Eccessività della Pena: La Cassazione Stabilisce i Limiti del Ricorso
Quando una pena viene percepita come ingiusta, la prima reazione è quella di contestarla. Tuttavia, la recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini precisi entro cui è possibile discutere l’eccessività della pena nel nostro sistema giudiziario, ribadendo un principio fondamentale della procedura penale.
I Fatti del Caso in Analisi
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’unico motivo di doglianza sollevato dal ricorrente riguardava la presunta eccessività della sanzione penale che gli era stata inflitta. L’imputato, in sostanza, non contestava la sua colpevolezza, ma riteneva che i giudici d’appello avessero applicato una pena sproporzionata rispetto alla gravità del fatto commesso.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’Eccessività della Pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale: la valutazione della congruità della pena, nota come “graduazione della pena”, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il giudice di legittimità, ovvero la Cassazione, non ha il potere di riesaminare questa valutazione, ma solo di verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia fornito una motivazione logica e coerente alla sua decisione.
Il Ruolo della Discrezionalità Giudiziale
La Corte ha sottolineato che il giudice di merito esercita il suo potere discrezionale nel rispetto dei principi sanciti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Questi articoli guidano il giudice nella commisurazione della pena, tenendo conto di elementi come la gravità del reato, la capacità a delinquere del colpevole, e le circostanze aggravanti o attenuanti. Una volta che tale valutazione è stata compiuta e adeguatamente motivata, non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione semplicemente perché la difesa la ritiene troppo severa.
Le motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte sono state chiare e dirette. In primo luogo, il motivo di ricorso relativo alla mera eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità. In secondo luogo, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato, poiché la giurisprudenza è unanime nel riconoscere l’ampia discrezionalità del giudice di merito in materia. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente adempiuto al suo onere di motivazione, facendo riferimento a elementi decisivi presenti nella sentenza impugnata. Anzi, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse già applicato una pena prossima ai minimi previsti dalla legge, concedendo persino la massima riduzione possibile per l’ipotesi di reato tentato. Di fronte a una motivazione così solida e a una pena già contenuta, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza un principio cardine del nostro ordinamento: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non un terzo grado di merito. Contestare l’entità di una pena senza individuare specifici vizi di legge o palesi illogicità nella motivazione del giudice è una strategia destinata al fallimento. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a ulteriore monito dell’infondatezza del suo ricorso.
È possibile ricorrere in Cassazione sostenendo unicamente che la pena inflitta è troppo alta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un motivo di ricorso basato unicamente sulla contestazione dell’eccessività della pena non è consentito in sede di legittimità, in quanto la valutazione dell’entità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito.
Cosa significa che la determinazione della pena è una ‘discrezionalità del giudice di merito’?
Significa che il giudice di primo e secondo grado ha il potere di stabilire l’entità della pena (la sua ‘graduazione’) basandosi sui principi degli articoli 132 e 133 del codice penale, valutando le circostanze del reato e la personalità dell’imputato. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11415 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11415 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
• GLYPH
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 3 della sentenza impugnata);
considerato che sul motivo relativo alla eccessività della pena non è ammesso l’esame in quanto la Corte d’appello ne dà atto nella esposizione dei motivi e poi perviene comunque ad una pena prossima ai minimi edittali applicando, peraltro, la riduzione massima stabilita per il tentativo;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2024
Il Consigliere Estensore
Il Presidìte