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Eccessività della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la presunta eccessività della pena. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla misura della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione è adeguata e conforme ai principi di legge. Il ricorso, essendo una mera ripetizione di motivi già respinti, è stato dichiarato manifestamente infondato.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Eccessività della pena: i limiti al ricorso in Cassazione

Quando una sentenza di condanna viene emessa, una delle contestazioni più comuni riguarda l’eccessività della pena inflitta. Tuttavia, è fondamentale comprendere i limiti entro cui tale doglianza può essere fatta valere, specialmente davanti alla Corte di Cassazione. Un’ordinanza recente ha ribadito un principio consolidato: non si può chiedere alla Cassazione di rivalutare la misura della pena decisa dal giudice di merito se quest’ultimo ha esercitato correttamente il suo potere discrezionale.

Il caso in esame

Un imputato, dopo essere stato condannato in Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione lamentando unicamente l’eccessività della pena applicata. Secondo la sua difesa, la sanzione era sproporzionata. È importante notare che gli stessi argomenti erano già stati presentati e respinti nel giudizio di secondo grado. La difesa, in sostanza, ha riproposto le medesime censure sperando in un esito diverso in sede di legittimità.

L’inammissibilità del ricorso per eccessività della pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa su un orientamento giurisprudenziale pacifico, secondo cui la determinazione della pena, inclusi gli aumenti per le aggravanti e le diminuzioni per le attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato nel rispetto dei criteri guida indicati dagli articoli 132 e 133 del Codice Penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.

Le motivazioni della Corte Suprema

La Corte ha spiegato che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo giudice’ del fatto, ma di un giudice di legittimità. Ciò significa che non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena. Il suo compito è verificare che la decisione sia stata presa nel rispetto della legge e che sia supportata da una motivazione logica e adeguata.
Nel caso specifico, i giudici di Cassazione hanno constatato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua, facendo riferimento a elementi specifici e rilevanti del processo (contenuti a pagina 3 della sentenza impugnata) per giustificare la pena inflitta. Di conseguenza, poiché il potere discrezionale era stato esercitato correttamente e la motivazione era presente e non manifestamente illogica, non vi era spazio per una censura in sede di legittimità. Riproporre gli stessi motivi già disattesi in appello rende il ricorso infondato in partenza.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: non è sufficiente lamentare un’eccessività della pena per ottenere una riforma della sentenza in Cassazione. È necessario dimostrare che il giudice di merito abbia violato la legge nell’applicare i criteri di commisurazione o che la sua motivazione sia palesemente illogica o assente. Un ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte, senza evidenziare vizi di legittimità, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Quando è possibile contestare l’eccessività della pena in Cassazione?
È possibile contestarla solo se si dimostra che il giudice di merito ha violato la legge nella determinazione della pena o ha fornito una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, non quando si contesta semplicemente la sua valutazione discrezionale.

Cosa significa che la graduazione della pena è un’attività discrezionale del giudice?
Significa che la legge affida al giudice il potere di decidere, entro un minimo e un massimo, l’esatta entità della pena da infliggere, basandosi su criteri come la gravità del reato e la personalità dell’imputato (artt. 132 e 133 c.p.).

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La conseguenza principale, come stabilito in questa ordinanza, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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