Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 44119 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 44119 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 06/05/1967 avverso l’ordinanza del 09/05/2024 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere disposta (dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 29/04/2024) nei riguardi di NOME COGNOME per associazione a delinquere finalizzata alla detenzione e messa in circolazione di valuta falsa di concerto col falsario, con l’aggravante di aver agevolato l’associazione camorristica “COGNOME” a Napoli, e per numerosi reati fine.
L’ordinanza genetica è stata emessa a seguito della perdita di efficacia di una pregressa analoga ordinanza per decorrenza del termine di cui all’articolo 309, comma 10, cod. proc. pen.
Ha proposto ricorso per Cassazione, per conto del COGNOME, l’avvocato
NOME COGNOME quale sostituto processuale ex articolo 102 cod. proc. peri. dell’avvocato NOME COGNOME suo difensore di fiducia.
In estrema sintesi, col primo e quarto motivo lamenta non fossero state evidenziate le eccezionali esigenze cautelari (di intensità straordinaria rispetto a quello ordinariamente sotteso per l’applicazione della misura) richieste dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. in caso di perdita di efficacia della pregressa ordinanza cautelare, essendosi il Giudice per le indagini preliminari limitato a ribadire quanto già scritto in quest’ultima (laddove numerosi elementi di fatto deponevano in senso opposto). Ha rimarcato, altresì, che per uno dei correi, figura di spicco del sodalizio, tali esigenze cautelari di eccezionale rilevanza (necessarie per disporre la misura in ragione dell’età dell’indagato) non erano state ritenute.
Col secondo e terzo motivo di ricorso si contesta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai capi 12 e 13, ritenuta per la mera partecipazione del Minaudo al sodalizio, in violazione dei principi sul concorso di persone nel reato.
2.1. In dettaglio, col primo motivo lamenta parte ricorrente la carenza di motivazione circa la sussistenza delle eccezionali esigenze cautelari richieste dall’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. in caso di perdita di efficacia da parte della pregressa ordinanza applicativa della misura.
Si assume che il Giudice per le indagini preliminari non avesse dato conto della sussistenza di tale requisito, limitandosi a ribadire quanto già evidenziato nella prima ordinanza emessa. Il Tribunale del riesame avrebbe, poi, rigettato l’eccezione con una motivazione apparente, che, richiamando il ruolo del COGNOME nell’ambito del sodalizio, la gravità dei fatti ed i suoi (peraltro datati e non specifici precedenti, altro non aveva fatto che rifarsi alle stesse motivazioni sottese all’ordinanza iniziale che aveva perso efficacia. Tanto sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui sarebbe in tali casi richiesta la sussistenza di un pericolo di intensità straordinaria rispetto a quanto ordinariamente richiesto per l’applicazione della misura.
Si richiamano, poi, numerosi elementi (tra cui quanto rilevato a pagina 129 dell’informativa dei Carabinieri datata 11/10/2023) che dimostravano come l’abitazione dell’indagato non avesse svolto la funzione di luogo di custodia delle banconote dal 16/02/2023: ciò che smentiva l’assunta pericolosità del COGNOME. Si richiamano, altresì:
il rinvenimento presso l’abitazione di NOME COGNOME di un manoscritto con cifre e nomi, nel quale non compariva il nome del COGNOME quale stipendiato del sodalizio in data 14/04/2023;
una conversazione nella quale altri coindagati avevano parlato della
paura insorta nel Minauda per l’inchiesta in corso;
-l’assenza di singoli reati fine contestati allo stesso oltre il 17/02/2023, a parte quello di cui al 14/04/2023, attribuitogli solo a titolo di responsabilità da posizione, e ciò nonostante ve ne fossero ulteriori a carico di altri coindagati dopo tali date;
-l’individuazione di NOME come nuova custode delle banconote false.
Tali elementi non erano stati considerati al fine di ritenere insussistenti le dette esigenze cautelari correlate alla possibile reiterazione dei reati.
Né era stato tenuto in debito conto che, con altra ordinanza, emessa nei confronti del coindagato NOME COGNOME (organizzatore e figura di spicco del sodalizio, gravato da precedenti specifici), non era stata ritenuta la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza di cui all’articolo 275, comma 4, cod. proc. pen., necessarie (in ragione della sua età) per disporre la custodia cautelare in carcere.
