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Durata indagini reato permanente: nuova iscrizione

La Corte di Cassazione ha affrontato il tema della durata indagini reato permanente. Un indagato per associazione di tipo mafioso sosteneva l’inutilizzabilità delle prove raccolte oltre il termine biennale delle indagini, facilitate da una seconda iscrizione della notizia di reato. La Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che se la condotta criminale di un reato permanente prosegue dopo la scadenza del primo termine di indagine, il Pubblico Ministero può legittimamente procedere a una nuova iscrizione per il segmento di condotta successivo, avviando un nuovo periodo di indagini senza violare le garanzie difensive.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Durata Indagini Reato Permanente: Legittima la Nuova Iscrizione se la Condotta Prosegue

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44502/2024, ha fornito un chiarimento fondamentale sulla durata indagini reato permanente, come l’associazione di tipo mafioso. La pronuncia stabilisce che, se la condotta illecita prosegue anche dopo la scadenza del termine massimo delle indagini preliminari, è legittimo per il Pubblico Ministero procedere con una nuova iscrizione della notizia di reato per il periodo successivo. Questa decisione bilancia le esigenze investigative con le garanzie difensive.

I fatti del caso

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Palermo nei confronti di un soggetto indagato per i reati di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) e scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.). L’indagato era accusato di essere un promotore e organizzatore di una famiglia mafiosa locale.

La difesa ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, sollevando una questione di natura procedurale: l’inutilizzabilità degli atti di indagine. Secondo il ricorrente, la prima iscrizione nel registro degli indagati risaliva all’ottobre 2019. Le indagini, comprensive di intercettazioni, si erano protratte per due anni, fino all’ottobre 2021, raggiungendo il termine massimo previsto dall’art. 407 del codice di procedura penale. Tuttavia, invece di concludere le indagini, il Pubblico Ministero aveva effettuato una nuova iscrizione per un reato analogo, di fatto avviando un secondo biennio di attività investigativa. La difesa sosteneva che tale stratagemma fosse illegittimo e volto a eludere i termini perentori di legge, rendendo inutilizzabili tutti gli elementi raccolti dopo la scadenza del primo biennio.

La questione di diritto sulla durata indagini reato permanente

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione delle norme sulla durata indagini reato permanente. Può il Pubblico Ministero, di fronte a una condotta criminosa che si protrae nel tempo, superare il limite massimo biennale delle indagini avviando un nuovo procedimento per lo stesso reato?

La difesa ha sostenuto che la duplicazione dell’iscrizione fosse un atto elusivo, volto a ottenere un prolungamento illegittimo delle investigazioni. Questa pratica, secondo il ricorrente, avrebbe violato le garanzie fondamentali dell’indagato, rendendo le prove raccolte nel secondo periodo del tutto inutilizzabili e, di conseguenza, nullo il provvedimento cautelare che su di esse si fondava.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e fornendo una motivazione chiara e strutturata. I giudici hanno affermato un principio di diritto cruciale: la disciplina sui termini massimi delle indagini, pur essendo una garanzia ineludibile per l’indagato, deve essere contemperata con la natura specifica del reato permanente.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il termine biennale previsto dall’art. 407 c.p.p. non può essere superato per un determinato segmento temporale di condotta. Tuttavia, ciò non impedisce di indagare su segmenti successivi dello stesso reato. Se, dopo la scadenza del primo termine, emergono nuove prove che la condotta illecita sta continuando, questi nuovi fatti costituiscono una nuova notizia di reato.

Di conseguenza, il Pubblico Ministero non solo può, ma deve procedere a una nuova iscrizione. Questa non è una mera “duplicazione” o un “aggiornamento” della precedente, ma l’avvio di un’indagine su un fatto-reato successivo, sebbene collegato al primo. Tale nuova iscrizione determina un nuovo dies a quo (data di inizio) per il calcolo della durata delle indagini relative a quel nuovo periodo di condotta.

Secondo la Corte, una soluzione contraria porterebbe a conseguenze paradossali: il P.M. sarebbe costretto a chiudere la prima indagine e ad aprirne una completamente nuova e separata, per poi tentare di riunire i procedimenti in un secondo momento. La via della nuova iscrizione per la condotta successiva è, invece, compatibile con i principi del codice di rito e garantisce che nessuna porzione della condotta criminale permanente rimanga impunita per mere ragioni procedurali.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante orientamento giurisprudenziale sulla durata indagini reato permanente. La Corte Suprema ha chiarito che il divieto di superare i termini massimi di indagine non crea una zona di immunità per chi prosegue nella condotta criminosa. Quando l’attività illecita di un reato permanente si estende oltre la scadenza del termine di indagine, il Pubblico Ministero ha il potere di avviare un nuovo ciclo investigativo attraverso una nuova iscrizione. Questa decisione rappresenta un punto di equilibrio tra la necessità di condurre indagini complesse e approfondite e il diritto dell’indagato a non essere sottoposto a investigazioni a tempo indeterminato.

È possibile estendere la durata delle indagini preliminari per un reato permanente oltre il termine massimo di legge?
No, non è possibile estendere il termine massimo di indagine (generalmente due anni) per un determinato segmento temporale della condotta. Tuttavia, è possibile avviare un nuovo periodo di indagine per la parte di condotta che prosegue dopo la scadenza del primo termine.

Se la condotta di un reato permanente prosegue dopo la scadenza del termine delle indagini, quali strumenti ha il Pubblico Ministero?
Il Pubblico Ministero può e deve procedere a una nuova iscrizione della notizia di reato nel registro degli indagati. Questa nuova iscrizione riguarda il segmento di condotta successivo alla scadenza del primo termine e fa decorrere un nuovo e autonomo periodo per le indagini preliminari.

Gli atti di indagine compiuti in un secondo biennio, avviato con una nuova iscrizione per lo stesso reato permanente, sono utilizzabili?
Sì, secondo la Corte di Cassazione sono pienamente utilizzabili. La nuova iscrizione è legittima quando si basa su elementi che dimostrano il protrarsi della condotta criminosa oltre la scadenza del primo termine, configurando così un fatto-reato successivo che giustifica un nuovo ciclo investigativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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