Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SORESINA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a COMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di BRESC[A
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni di inammissibilità dei ricorsi formulate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME
Ricorsi trattati con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n. 137/20 s.m.i.
RITENUTO IN FATTO
NOME e COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia del’6/06/2023, con la quale veniva confermata la sentenza di condanna alla pena di giustizia resa dal Gup del Tribunale di Cremona, in ordine ai reati di concorso in riciclaggio (capo A) e ricettazione (capo B).
I ricorsi, ai quali sono uniti dieci allegati, sono articolati in cinque mot che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Con il primo motivo la difesa si duole dell’inosservanza di norme processuali e del vizio di motivazione in relazione al mancato esame degli imputati con riferimento all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. e chiede che sia dichiarata la nullità della sentenza.
1.2. Con il secondo motivo si lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, in relazione alla richiesta formulata dalla difesa al Tribunale di esaminare, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., due testi (NOME COGNOME e NOME COGNOME), i quali avrebbero riferito su circostanze rilevanti per l’accertamento dei fatti e ch la Corte di merito avrebbe dovuto esaminare d’ufficio ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen.
1.3. Con il terzo motivo – relativo al capo B) dell’imputazione – si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva in relazione alla richiesta formulata dalla difesa, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., di acquisizione dei verbali d riconoscimenti effettuati da parte di RAGIONE_SOCIALE NOME dei due asseriti autori del furt dell’autovettura.
1.4. Con il quarto motivo si lamenta il vizio di motivazione in ordine alle deposizioni testimoniali di RAGIONE_SOCIALE e COGNOME sulla denuncia di furto anche in relazione alle fatture della RAGIONE_SOCIALE e all’esistenza del reato presupposto di furto.
1.5. Con il quinto motivo si denuncia il vizio di motivazione in relazione ai tabulati dell’antifurto satellitare della vettura di proprietà di COGNOME NOME NOME l’esistenza del delitto presupposto di furto.
Il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, con requisitoria del 14/01/2024, sul rilievo della manifesta infondatezza dei motivi dedotti, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Con nota del 9/02/2024, la difesa dei ricorrenti, nel replicare al contenuto della requisitoria del P.G., ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi vanno rigettati.
1. Il primo motivo non è fondato. La nullità eccepita dalla difesa per non avere il Tribunale proceduto all’esame degli imputati si è verificata all’udienza del 17/04/2018, allorché il Tribunale, dopo avere esaminato i testi della difesa, si è ritirato in camera di consiglio per decidere sulle ulteriori richieste istrutto avanzate dalle parti ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. e sulla necessità di esaminare altri testi della difesa in precedenza ammessi per i quali il difensore insisteva nell’assunzione della relativa testimonianza.
Dalla lettura del verbale di udienza risulta, infatti, che il collegio, dopo aver rigettato la richiesta istruttoria avanzata ex art. 507 cod. proc. pen. e revocato l’ordinanza di ammissione dei testi della difesa che erano rimasti da esaminare, ebbe a dichiarare chiusa l’istruttoria dibattimentale, rinviando per la discussione all’udienza del 10/07/2018, senza nulla statuire in ordine all’esame degli imputati (uno dei quali era presente), mezzo di prova in precedenza ammesso su richiesta del pubblico RAGIONE_SOCIALE.
Sempre dalla lettura del verbale non risulta che la difesa ebbe a formulare alcuna eccezione di nullità, sebbene la stessa non fosse affatto preclusa dalla circostanza che il Tribunale avesse disposto il rinvio dell’udienza. Ai sensi dell’art. 182 cod. proc. pen., infatti, quando la parte vi assiste, la nullità di un atto dev essere eccepita – laddove non sia possibile prima del suo compimento (ed è il caso di specie) – «immediatamente dopo». Si tratta di un termine perentorio volto anche ad evitare che il processo prosegua in presenza della causa di nullità. Ed a nulla vale che il Tribunale avesse già disposto il rinvio, in quanto permane sempre il diritto del difensore presente di far inserire l’eccezione a verbale ed il dovere de giudice di darne atto.
Dalla lettura del verbale di udienza del 10/07/2018 risulta che il Tribunale, in diversa composizione (essendo mutato il presidente), rinviò il processo «per gli stessi incombenti» (ossia per la discussione) all’udienza del 22/01/2019. Pur dovendosi ritenere il rinvio meramente organizzativo, l’apertura del verbale non precludeva affatto alla difesa di formalizzare l’eccezione di nullità che si sostiene non avere potuto in precedenza dedurre per l’adozione del provvedimento di chiusura dell’istruttoria dibattimentale adottato all’udienza precedente.
Dalla lettura del verbale dell’ultima udienza del 22 gennaio 2022 – in cui l’imputato NOME rese dichiarazioni spontanee – non risulta ulteriormente la verbalizzazione di alcuna eccezione di nullità sollevata dalla difesa.
Così correttamente ricostruito lo svolgersi dell’andamento processuale e fermo restando che le dichiarazioni spontanee – e in ciò può concordarsi con la difesa – non possono tenere luogo di un esame ammesso e non disposto, al pari della mera acquisizione dei verbali di interrogatorio (salvo che ciò consegua alla rinuncia all’esame), risulta chiaro che nessuna eccezione di nullità venne mai dedotta tempestivamente dalla difesa.
