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Eccessività della pena: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava l’eccessività della pena. Secondo la Corte, la valutazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se adeguatamente motivata, specialmente quando la sanzione è fissata sui minimi edittali. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Eccessività della Pena: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il tema della giusta pena è centrale nel diritto penale. Tuttavia, una volta che i giudici di primo e secondo grado hanno stabilito una condanna, quali sono i limiti per contestarla davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente chiarisce che lamentare la mera eccessività della pena non è sufficiente per ottenere un riesame, soprattutto se la decisione del giudice è ben motivata.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato sia in primo grado che in appello per reati di evasione e false dichiarazioni, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. L’unico motivo di doglianza sollevato riguardava la presunta eccessività della sanzione penale inflittagli. L’imputato non contestava la sua colpevolezza o l’interpretazione delle norme, ma si concentrava esclusivamente sulla quantificazione della pena, ritenendola sproporzionata.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Eccessività della Pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma la blocca a un livello preliminare, ritenendola manifestamente infondata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. La Corte ha sottolineato che la proposizione di un ricorso senza valide basi legali comporta conseguenze economiche negative per chi lo presenta.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione dell’ordinanza si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza: la graduazione della pena è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito (cioè il giudice di primo grado e d’appello). Questo potere discrezionale non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che includono la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

La Corte di Cassazione, in qualità di giudice di legittimità, non ha il compito di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo ruolo è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la decisione sia supportata da una motivazione logica e non contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente giustificato la loro decisione sulla pena, facendo riferimento a elementi concreti del processo. Inoltre, la pena era stata fissata sui minimi edittali, rendendo la doglianza sull’eccessività ancora più debole.

Poiché il motivo del ricorso era manifestamente infondato e non consentito dalla legge in sede di legittimità, la Corte ne ha dichiarato l’inammissibilità. La condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta prevista dall’articolo 616 del codice di procedura penale, applicabile quando si ravvisa una colpa del ricorrente nell’aver intrapreso un’azione legale palesemente destinata al fallimento.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o le valutazioni discrezionali dei giudici. È un controllo di legalità. Contestare l’eccessività della pena è una strategia processuale con scarsissime probabilità di successo se non si è in grado di dimostrare un vizio di legge o un’assoluta mancanza di motivazione da parte del giudice di merito. La decisione serve da monito: un ricorso infondato non solo viene respinto, ma comporta anche costi significativi, sanzionando l’abuso dello strumento processuale.

È possibile ricorrere in Cassazione contestando solo l’eccessività della pena?
No, se il giudice di merito ha adeguatamente motivato la sua decisione. La Corte di Cassazione non riesamina la discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena, ma controlla solo la correttezza giuridica e la logicità della motivazione.

Cosa significa che la quantificazione della pena è una ‘discrezionalità del giudice’?
Significa che il giudice, entro i limiti minimi e massimi previsti dalla legge per un certo reato, ha il potere di stabilire la pena concreta basandosi su criteri specifici, come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato (artt. 132 e 133 c.p.).

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una sua colpa nel proporre il ricorso, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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