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Durata massima misura di sicurezza: il calcolo corretto

La Corte di Cassazione chiarisce come determinare la durata massima misura di sicurezza per un delinquente abituale. La Corte ha rigettato il ricorso di un condannato, stabilendo che il limite massimo va calcolato con riferimento alla pena edittale del reato più grave tra quelli che fondano la dichiarazione di abitualità, anche se per quel reato non era stata applicata alcuna misura di sicurezza. Questa interpretazione, basata sul principio di assorbimento, è stata ritenuta coerente con il sistema e più favorevole rispetto a un cumulo materiale.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Durata massima misura di sicurezza: come si calcola per il delinquente abituale?

La definizione della durata massima misura di sicurezza rappresenta un punto di equilibrio cruciale tra la necessità di proteggere la società dalla pericolosità di un individuo e la tutela della libertà personale di quest’ultimo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso, chiarendo i criteri per calcolare tale durata quando viene applicata a un soggetto dichiarato ‘delinquente abituale’. La pronuncia offre importanti spunti interpretativi sull’applicazione del cosiddetto ‘principio di assorbimento’ in relazione ai reati che fondano la dichiarazione di abitualità.

I Fatti del Caso: La Dichiarazione di Abitualità

Il caso riguarda un individuo internato in una colonia agricola a seguito dell’applicazione di una misura di sicurezza detentiva. Tale misura era stata disposta dopo che l’uomo era stato dichiarato delinquente abituale in conseguenza di una condanna per furto aggravato. Successivamente, il Magistrato di sorveglianza aveva prorogato la misura per un ulteriore anno, confermando la sua pericolosità sociale.

Il fulcro della controversia legale è emerso quando la difesa ha contestato il calcolo della durata massima della misura. Secondo i legali, il limite temporale avrebbe dovuto essere calcolato sulla base della pena massima prevista per il furto aggravato (sei anni), ovvero il reato che aveva direttamente portato alla dichiarazione di abitualità. Il Tribunale di sorveglianza, invece, aveva fissato il limite massimo a venti anni, facendo riferimento a due precedenti e più gravi condanne per rapina aggravata presenti nel casellario giudiziale del condannato, condanne che, pur contribuendo a fondare il giudizio di abitualità, non avevano comportato l’applicazione di una misura di sicurezza al tempo della loro pronuncia.

La questione sulla durata massima misura di sicurezza

La difesa ha sostenuto che l’interpretazione del Tribunale violasse la normativa di riferimento (art. 1, comma 1-quater, d.l. n. 52 del 2014), la quale lega la durata massima della misura alla pena prevista ‘per il reato commesso’. Secondo questa tesi, il ‘reato commesso’ dovrebbe essere unicamente quello per cui la misura è stata concretamente applicata.

Di contro, la tesi accolta dai giudici di merito si fonda su un’interpretazione sistematica. La dichiarazione di delinquenza abituale non deriva da un singolo reato, ma da una valutazione complessiva della storia criminale del soggetto. Pertanto, nel determinare il limite massimo della misura, è necessario considerare l’intera fattispecie complessa che giustifica il giudizio di pericolosità. In quest’ottica, si applica il principio di assorbimento previsto dall’art. 209 del codice penale, secondo cui, in caso di più reati che comporterebbero l’applicazione di misure della stessa specie, si ordina una sola misura, quella relativa al reato più grave. Questo criterio, secondo i giudici, risulta più favorevole al condannato rispetto a un cumulo materiale dei periodi massimi di tutte le condanne.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la correttezza del ragionamento del Tribunale di sorveglianza. I giudici supremi hanno chiarito che, quando l’applicazione di una misura di sicurezza consegue a una dichiarazione di delinquenza abituale, il limite di durata massima deve essere individuato nel massimo edittale previsto per il delitto più grave tra quelli che hanno fondato tale dichiarazione.

La Corte ha specificato che la dichiarazione di abitualità presuppone la commissione di più reati. È l’insieme di queste condotte che fonda la probabilità di nuove azioni criminali. La lettura delle norme deve essere coerente con il sistema: l’art. 205 del codice penale consente di ordinare le misure di sicurezza anche con un provvedimento successivo alla sentenza di condanna. Di conseguenza, è del tutto logico che il calcolo della durata massima faccia riferimento alla pena prevista per un reato precedente e più grave, anche se per quella specifica condanna non era stata applicata una misura di sicurezza.

L’interpretazione basata sul criterio del delitto più grave è stata considerata preferibile per ragioni sistematiche e perché più favorevole al reo rispetto a un cumulo che potrebbe portare a una durata indeterminata. La Corte ha inoltre ribadito che, anche nei casi di abitualità presunta, il giudice ha sempre l’obbligo di accertare l’attualità e la concretezza della pericolosità sociale del soggetto, escludendo qualsiasi automatismo.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza stabilisce un principio di diritto chiaro: per calcolare la durata massima misura di sicurezza applicata a un delinquente abituale, si deve fare riferimento alla pena massima prevista per il reato più grave tra tutti quelli che hanno contribuito a determinare la dichiarazione di abitualità. Questa decisione consolida un’interpretazione che bilancia l’esigenza di contenimento della pericolosità sociale con i principi di proporzionalità e di garanzia della libertà personale, sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Come si calcola la durata massima di una misura di sicurezza per un delinquente abituale?
La durata massima si calcola in base al massimo della pena edittale prevista per il delitto più grave tra quelli che hanno portato alla dichiarazione di delinquenza abituale.

È necessario che per il reato più grave sia stata applicata una misura di sicurezza affinché possa essere usato come riferimento per la durata massima?
No. La sentenza chiarisce che il reato più grave funge da riferimento per il calcolo della durata massima anche se, in relazione a quella specifica condanna, non era stata applicata alcuna misura di sicurezza.

La dichiarazione di ‘delinquente abituale’ implica automaticamente una valutazione di attuale pericolosità sociale?
No. La Corte ribadisce che, anche nei casi di abitualità presunta dalla legge, il giudice deve sempre accertare in concreto l’attuale pericolosità sociale del soggetto per poter applicare o prorogare una misura di sicurezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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