Va, infatti, ribadito che il disposto dell’art. 180 cod. proc. pen., secondo cui la nullità di ordine generale verificatasi nel corso del giudizio è deducibile dalla parte anche dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo, trova un limite proprio nel disposto dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., il quale prevede una eccezione alla regola della deducibilità appena illustrata, con riferimento al caso in cui la parte assista al compimento dell’atto nullo. Si tratta di una conclusione che non solo è espressamente stabilita dal Legislatore attraverso l’espresso riferimento del termine di deducibilità alle nullità di ordine generale che non ridondano, come nel caso di specie, in ipotesi di nullità assolute (art. 180, comma 1, cod. proc. pen.), ma che rinviene la sua ratio nel principio di ragionevolezza e di ragionevole durata del processo che sarebbe leso da un’inerzia colpevole di chi, avendo assistito al compimento dell’atto nullo, può provvedere a sollevare la relativa eccezione, così creando le condizioni per porvi rimedio.
2. Anche il secondo motivo non è fondato.
Deve evidenziarsi che nel giudizio d’appello la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma 1 cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria e tale accertamento comporta una valutazione rimessa al giudice di merito che, se correttamente motivata come nel caso in esame, è insindacabile in sede di legittimità (Sez. 4 n. 18660 del 19/2/2004, COGNOME, Rv. 228353; Sez. 3 n. 35372 del 23/5/2007, Pano:zzo, Rv. 237410; Sez. 3 n. 8382 del 22/1/2008, COGNOME, Rv. 239341).
Peraltro, in tema di ricorso per cassazione, può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello. (Fattispecie in tema di giudizio abbreviato). (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014, PR, Rv. 261799; Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577, Sez. 4, n. 27599 del 31/05/2023, COGNOME, non mass.).
Dalla lettura della sentenza impugnata (vedi pag. 9) risulta che la Corte distrettuale ha disatteso la richiesta proprio escludendo, con congrua motivazione, l’esistenza delle criticità evidenziate dalla difesa a cagione della necessità di sentire i due testimoni, il cui esame, peraltro, si rivela superfluo in ragione della ricostruzione del fatto operata dalla Corte di merito, in difetto di lamentati specifici travisa menti.
Infondato è anche il terzo motivo in quanto la superfluità di procedere all’acquisizione dei verbali relativi all’intervento dei Carabinieri di Orzinuovi addotta dalla difesa quale prova decisiva in ordine alla sussistenza del delitto di ricettazione di cui al capo B) – si fonda sulla ritenuta attendibilità del dichiara della teste COGNOME, la quale ebbe a chiarire di avere subito il furto della su autovettura, così escludendosi, anche in ragione degli altri elementi evidenziati sia dal Tribunale che dalla Corte territoriale (tra cui l’assenza di prove documentali dimostrative) l’alternativa difensiva che non vi era stato alcun furto ma soltanto l’intento dei proprietari del veicolo di demolirlo per incassare il risarcimento dell’assicurazione. La doglianza – che richiama il tessuto argornentativo di quella successiva, formulata anche mediante il richiamo di esiti dichiarativi resi dai testi COGNOME e COGNOME, – finisce per risolversi in una non consentita sollecitazione al riesame di elementi di merito non consentita in questa sede (vedi motivo successivo e pagg. 12 e 13 della sentenza impugnata).
Inammissibile è il quarto motivo con cui si censura il contenuto del dichiarato testimoniale rilevante ai fini dell’affermazione di responsabilità in ordine al delitto di ricettazione di cui al capo B) della rubrica, rinvenendosi nella sentenza impugnata congrua motivazione sia in ordine alla complessiva attendibilità dei testi a carico (COGNOME, quale proprietario del veicolo e la moglie COGNOME quale utilizzatrice), sia riguardo all’esclusione di elementi di decisiva contraddizione, stante l’assenza di decisiva interferenza del reciproco propalato (vedi pag. 12), del rilievo della fattura alla quale la difesa fa riferimento (vedi pag. 12 quart capoverso in cui sono specificati gli elementi negativi a corredo della pertinenza e rilevanza del documento), alla luce della descrizione del fatto e degli altri elementi esterni dimostrativi del delitto presupposto e del dolo, financ:o eventuale, degli imputati.
Anche l’ultimo motivo, che attiene alla tenuta della motivazione relativa all’affermazione di responsabilità in ordine al delitto di riciclagwo di cui al capo A), con particolare riguardo alla sussistenza del delitto presupposto, è inammissibile. La lettura della sentenza impugnata consente di escludere la paventata illogicità della motivazione: la Corte d’appello, infatti, dopo avere minuziosamente riportato la censura difensiva (vedi pagg. 5 e 6) – volta a dimostrare che fosse stato proprio colui che aveva in uso il veicolo (NOME COGNOME) a portarlo dagli imputati perché
fosse demolito e la loro buona fede avendo poi consentito ai Carabinieri di ritrovare immediatamente il mezzo – ha congruamente spiegato le ragioni per cui debba escludersi qualunque aporia decisiva nel narrato dei testi (NOME e NOME COGNOME) e, soprattutto, la lamentata reticenza del NOME COGNOME, alla luce anche dei decisivi elementi passati in rassegna (vedi pag. 10) che logicamente escludono che il NOME COGNOME abbia invece dismesso il veicolo, contrariamente a quanto denunziato dal padre. Né le doglianze mosse in punto di decisiva valenza dimostrativa dei tabulati satellitari – comunque valutati in punto di compatibilità del narrato – rendono distonica la valutazione delle prove dichiarative operata dalla Corte territoriale. In conclusione, la motivazione di condanna – anche in relazione all’esclusione del dolo (vedi fine pag. 10 e pag. 11) – non si presta a censure di legittimità, risultando esauriente e connotata da lineare logicità rispetto alla disamina dei dati probatori puntualmente passati in rassegna dai giudici di merito e diffusamente esposti nella sentenza di primo e secondo grado.
Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., la condanna di entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 16/02/2024
Il Consigliere estensore
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CORTF CASSAZIONE U.R.P. CENTRALE
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