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Duplicazione del profitto: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro un sequestro preventivo per reati fiscali, chiarendo il concetto di duplicazione del profitto. La Corte ha stabilito che non vi è duplicazione quando due società, coinvolte in un’operazione fraudolenta a triangolazione, ottengono ciascuna un proprio e distinto profitto illecito, consistente nel risparmio d’imposta derivante dall’indebita detrazione IVA. Il ricorso di un indagato è stato invece dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo la sua posizione stata archiviata.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Duplicazione del Profitto Illecito: Quando il Sequestro su Più Società è Legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18810/2025, offre un importante chiarimento sul tema della duplicazione del profitto nei reati fiscali. La decisione analizza un caso complesso di frode IVA basato su un meccanismo di triangolazione societaria, stabilendo principi chiari sulla legittimità del sequestro preventivo eseguito nei confronti di più entità coinvolte. La questione centrale è stabilire se il profitto del reato sia unico o se ogni società possa generare un proprio, autonomo vantaggio illecito.

I Fatti di Causa: Un Complesso Schema Societario

La vicenda giudiziaria nasce da un’indagine su un presunto schema fraudolento. Una società committente (chiamiamola Società B) stipulava contratti di appalto con un’altra società (Società A), la quale, a sua volta, subappaltava i servizi a una terza entità (Società C). Secondo l’accusa, questo schema celava una fornitura illecita di manodopera, realizzata attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.

Sia la Società A che la Società B utilizzavano queste fatture per detrarre indebitamente l’IVA, generando un significativo risparmio fiscale. Di conseguenza, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva un sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato, quantificato in oltre 3 milioni di euro, a carico della Società A e, in via sussidiaria, dei suoi amministratori. Gli indagati impugnavano il provvedimento, lamentando, tra le altre cose, un’errata quantificazione e un’indebita duplicazione del profitto, sostenendo che il vantaggio economico fosse unico e già sequestrato presso la Società B.

L’Analisi della Cassazione sulla Duplicazione del Profitto

Il cuore della decisione della Suprema Corte riguarda proprio la censura sulla duplicazione del profitto. L’amministratore della Società A sosteneva che il sequestro fosse illegittimo perché lo stesso importo era stato considerato profitto sia per la sua società che per la committente, la Società B. Secondo questa tesi, si sarebbe trattato di un unico profitto illecito che si era semplicemente trasferito da un’entità all’altra.

La Cassazione ha rigettato completamente questa interpretazione. I giudici hanno chiarito che non vi è stata alcuna duplicazione. Al contrario, entrambe le società hanno conseguito un proprio e autonomo profitto illecito. Il meccanismo era il seguente:

1. La Società A utilizzava le fatture fittizie della Società C per detrarre l’IVA.
2. La Società B, a sua volta, utilizzava le fatture emesse dalla Società A per detrarre la medesima imposta.

In questo modo, ciascuna società, nella propria dichiarazione IVA, ha beneficiato di un indebito risparmio d’imposta. Non si tratta quindi di un unico profitto trasferito, ma di due distinti profitti, seppur di importo identico, generati a diversi livelli della filiera fraudolenta. La Società A non è stata un mero “veicolo” per trasferire un vantaggio altrui, ma ha attivamente partecipato allo schema, ottenendo un proprio, specifico beneficio economico.

La Posizione del Secondo Ricorrente: L’Archiviazione e la Carenza di Interesse

La sentenza affronta anche la posizione di un altro indagato, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile per ragioni procedurali. Durante il procedimento, la sua posizione era stata archiviata su richiesta del Pubblico Ministero. Di conseguenza, è venuto meno il suo interesse a impugnare il provvedimento di sequestro.

La Corte ha specificato che, trattandosi di una “sopravvenuta carenza di interesse per causa non imputabile al ricorrente”, quest’ultimo non può essere condannato al pagamento delle spese processuali né di una sanzione pecuniaria. Questo principio tutela chi, pur avendo legittimamente impugnato un atto, vede la sua posizione processuale risolversi favorevolmente prima della decisione sull’impugnazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha motivato la propria decisione distinguendo nettamente le due posizioni. Per quanto riguarda l’amministratore della Società A, il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le censure sollevate non configuravano una “violazione di legge”, unico motivo per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro. Il tentativo di far valere una presunta “illogicità manifesta” della motivazione del Tribunale del Riesame non è stato accolto, in quanto il provvedimento impugnato aveva adeguatamente spiegato perché non vi fosse alcuna duplicazione del profitto.

Per il secondo ricorrente, la motivazione è puramente processuale: l’archiviazione del procedimento penale a suo carico ha fatto venir meno l’oggetto stesso della contesa, rendendo inutile una pronuncia sul merito del suo ricorso.

Conclusioni

Le conclusioni che si possono trarre da questa sentenza sono di notevole importanza pratica. Innanzitutto, viene rafforzato il principio secondo cui, in complesse frodi fiscali a catena, ogni soggetto che ottiene un indebito risparmio d’imposta realizza un profitto autonomo, che può essere oggetto di sequestro. Questo impedisce ai responsabili di eludere le misure cautelari sostenendo che il profitto sia “unico” e già colpito a un altro livello della catena. In secondo luogo, la sentenza ribadisce i limiti del ricorso per Cassazione in materia di misure cautelari reali, che deve fondarsi su una chiara violazione di norme di legge e non su una mera critica alla logicità della motivazione del giudice di merito.

Cosa si intende per illegittima duplicazione del profitto in un sequestro?
Si verifica una duplicazione illegittima quando lo stesso identico vantaggio economico, frutto di un reato, viene sequestrato più volte a carico di diversi soggetti. La sentenza chiarisce che ciò non accade quando ciascun soggetto, pur nell’ambito della stessa operazione, consegue un proprio, distinto e autonomo profitto illecito.

È possibile sequestrare il profitto di reato a più società coinvolte nella stessa frode fiscale?
Sì, è possibile. La Corte ha stabilito che se ogni società della catena fraudolenta, utilizzando fatture false, ottiene un proprio indebito risparmio d’imposta (ad esempio, detraendo l’IVA), realizza un profitto autonomo. Di conseguenza, il sequestro può essere legittimamente disposto nei confronti di ciascuna entità per il profitto da essa conseguito.

Cosa succede se un indagato ottiene l’archiviazione del procedimento mentre è pendente un suo ricorso contro un sequestro?
In questo caso, il ricorso viene dichiarato inammissibile per “sopravvenuta carenza di interesse”, poiché l’indagato non ha più un interesse giuridicamente rilevante a ottenere una decisione sul sequestro. Se l’archiviazione non dipende da una sua colpa, l’indagato non viene condannato al pagamento delle spese processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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