2.2. Col secondo motivo, parte ricorrente lamenta il travisamento della prova, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione in relazione alla ritenuta gravità indiziaria circa la commissione del delitto di cui al capo 12.
Si evidenzia, da un lato, che il delitto, relativo alle banconote sequestrate presso l’abitazione di Carriola Luigi, fosse stato attribuito ai partecipanti a sodalizio solo per tale ragione, senza specificare quale fosse stato l’apporto causale di ciascun concorrente, come richiesto dalla giurisprudenza della Suprema Corte.
Si assume, inoltre, l’errata interpretazione della captazione del 19/2/2023 (tra NOME COGNOME e NOME COGNOME), avendo il Tribunale del riesame ritenuto che il COGNOME avesse evidenziato che il COGNOME facesse parte dell’associazione da 4 o 5 mesi, laddove invece il COGNOME aveva asserito si trattasse di soli due mesi. Tale travisamento aveva impedito di rilevare l’estraneità del ricorrente ad un fatto accaduto il 16/09/2022.
2.3. Analoga censura risulta formulata con un terzo motivo di ricorso, con cui si contesta l’affermazione di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al capo 13 per la mera partecipazione del Minaudo al sodalizio, in violazione dei principi sul concorso nel reato (non essendo stato specificato in cosa si fosse manifestato il suo contributo causale rilevante, volontario e consapevole).
Si richiama nuovamente il rinvenimento, presso l’abitazione di NOME COGNOME, di un manoscritto con cifre e nomi, nel quale non compariva, tra gli stipendiati del sodalizio al 14/04/2023, il COGNOME: prova trascurata dal Tribunale del riesame anche in relazione a tale singolo reato di cui al capo 13.
2.4. Col quarto motivo ci si lamenta dell’illogicità della motivazione
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dell’ordinanza impugnata in punto di esigenze cautelari e giudizio di adeguatezza della misura.
Si specifica che il Tribunale del riesame non avesse tenuto conto dei predetti elementi (la paura insorta nel Minauda a causa dell’indagine, desumibile da alcune intercettazioni ambientali; l’assenza di contestazioni a carico del Minauda dopo il 17/02/2023, a parte quella di cui al 14/04/2023, attribuitagli solo a titolo di responsabilità da posizione; la mancanza del nome dell’odierno ricorrente tra quelli indicati nel manoscritto sequestrato il 14/04/2023 come stipendiati dal sodalizio; l’individuazione di NOME COGNOME quale nuova custode delle banconote) al fine di valutare la sussistenza delle esigenze cautelari.
Ci si duole della similitudine operata dal Tribunale con la posizione del COGNOME, il quale effettivamente aveva continuato a commettere reati anche dopo la perquisizione, a differenza del COGNOME, per il quale non erano emersi, dopo di essa, ulteriori episodi di concorso nei reati fine.
Nel dedurre, il provvedimento impugnato, che non emergesse (dalle intercettazioni) l’allontanamento del COGNOME dal sodalizio e che l’assenza di condotte illecite dopo il 17/02/2023 e comunque dopo il 14/04/2023 fosse poco significativa (in ragione del fatto che le indagini fossero proseguite per poco tempo ancora), lo stesso provvedimento aveva illogicamente posto a carico dell’odierno ricorrente la prova negativa di quanto in positivo avrebbe dovuto essere, invece, dimostrato per giustificare l’applicazione della misura.
Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente deve ribadirsi che il ricorso in Cassazione può essere proposto (come avvenuto nella specie) da un avvocato iscritto all’albo speciale della Corte di Cassazione, nominato quale sostituto dal difensore (di fiducia o d’ufficio) dell’imputato che invece non sia cassazionista (Sez. U, n. 40517 del 28/4/2016, Rv. 267627; così pure, tra le più recenti, Sez. fer., n. 32670 cel 06/08/2024 e Sez. 1, n. 17491 del 29/03/2024, non massimate).
