Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 468 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 468 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 06/07/1952 COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 31/03/1983 COGNOME NOME nato a Frascati il 12/07/1971
avverso la sentenza del 01/07/2022 della Corte d’appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udito l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che insiste nei motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento; udito l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME che insiste nei motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento; udito l’Avv. NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME che insiste nei motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma con sentenza pronunciata in data 8 ottobre 2021 all’esito di giudizio abbreviato, riteneva:
–COGNOME Salvatore, responsabile dei reati ascrittigli ai capi 2), 6-7) di cui agl artt. 81, 110 cod. pen. e 73, commi 1, 4 e 6, aggravati dall’art. 80 comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;
Primavera NOME, responsabile dei reati ascritti ai capi 11), 12), 14), 15), di cui agli artt. 81, 110 cod. pen. e 73, commi 1, 4 e 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309;
COGNOME NOME, responsabile del reato ascrittogli ai capi 6-7), di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1, 4 e 6, aggravato dall’art. 80 co.2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; riconosciute ai predetti imputati le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, uniti i reati dal vincolo della continuazione
condannava:
NOME NOME, alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 30 mila di multa;
–COGNOME NOMECOGNOME alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed euro 22 mila di multa;
–COGNOME NOME alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 20 mila di multa.
Si deve precisare che i capi 6) e 7), ascritti a COGNOME e COGNOME, sono stati ritenuti come riferiti ad un unico medesimo reato.
La Corte d’appello di Roma nei confronti dei tre predetti ricorrenti ha confermato la sentenza di primo grado.
La decisione di condanna è stata fondata sulle risultanze di attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, arresti e sequestri di sostanze stupefacenti, attività di osservazione e controllo della Polizia Giudiziaria.
Il difensore di COGNOME Salvatore (Avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso articolando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al capo 2), essendo stato ritenuto accertato il dolo circa la consapevolezza da parte dell’imputato che la merce trasportata (“quattro pacchi”) fosse costituita da sostanza stupefacente e non da capi di abbigliamento, tenuto conto dell’attività lavorativa svolta dalla figlia alle dipendenze del coimputato NOME COGNOME presso un banco del mercato.
2.2. Con il secondo motivo denuncia l’eccessività della pena rispetto al comportamento processuale, in ragione della sua piena confessione, dovendosi derubricare il reato in quello di favoreggiamento o riconosc:ere la circostanza attenuante dell’art. 114 cod. pen.
Il difensore di NOME COGNOME (Avv. NOME COGNOME) ha proposto ricorso articolando i seguenti motivi.
3.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’accertamento della responsabilità dell’imputato basata su elementi insufficienti desunti unicamente da intercettazioni telefoniche, trattandosi quindi di c.d. “droga parlata”.
Si osserva che non ci sono stati sequestri, né sono stati riscontrati scambi di oggetti tra gli interlocutori, ma si è fatto riferimento solo a conversazion equivoche comunicate a mezzo sms di cui non è certa la riconducibilità all’odierno ricorrente.
3.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’ipotesi tenue di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90 per i capi 11) e 12) che è stata esclusa valorizzando unicamente un dato neutro, ovvero lo stato di del:enzione agli arresti domiciliari del prevenuto, già considerato ai fini della recidiva.
In ordine al capo 14) si evidenzia la sottovalutazione dell’intercettazione in cui Primavera comunica al complice NOME di “non poter fare qualcosa” e, per converso, l’erronea rilevanza attribuita alla comunicazione da parte di NOME NOME del suo arresto e della sua sottoposizione a giudizio direttissimo.
In ordine al capo 15) si osserva che il quantitativo di droga ammonta in purezza a kg. 1,665.
3.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla determinazione della pena per essere stata irrogata una pena di cinque anni vicina al massimo senza una adeguata motivazione.
Si rappresenta poi che sebbene sia stata esclusa l’aggravante dell’art. 73, comma 6, d.P.R. 309/90, ciò non abbia influito sul giudizio di bilanciamento che è stato confermato dalla Corte di appello in termini di equivalenza con l’altra aggravante contestata della recidiva.
Il difensore di NOME COGNOME (Avv. NOME COGNOME) ha proposto ricorso articolando i seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione con riguardo al contenuto criptico della conversazione telefonica intercettata del 14 luglio 2017 RIT 4143 prog. 2503 delle ore 13,05 tra Raco e COGNOME, in cui si attribuisce alla espressione “partita piccola” il significato diverso da quello reale che riguardava il gioco del poker, attività effettivamente praticata dall’imputato, come confermato dalle informazioni testimoniali rese dai testi escussi dalla difesa ai sensi dell’art 391-bis cod.proc.pen.
4.2. Con il secondo motivo deduce motivazione apparente in relazione alla spiegazione fornita dalla Corte territoriale che per superare il riferimento ambiguo alla “partita piccola” ha fatto riferimento ad altre conversazioni il cui contenuto stato travisato, considerato che il veicolo indicato dal COGNOME nel prog. n. 2535 è riferito ad un modello diverso da quello che avrebbe partecipato al trasporto ed alla consegna della sostanza stupefacente presso l’area di servizio “RAGIONE_SOCIALE” di INDIRIZZO in considerazione anche del mancato monitoraggio costante dell’autovettura del COGNOME dovuto ad un blak out elettrico avvenuto presso gli uffici della Procura di Roma.
4.3. Con il terzo motivo deduce vizio della motivazione in relazione alla affermata rilevanza della recidiva essendosi valorizzati i gravi precedenti senza verificare se in concreto la reiterazione dell’illecito fosse sintomo di una maggiore riprovevolezza o pericolosità del prevenuto.
4.4. Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. 309190, attraverso un riferimento al solo superamento della soglia enucleata dalla giurisprudenza di legittimità senza apprezzare le altre circostanze del caso concreto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i ricorsi si palesano nel loro complesso inammissibili.
