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Eccessività della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati che contestavano l’eccessività della pena inflitta. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito e non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o assente. In questo caso, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta adeguata, portando alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Eccessività della Pena: la Cassazione Fissa i Paletti per i Ricorsi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare chiarezza su un tema cruciale del diritto penale: i limiti entro cui è possibile contestare l’eccessività della pena inflitta. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati, ribadendo un principio fondamentale: la quantificazione della sanzione è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito.

I Fatti del Caso: un Ricorso Basato solo sulla Misura della Pena

Il caso trae origine dal ricorso presentato da due soggetti condannati dalla Corte d’Appello di una città del nord Italia. L’unica doglianza sollevata davanti alla Corte di Cassazione era relativa alla presunta eccessività della pena loro inflitta. Gli imputati, in sostanza, non contestavano la loro colpevolezza o l’iter processuale, ma chiedevano una riduzione della sanzione, ritenendola sproporzionata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto le istanze, dichiarando i ricorsi inammissibili. Questa decisione non entra nel merito della congruità della pena, ma si ferma a un livello procedurale, affermando che il motivo addotto dai ricorrenti non è consentito dalla legge in sede di legittimità. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione: Discrezionalità e Limiti al Sindacato sulla Pena

Il cuore dell’ordinanza risiede nelle sue motivazioni, che si allineano a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La Corte spiega perché un ricorso basato sulla mera eccessività della pena è destinato a fallire.

Il Potere Discrezionale del Giudice di Merito

La graduazione della pena, come specificato dagli articoli 132 e 133 del codice penale, è un’attività che appartiene alla sfera di discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). È questo giudice che, avendo analizzato le prove e i fatti, è nella posizione migliore per valutare tutti gli elementi rilevanti: la gravità del reato, la capacità a delinquere del reo, le circostanze aggravanti e attenuanti. La Corte di Cassazione, in qualità di giudice di legittimità, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

I Limiti del Giudizio di Legittimità

Il ruolo della Cassazione non è quello di un “terzo grado” di giudizio dove si riesaminano i fatti. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Pertanto, può sindacare la determinazione della pena solo in casi eccezionali, ovvero quando la motivazione del giudice di merito è:

* Assente: il giudice non ha fornito alcuna spiegazione per la pena inflitta.
* Manifestamente illogica: il ragionamento seguito è palesemente contraddittorio o irragionevole.

Nel caso in esame, la Corte ha rilevato che la sentenza d’appello aveva fornito una motivazione “congrua e priva di illogicità” per giustificare sia la pena base sia la mancata concessione di un’ulteriore riduzione, assolvendo così al proprio onere argomentativo.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Per gli avvocati e gli imputati, ciò significa che un ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi di legge o difetti di motivazione gravi e palesi. Lamentare genericamente che la pena è “troppo alta”, senza individuare una specifica violazione di legge o un’irragionevolezza manifesta nel percorso logico del giudice, equivale a presentare un ricorso privo di fondamento e destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna alle spese.

È possibile ricorrere in Cassazione lamentando solo che la pena è troppo alta?
No, secondo l’ordinanza, un motivo di ricorso che contesta unicamente l’eccessività della pena non è consentito in sede di legittimità e viene considerato manifestamente infondato.

Chi decide la giusta misura della pena?
La graduazione della pena, inclusa la valutazione di aumenti e diminuzioni, rientra nella discrezionalità del giudice di merito (giudice di primo grado o di appello), il quale deve esercitare tale potere in aderenza ai principi degli artt. 132 e 133 del codice penale.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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