Va, sempre in via preliminare, rammentato esser pacifico, in tema di misure cautelari personali, che il giudizio di legittimità debba limitarsi a verificare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto (rispetto ai canoni della logica e
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ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie) delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, ex art. 292 cod. proc. pen. (che non necessita dell’accertamento della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza), e/o la sussistenza delle esigenze cautelari in rapporto alla pericolosità dell’interessato e alla misura adeguata a fronteggiarla (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Rv. 275851-01).
Ne consegue che è inammissibile il controllo su quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976-01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Rv. 255460-01; Sez. 1, n. 28291 del 24/06/2020, non massimata; Sez. 1, n. 22287 del 24/06/2020, non massimata, tutte sulla scia di Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01): come accaduto nel caso di specie.
3.1. In particolare, i motivi primo e quarto, da trattarsi congiuntamente essendo connessi (contestandosi, con essi, la sussistenza delle eccezionali esigenze cautelari richieste per l’applicazione della misura cautelare) sono certamente inammissibili.
È noto che le eccezionali esigenze cautelari che, nei casi di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., consentono di rinnovare la misura cautelare che abbia perso efficacia non richiedono un “quid pluris” rispetto alla situazione precedente, né la necessità di elementi nuovi o sopravvenuti, pur se non coincidono con una normale situazione di pericolosità, ma si identificano, piuttosto, in un’esposizione al pericolo per la collettività di consistenza tale da non risultare superabile se non con l’emissione di una misura coercitiva (così Sez. 1, n. 806 del 15/11/2022, dep. 2023, Rv. 284039-02, nella cui motivazione si precisa che l’eccezionalità delle esigenze cautelari deve essere desunta non dall’accentuazione della prognosi di pericolosità, ma dal particolare rilievo dei beni giuridici da tutelare, con riferimento alla gravità dei fatti commessi o alla elevata capacità criminale del soggetto sottoposto a misura; confronta, negli stessi termini, Sez. 1, n. 28002 del 16/03/2016, Rv. 267662-01).
Orbene, nel caso di specie, indipendentemente da addotte difformi valutazioni operate in relazione ad altri coindagati (la cui posizione può essere stata valutata diversamente per ragioni peculiari, o anche semplicemente in modo erroneo), quel che rileva è che il Tribunale del riesame abbia dato adeguato conto delle ragioni per cui abbia ritenuto non solo sussistenti, ma, soprattutto, eccezionali le esigenze cautelari nel caso di specie.
In particolare, secondo il Tribunale si è in presenza di un’organizzazione ben
collegata con ulteriori circuiti criminali, volta a mettere in circolazione un ingente numero di banconote false, non solo in Italia, ma persino all’estero, che operava con notevole professionalità, in grado di provocare, dunque, un rilevantissirr o danno economico.
In modo del tutto logico il Tribunale ha rimarcato come la detta organizzazione fosse particolarmente pericolosa, tanto da aver proseguito nella sua attività criminosa nonostante i vari provvedimenti custodiali e di sequestro succedutisi nel corso delle indagini.
Ed ancora, sempre in modo lineare si è rimarcato come il Minauda avesse, nell’ambito dell’organizzazione, un ruolo particolarmente delicato e di rilievo, quello di custode delle banconote false: tanto si è (in modo del tutto logico) ritenuto che dimostrasse trattarsi di figura di primo piano, fiduciaria dell’organizzazione. A fronte di ciò, correttamente (secondo il Tribunale) le naturali paure per le indagini in corso non potevano considerarsi idoneo deterrente circa la reiterazione del reato.
Sempre in maniera congrua, il provvedimento impugnato ha attribuito un ruolo di primo piano all’odierno ricorrente in ragione del rilevantissimo numero dei reati fine nei quali lo stesso era stato coinvolto: ciò che ne conclamava la pericolosità, emergendo da ciò che egli fosse al costante servizio dell’associazione criminale.
Proprio l’elevatissima capacità delinquenziale del sodalizio e, dunque, il rilevante danno sociale prodotto dall’attività di smercio delle banconote false, secondo il logico pensiero del Tribunale del riesame, integrava le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza necessarie al riguardo, conformemente alla menzionata giurisprudenza della Suprema Corte.
