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Durata DASPO: motivazione essenziale per la convalida

La Corte di Cassazione ha annullato parzialmente un’ordinanza di convalida di un DASPO della durata di cinque anni. Sebbene il provvedimento fosse legittimo nei suoi presupposti, la Corte ha ritenuto che la sua durata massima non fosse sorretta da una motivazione adeguata e specifica, ma solo da una generica ‘clausola di stile’. La mancanza di una giustificazione sulla congruità della durata del DASPO ha portato all’annullamento con rinvio per una nuova valutazione sul punto.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Durata DASPO: Quando la Motivazione Fa la Differenza

L’applicazione di misure preventive come il DASPO richiede un delicato bilanciamento tra la necessità di tutelare l’ordine pubblico e la salvaguardia delle libertà personali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: non basta giustificare l’applicazione della misura, ma è indispensabile motivare in modo specifico e puntuale anche la sua durata. Analizziamo insieme questo caso per comprendere le implicazioni di tale principio sulla durata del DASPO.

I Fatti del Caso: Dalla Violenza allo Stadio al Ricorso

Il caso ha origine da un provvedimento di DASPO emesso dal Questore nei confronti di un tifoso, ritenuto responsabile di aver partecipato attivamente a due risse e di aver colpito con un calcio l’autovettura di alcuni tifosi della squadra ospite. Sulla base di questi eventi, documentati da immagini fotografiche, il Questore disponeva un divieto di accesso a stadi e impianti sportivi per la durata di cinque anni, con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in occasione delle partite.

Il G.i.p. del Tribunale competente convalidava il provvedimento. L’interessato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando tre vizi di motivazione nell’ordinanza di convalida.

I Motivi del Ricorso: Una Difesa a Tre Punte

La difesa del ricorrente si articolava su tre critiche principali:

1. Utilizzo parziale delle prove: Il G.i.p. si sarebbe basato solo su alcuni fotogrammi estrapolati e non sul video completo degli scontri.
2. Mancanza di urgenza: Il provvedimento era stato emesso a distanza di cinquanta giorni dai fatti, senza che nel frattempo si fossero verificati altri episodi illeciti, mettendo in dubbio la necessità e l’urgenza della misura.
3. Eccessività della sanzione: La durata del DASPO, fissata nel massimo di legge (cinque anni), appariva sproporzionata per un soggetto incensurato, il cui gesto violento era stato diretto contro un oggetto e non aveva causato un coinvolgimento diretto di persone.

La Decisione della Cassazione e la Questione della Durata del DASPO

La Corte di Cassazione ha esaminato attentamente i tre motivi, respingendo i primi due ma accogliendo il terzo, quello relativo alla congruità della durata della misura.

I giudici hanno ritenuto inammissibile il primo motivo, poiché il ricorrente non aveva contestato la genuinità delle fotografie né la loro capacità di identificarlo in modo univoco. Hanno respinto anche il secondo motivo, chiarendo che la pericolosità del soggetto era stata correttamente valutata sulla base della gravità delle condotte violente, a prescindere dal tempo trascorso.

Il punto cruciale della sentenza risiede nell’accoglimento del terzo motivo. La Corte ha infatti rilevato che l’ordinanza di convalida del G.i.p. mancava completamente di una motivazione specifica sulla congruità della durata del DASPO.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha stabilito che, a fronte di una misura così lunga e non prossima al minimo edittale, non è sufficiente utilizzare una mera ‘clausola di stile’. L’affermazione secondo cui le prescrizioni sono ‘proporzionate alla gravità del fatto commesso e idonee a prevenire ulteriori episodi di violenza’ è stata giudicata una formula generica, incapace di giustificare la scelta di applicare la sanzione nella sua massima estensione. In altre parole, il giudice della convalida ha l’obbligo di esplicitare le ragioni per cui ritiene che una determinata durata, e non una più breve, sia adeguata al caso specifico, tenendo conto della gravità dei fatti, della personalità del soggetto e della finalità preventiva della misura.

Le conclusioni

La sentenza annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla durata delle prescrizioni imposte, rinviando il caso a un nuovo giudizio. Questa decisione ha un’importante implicazione pratica: rafforza le garanzie per il cittadino, imponendo all’autorità giudiziaria un onere motivazionale più stringente. Non è sufficiente accertare la pericolosità di un soggetto per applicare il DASPO; è necessario anche calibrare e giustificare in modo puntuale la durata della restrizione alla libertà personale, assicurando che essa sia sempre proporzionata e mai arbitraria. I provvedimenti futuri dovranno quindi contenere un’analisi dettagliata che leghi la durata scelta alle specifiche circostanze del caso concreto.

È sufficiente basarsi su fotogrammi per convalidare un DASPO?
Sì, secondo la sentenza è sufficiente se i fotogrammi non vengono contestati nella loro genuinità e se sono idonei a identificare in modo univoco l’autore della condotta illecita, anche in assenza del video completo degli eventi.

Perché la Corte ha annullato la durata del DASPO ma non il provvedimento in sé?
Perché ha ritenuto che i presupposti per l’emissione del DASPO (la pericolosità del soggetto dimostrata dalle sue azioni violente) fossero validi e correttamente accertati. Tuttavia, la motivazione fornita dal G.i.p. era insufficiente a giustificare la scelta di applicare la misura per la durata massima di cinque anni, essendo basata su una formula generica e non su una valutazione specifica del caso.

Cosa si intende per ‘clausola di stile’ in una motivazione?
Si intende una frase standard e generica, come ‘provvedimento proporzionato alla gravità del fatto’, che non contiene un’analisi concreta e specifica delle circostanze del caso. La Corte ha stabilito che una tale clausola non è sufficiente a motivare la durata di una misura restrittiva della libertà personale come il DASPO, specialmente quando questa è fissata al massimo previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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