Eccessività della Pena: La Cassazione Conferma la Condanna
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema ricorrente nei processi penali: il motivo di ricorso basato sulla presunta eccessività della pena. Con una decisione netta, la Suprema Corte chiarisce i limiti di tale doglianza, soprattutto quando la pena inflitta è stata adeguatamente motivata dal giudice di merito. Il caso riguarda un ricorso contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale, in cui la difesa sosteneva che la sanzione fosse sproporzionata.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato per il reato di cui all’art. 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale), ha presentato ricorso per Cassazione. L’unico motivo di impugnazione era la denuncia di un’eccessiva severità della pena comminata dalla Corte d’Appello. Secondo la difesa, la sanzione era ingiustificatamente superiore al minimo previsto dalla legge.
L’Analisi della Corte: Eccessività della Pena e Motivazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione della motivazione addotta dalla Corte territoriale. I giudici di secondo grado avevano giustificato la loro scelta di discostarsi leggermente dal minimo edittale sulla base di due elementi chiave:
1. La gravità del fatto: Il reato di resistenza non era stato un episodio isolato, ma era stato commesso in sequenza rispetto a un altro reato, quello di furto. Questa circostanza ha aggravato la valutazione complessiva della condotta.
2. La personalità dell’imputato: L’imputato presentava una ‘personalità negativa’, un giudizio basato sulla presenza di precedenti penali a suo carico.
Secondo la Cassazione, queste argomentazioni sono state corrette e sufficienti a giustificare la pena inflitta, rendendo l’impugnazione priva di fondamento.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudice di merito ha un potere discrezionale nella determinazione della pena, che deve essere esercitato tra il minimo e il massimo edittale. Tale potere non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica, coerente e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha correttamente valorizzato elementi concreti (la connessione con un altro reato e i precedenti) per modulare la sanzione. Pertanto, la lamentela sulla eccessività della pena si è rivelata un tentativo infruttuoso di ottenere una nuova valutazione del merito, attività preclusa alla Corte di Cassazione. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: un ricorso basato esclusivamente sulla lamentata eccessività della pena ha scarse probabilità di successo se il giudice di merito ha fornito una motivazione, anche sintetica, ma ancorata a elementi specifici e pertinenti. La gravità concreta del reato e la storia criminale dell’imputato sono fattori che legittimamente consentono al giudice di irrogare una pena superiore al minimo, senza che ciò possa essere censurato dalla Corte di Cassazione.
Quando un ricorso per eccessività della pena è considerato inammissibile?
Un ricorso basato sull’eccessività della pena è dichiarato inammissibile quando la sentenza impugnata contiene una motivazione logica e coerente che giustifica la sanzione inflitta, basandosi su elementi concreti come la gravità del fatto o la personalità dell’imputato.
Quali elementi possono giustificare una pena superiore al minimo edittale?
Secondo questa ordinanza, elementi come la gravità del fatto (ad esempio, se commesso in sequenza con un altro reato come il furto) e la personalità negativa dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali, sono fattori sufficienti a giustificare una pena superiore al minimo legale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5567 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5567 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME; sentite le parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che denuncia l’eccessività della pena in relazione alla condanna per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. è manifestamente infondato a stregua delle corrette argomentazioni con le quali la Corte ha disatteso la richiesta di riduzione della pena, determinata in misura leggermente superiore al minimo edittale, valorizzando la gravità del fatto, perché commesso in sequenza rispetto al reato di furto, e la negativa personalità dell’imputato, gravato di precedenti penali;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 gennaio 2024
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