Infine, i precedenti penali per falso e contrabbando sono stati logicamente ritenuti confermativi dell’elevata indole criminale del Minauda e della necessità che lo stesso fosse sottoposto a custodia cautelare carceraria.
A fronte di tale solido impianto motivazionale parte ricorrente contrappone una sua diversa valutazione, che, tuttavia, non è in grado di scalfire il provvedimento impugnato, che risulta motivato in modo logico, niente affatto carente o contraddittorio.
3.2. Analogo discorso va fatto per il secondo e terzo motivo, coi quali ci si lamenta della erronea ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i capi 12 e 13 dell’imputazione provvisoria: trattasi di doglianze manifestamente inammissibili, proponendo a questa Corte di operare una diversa valutazione di merito su di essi.
Anzitutto, deve dirsi che non si condivide quanto asserito dal Procuratore
Generale circa la carenza di interesse (non avendo parte ricorrente contestato il concorso in numerosi ulteriori reati fine).
Pur essendo noto l’orientamento citato dal Procuratore Generale, la Corte reputa di aderire a quello contrario, fatto proprio anche dalle sezioni unite di questa Corte. In particolare, è stato chiarito che:
«l’indagato ha interesse a ricorrere avverso un provvedimento restrittivo della libertà personale anche nel caso in cui il gravame sia limitato ad una sola delle imputazioni, poiché il venir meno del titolo della custodia anche se con riferimento esclusivo ad una delle accuse (nella specie, quella di concussione), pur senza incidere sull’assoggettamento del medesimo alla misura cautelare a causa del mantenimento del provvedimento restrittivo in relazione ad altro reato (nella specie, violenza carnale), rende meno gravosa la posizione difensiva e consente il riacquisto della libertà, nel caso in cui il titolo legittimante l’applicazione della misura venga meno, per un qualsiasi motivo, in ordine all’altro reato» (Sez. U, n. 7 del 11/05/1993, Rv. 193746; confronta, negli stessi termini, più recentemente Sez. 3, n. 16516 del 11/03/2021, Kasa, Rv. 281607; Sez. 1, n. 6212 del 16/12/2022, dep. 2023, non massimata).
Dunque, non si ritiene che il parziale venir meno del titolo cautelare possa dirsi privo di interesse.
Ciò detto, il Tribunale del riesame ha reso, al riguardo, una motivazione logica, con parte ricorrente neppure si confronta.
Invero, secondo il provvedimento impugnato, era chiaro, proprio da un’intercettazione del 14/4/2023, che il COGNOME parlasse (anche) del COGNOME (citato come uno dei sodali perquisiti) come parte della complessa organizzazione in questione che evidentemente agiva all’unisono. Tanto che il soggetto intercettato usa sempre il “noi” col suo interlocutore: “ci tengono sotto mira a tutti quanti”; “dobbiamo aspettare solo che ci vengono a prendere”; “ci dobbiamo togliere di mezzo”. Da tali frasi e dal certo (e neppure contestato) riferimento a “NOME” (COGNOME), il Tribunale ha logicamente desunto il concorso dei sodali (anche, oltre che nel delitto associativo) nei singoli reati fine.
Né parte ricorrente si confronta con l’ulteriore affermazione del Tribunale del riesame, laddove evidenzia che il COGNOME, correggendosi, nel febbraio 2023 afferma che il COGNOME facesse parte del sodalizio criminoso non da 2 mesi, ma da 4 o 5 mesi prima.
A fronte di tali dati (con cui parte ricorrente neppure si confronta, a ben vedere), la medesima parte introduce, in questa sede, tematiche squisitamente di merito, nell’inammissibile tentativo di ottenere una difforme valutazione
probatoria.
Ex art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria (nella misura in dispositivo, congrua in rapporto alle ragioni dell’inammissibilità ed all’attività processuale che la stessa ha determinato) a favore della cassa delle ammende (non ricorrendo l’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità: Corte Cost. n. 186/2000).
Trattandosi di provvedimento da cui non consegue la rimessione in libertà del detenuto, una sua copia va trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen. (ai sensi del comma 1-ter del medesimo articolo).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 27/9/2024
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