Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30614 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30614 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Guardavalle il 14/02/1972
avverso la ordinanza del 10/04/2025 del Tribunale di Reggio Calabria lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la .ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la ordinanza emessa in data 5 marzo 2025 dalla Corte di appello di Reggio Calabria con la quale era stata rìgettata l’istanza di perdita di efficacia della misura cautelare della custodia i carcere o , in subordine, la sua revoca o sostituzione con altra meno afflittiva.
Avverso la ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione í difensori dell’imputato deducendo con unico motivo, vizio cumulativo della motivazione in relazione agli artt. 275 e 303 cod. proc. pen.
2.1. Erroneamente è stata ritenuta l’irrevocabilità della sentenza in relazione alla aggravante di cui al comma 1 dell’art. 80 d.P.R. n. 309/90, avendo la Corte di cassazione annullato la sentenza in relazione a tale aggravante in quanto erroneamente attribuita al ricorrente. Cosicché il termine massimo di durata della custodia cautelare si deve commisurare nel termine di quatto anni, oltre le sospensioni. A tal riguardo la Corte compie un ulteriore errore citando una sospensione disposta in data 01/07/2022 per un periodo pari a giorni 362, senza indicare chi e per quale ragione tale sospensione è stata disposta. Trattandosi di un periodo in cui il fascicolo si trovata in grado di appello, verosimilmente trattasi di sospensione dei termini disposta dal Giudice di secondo grado che, però non andava computata in aggiunta al termine massimo, ma solo in quello precedente di fase. Così, esclusa la irrevocabilità della sentenza in relazione all’aggravante e il predetto periodo di sospensione, al termine di quattro anni devono essere aggiunti 360 giorni per le sospensioni durante il periodo di redazione delle sentenza, a far data dal novembre 2019.
2.2. Quanto alle esigenze cautelarì, il Giudici della cautela non hanno considerato che la originaria misura era stata applicata anche per il reato associativo e per aver agevolato la consorteria dei COGNOME , elementi entrambi esclusi dalla precedente sentenza di secondo grado.
Inoltre, erroneamente non è stato considerato il decorso di otto anni dai fatti contestati in sentenza e in assenza di elementi per ritenere attuali e concrete le esigenze cautelari.
In assenza di istanza di trattazione orale il Procuratore generale ha concluso con requisitoria scritta come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere respinto.
L’imputato è stato sottoposto a custodia in carcere a seguito di ordinanza del 18 novembre 2019 in relazione al reato associativo sub 2 (Art. 74 d.P.R. n. 309/90) e 15)(art. 73 d.P.R. n. 309/90), sulla quale è intervenuto il giudicato cautelare. A seguito del giudizio di appello l’imputato è stato condannato per il solo reato di cui al capo 15 ad anni otto e mesi otto di reclusione.
Il provvedimento impugnato, dopo aver rilevato che non risultano censure in appello cautelare sul rigetto della dedotta perdita di efficacia della misura cautelare, assume che – in ogni caso – dovendosi considerare l’aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 309/90 – secondo l’ordinanza non contestata né dalla Cassazione né dalla difesa – considerato il termine massimo di sei anni, al quale vanno aggiunte le intervenute sospensioni dei termini (360 + 362 gg.), scade il 20 novembre 2027. Osserva, inoltre, che anche qualora si dovesse condividere l’assunto difensivo che fa riferimento al termine massimo di quattro anni, tenuto conto delle sospensioni dì cui sopra, la scadenza sì verificherebbe il 20 novembre 2025.
Il primo motivo è infondato, trattandosi di un annullamento con rinvio in ordine alla aggravante ex art. 80 D.P.R. n. 309/90 che non incide sui termini di durata della custodia cautelare, correttamente individuata nel massimo di sei anni che, quindi, non risulta comunque decorso.
Quanto alle esigenze cautelari, la censura è genericamente proposta in fatto rispetto alla ampia motivazione sulla perdurante concretezza e attualità del pericolo cautelare (v. pg. e sg.), giudizio con il quale il ricorrente non si confronta
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Devono essere dìspostì gli adempimenti di Cancelleria di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui
. all’art. 94, comma disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 08/07/2025.