Eccessività della Pena: La Cassazione Conferma la Condanna per Resistenza a Pubblico Ufficiale
L’ordinanza n. 5560 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui criteri di valutazione dell’eccessività della pena. Il caso esaminato riguarda un ricorso presentato da un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale, il quale lamentava una sanzione sproporzionata. La Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e confermando la decisione dei giudici di merito.
I Fatti di Causa
La vicenda ha origine durante un controllo di routine a bordo di un treno. Un individuo, alla richiesta di esibire il documento di viaggio, ha reagito con un’escalation di aggressività nei confronti del controllore. La situazione è degenerata al punto che l’imputato ha brandito una bottiglia di vetro in modo minaccioso. Per questo comportamento, è stato condannato per il reato di cui all’art. 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale). In sede di appello, la pena era stata determinata in una misura leggermente superiore al minimo edittale previsto dalla legge.
Il Ricorso per Eccessività della Pena
L’unico motivo di ricorso presentato alla Corte di Cassazione si concentrava sull’asserita eccessività della pena. La difesa sosteneva che la sanzione fosse sproporzionata rispetto alla reale entità del fatto commesso. Tuttavia, per la Suprema Corte, questa doglianza non ha trovato fondamento.
La valutazione della congruità della pena è un compito demandato primariamente al giudice di merito, il quale deve motivare la propria decisione tenendo conto di specifici parametri. Il sindacato della Cassazione su questo punto è limitato alla verifica della logicità e coerenza della motivazione, senza poter entrare nel merito della quantificazione stessa della pena.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condividendo pienamente le argomentazioni della Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che la pena, seppur leggermente superiore al minimo, era stata giustificata in modo logico e coerente. In particolare, sono stati valorizzati due elementi cruciali:
1.  La gravità del fatto: La condotta dell’imputato è stata descritta come un ‘crescendo di aggressività’. La minaccia, attuata brandendo una bottiglia di vetro, è stata considerata sproporzionata e particolarmente grave, data la circostanza (un controllo di documenti su un mezzo pubblico) e il contesto.
2.  La personalità dell’imputato: È stata considerata la ‘negativa personalità’ del soggetto, desunta dalla presenza di precedenti penali. Questo elemento, previsto dalla legge come criterio per la commisurazione della pena, indica una maggiore pericolosità sociale o una tendenza a delinquere, giustificando una sanzione più severa rispetto a un incensurato.
Di conseguenza, la Corte ha concluso che la richiesta di riduzione della pena era manifestamente infondata. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: un ricorso basato esclusivamente sulla presunta eccessività della pena ha scarse probabilità di successo se la decisione del giudice di merito è supportata da una motivazione logica e aderente ai fatti. La gravità concreta del comportamento e la personalità dell’imputato, inclusi i suoi precedenti, sono fattori determinanti che possono legittimamente portare a una pena superiore al minimo edittale. La decisione sottolinea come il potere discrezionale del giudice nella quantificazione della pena, se correttamente esercitato e motivato, non sia censurabile in sede di legittimità.
 
Quando un ricorso per eccessività della pena viene considerato infondato?
Un ricorso è considerato manifestamente infondato quando i giudici di merito hanno correttamente motivato la quantificazione della pena, basandosi su argomentazioni logiche e coerenti con i fatti, come la gravità della condotta e la personalità dell’imputato.
Quali elementi valuta il giudice per determinare la giusta pena?
Il giudice valuta diversi elementi, tra cui la gravità del fatto (le modalità dell’azione, l’intensità del dolo o della colpa), e la personalità del reo, desumibile anche dai suoi precedenti penali e dal suo comportamento processuale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La condanna impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5560 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5560  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME; sentite le parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che denuncia l’eccessività della pena in relazione alla condanna per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. è manifestamente infondato a stregua delle corrette argomentazioni con le quali la Corte ha disatteso la richiesta di riduzione della pena, determinata in misura leggermente superiore al minimo edittale, valorizzando la gravità del fatto, perché commesso in un crescendo di aggressività, con minaccia sproporzionata alle circostanze concrete e all’occasione del controllo (la richiesta dei documenti di viaggio a bordo di un treno, brandendo una bottiglia di vetro contro il verbalizzante) e la negativa personalità dell’imputato, gravato di precedenti penali;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 gennaio 2024
Il Consigliere rel tore
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