

I fatti del processo: dalla prescrizione alla condanna

Il caso trae origine da un’accusa di ricettazione continuata di due assegni bancari. In primo grado, il Tribunale di Larino dichiarava il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. La decisione si fondava su due presupposti: primo, il fatto era stato qualificato come ricettazione di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 648, quarto comma, del codice penale; secondo, per tale fattispecie attenuata, il termine di prescrizione era di sei anni, già decorso.

Contro questa sentenza, il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Campobasso proponeva appello, sostenendo un’errata interpretazione della norma sulla prescrizione. Secondo l’accusa, la ‘particolare tenuità’ è una semplice circostanza attenuante e non un reato autonomo. Pertanto, il calcolo della prescrizione doveva basarsi sulla pena massima del reato base di ricettazione (otto anni), con la conseguenza che il reato non era ancora prescritto.

La Corte d’appello accoglieva l’impugnazione ma andava oltre: non solo riteneva il reato non prescritto, ma, riformando la sentenza di primo grado, escludeva la sussistenza della ‘particolare tenuità’ e dichiarava l’imputato colpevole, condannandolo a un anno di reclusione e 500 euro di multa.

I limiti dell’effetto devolutivo nell’appello penale

L’imputato ricorreva in Cassazione lamentando, tra le altre cose, la violazione dell’art. 597 del codice di procedura penale. La difesa sosteneva che la Corte d’appello avesse ecceduto i suoi poteri (vizio di ‘ultrapetizione’), decidendo su un punto non devoluto. L’appello del PM, infatti, contestava solo il calcolo della prescrizione, dando per assodata la qualificazione del fatto come di ‘particolare tenuità’. Quel punto della sentenza di primo grado, non essendo stato impugnato, doveva considerarsi ‘intangibile’.

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente questa tesi. I giudici supremi hanno ribadito che, sebbene l’appello del PM contro una sentenza di proscioglimento abbia un effetto devolutivo ampio, esso non è illimitato. Il principio fondamentale è che il giudizio di appello è circoscritto ai punti della decisione di primo grado che sono stati oggetto di censura.

Nel caso specifico, l’appello del PM presupponeva la sussistenza della circostanza della ‘particolare tenuità’, limitandosi a contestarne le conseguenze sul piano della prescrizione. Di conseguenza, la Corte d’appello non aveva il potere di rimettere in discussione tale qualificazione giuridica. Escludendola e condannando l’imputato per la fattispecie ordinaria di ricettazione, il giudice di secondo grado ha violato il perimetro del giudizio a lui demandato.

La questione della recidiva e l’obbligo di motivazione

La Cassazione ha accolto anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla motivazione sulla recidiva. La Corte d’appello aveva concesso le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva contestata, ma senza spiegare le ragioni per cui riteneva sussistente tale aggravante.

Su questo punto, la Suprema Corte ha ricordato che la recidiva non è un automatismo legato alla presenza di precedenti penali. Il giudice ha l’obbligo di motivare specificamente, spiegando perché la nuova condotta criminale sia indice di una ‘più accentuata pericolosità sociale’ e di una ‘perdurante inclinazione al delitto’ dell’imputato. Una motivazione assente o apparente su questo punto rende illegittima la decisione.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su un’attenta interpretazione del principio devolutivo. I giudici hanno chiarito che la censura del PM si basava sulla premessa che la circostanza attenuante della ‘particolare tenuità’ fosse stata correttamente riconosciuta dal primo giudice. L’impugnazione verteva unicamente sull’errata conseguenza che il Tribunale ne aveva tratto in termini di prescrizione. Pertanto, il punto relativo alla sussistenza dell’attenuante non era stato devoluto alla cognizione della Corte d’appello e non poteva essere da questa riesaminato. Rimuovendo un’attenuante non contestata, il giudice d’appello ha commesso un vizio di ‘ultrapetizione’, decidendo oltre i limiti dell’impugnazione.

Le conclusioni

La sentenza è stata annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio a una diversa sezione della Corte d’appello. La Cassazione ha ‘cristallizzato’ due punti: l’affermazione di responsabilità dell’imputato è divenuta irrevocabile e il fatto deve essere qualificato come ricettazione di ‘particolare tenuità’. Il nuovo giudice dovrà unicamente rideterminare la pena partendo da questa qualificazione giuridica e motivando adeguatamente ogni valutazione sulla recidiva. Questa decisione rafforza le garanzie difensive, tracciando un confine netto ai poteri del giudice dell’appello, che non può estendere il proprio esame a punti della sentenza di primo grado che le parti hanno, di fatto, accettato.

Quando il giudice d’appello commette il vizio di ‘ultrapetizione’?
Il giudice d’appello commette ‘ultrapetizione’ quando si pronuncia su punti della decisione di primo grado che non sono stati oggetto di specifica impugnazione da parte dell’appellante. In pratica, decide oltre i limiti delle questioni che gli sono state devolute.

L’effetto devolutivo dell’appello del Pubblico Ministero è illimitato?
No. Sebbene l’appello del PM contro una sentenza di proscioglimento abbia un ampio effetto devolutivo, consentendo un riesame completo del fatto, esso è comunque vincolato ai motivi di impugnazione. Non può estendersi a punti della sentenza che l’appello stesso implicitamente presuppone come corretti e non contesta.

L’applicazione della recidiva è automatica in presenza di precedenti penali?
No, non è automatica. La sentenza ribadisce che il giudice ha l’obbligo di fornire una specifica motivazione per applicare l’aggravante della recidiva, spiegando perché il nuovo reato sia indicativo di una maggiore pericolosità sociale e di una persistente inclinazione a delinquere del reo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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