In linea generale si deve premettere che tutte le censure dei ricorrenti in punto di pretesa violazione di legge e mancanza o illogicità della motivazione della sentenza impugnata, circa la ricostruzione probatoria dei fatti e il giudizio di attribuzione della responsabilità per i reati loro ascritti, si palesa manifestamente infondate e per taluni versi aspecifiche, siccome meramente riproduttive dei motivi dedotti in sede di gravame e motivatamente disattesi dalla Corte d’appello.
Entrambi i Giudici di merito hanno, invero, condiviso la ricostruzione probatoria delle vicende con un comune apparato argomentativo, caratterizzato da linearità espositiva e congruità logica.
Il quadro probatorio, nei termini analiticamente illustrati dal Giudice di primo grado, risulta saldamente ancorato all’inequivoco tenore delle conversazioni telefoniche intercettate, rispetto alle quali la versione alternativa costituisc espressione di una non consentita rilettura delle emergenze probatorie, pure a fronte di una motivazione – quella della Corte territoriale – puntualmente argomentata in fatto, perciò insindacabile da parte della Corte di legittimità.
Si deve ricordare che è inammissibile per difetto di specificità il ricorso per cassazione che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello, al più con l’aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni meramente assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata, senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti.
Ciò premesso, quanto al ricorso di NOME COGNOME, si deve rilevare l’assoluta genericità del primo motivo articolato con riguardo alla valenza probatoria delle intercettazioni utilizzate per dare conto, non già della condotta materiale posta in essere inequivocabilmente dall’imputato per il trasporto di 120 kg di hashish, ma per ritenere dubbia la prova del dolo.
La consapevolezza che la merce trasportata, indicata nelle conversazioni con l’espressione (quattro pacchi), fosse costituita da un carico di sostanza stupefacente è stata desunta in modo non illogico da una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso (cautele adottate, entità del compenso, necessità dell’utilizzo di un carrello per il notevole peso del carico), oltre che dall’emers coinvolgimento non occasionale dell’imputato nel traffico di stupefacenti, confermato dall’arresto in flagranza del reato ascritto ai capi 6-7) per il rinvenimento di un altro carico ingente (32 kg) di sostanza dello stesso tipo all’interno di un borsone custodito nel bagagliaio della sua autovettura.
Ugualmente generico è il motivo sulla pena con cui si reiterano le richieste già motivatamente respinte in punto di esclusione della circostanza attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen. per il ruolo svolto tutt’altro che di minim importanza nella dinamica dei fatti (aveva il compito di attendere il corriere e provvedere allo scarico della sostanza stupefacente).
Uguali considerazioni devono ripetersi con riguardo al ricorso di NOME COGNOME.
Quanto al primo motivo, si osserva che l’accertamento della responsabilità dell’imputato non è stata basata unicamente sulle risultanze delle intercettazioni telefoniche, considerato che la correttezza della chiave di lettura dei dialoghi intercettati ha consentito di pervenire anche al rinvenimento e sequestro della sostanza stupefacente.
Quindi la censura del ricorrente è basata su una lettura parcellizzata degli elementi di prova, che distingue i capi 11) e 12) relativi ai fatti non corredati da sequestri dai fatti ascritti agli altri capi 14 e 15), che hanno al contrario offe
riscontro al significato delle conversazioni, così da non potersi certo parlare di traffici di droga basati unicamente sul contenuto delle intercettazioni.
Peraltro, le censure appaiono genericamente esposte perché neppure consentono di capire le perplessità manifestate in merito alla certezza dell’identificazione dell’imputato tratta dall’intestazione delle utenze, dall’uso de nome “NOME“, dai riscontrati incontri con l’interlocutore COGNOME NOME, emersi dai servizi di osservazione presso l’abitazione ove il NOME si trovata detenuto agli arresti domiciliari, e dalla valutazione complessiva delle altre circostanze che rendevano irragionevole l’attribuzione degli sms intercettati a persona diversa dall’odierno ricorrente (vedi pp. 20 e 22 della sentenza impugnata).
Affette dalla stessa genericità sono le censure articolate nel secondo motivo che investono la mancata riqualificazione die fatti ascritti ai capi 11) e 12) ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte territoriale ha valorizzato non solo lo stato di detenzione domiciliare, ma anche l’importanza del traffico illecito da esso gestito, per le modalità dei fatti, la frequenza dei contatt la capacità di movimentare in breve tempo quantitativi rilevanti di sostanza.
Quindi, sulla base di una valutazione complessiva dell’attività di spaccio svolta dall’imputato, la cui gravità si coglie in tutta la sua evidenza nel capo 14), relativ alla cessione di 300 g. di hashish e nel capo 15) per il concorso nella cessione di kg. 5 di hashish, che rende tutt’altro che illogica la valutazione complessiva del contesto criminale in cui vengono inseriti i fatti ascritti nei quattro capi imputazione che lo riguardano.
In ordine al capo 15), non si comprende quale sia il senso della doglianza atteso che il riferimento al peso del principio attivo (kg. 1,665) non attenua affatto la gravità del reato, emergendo dalla perizia che si tratta di ben 50 panetti contenenti una percentuale di THC del 35%, pari a g. 1665,45, equivalente a 66.618 dosi.
Quanto al terzo motivo, sul giudizio di bilanciamento confermato dalla Corte di appello in termini di equivalenza con l’altra aggravante contestata della recidiva, nonostante la ravvisata insussistenza dell’aggravante del numero delle persone di cui all’art. 73, comma 6 d.P.R. 309/90, la Corte di appello ha dato conto delle ragioni di tale giudizio valorizzando la gravitS dei precedenti specifici oltre che l’obiettiva gravità del fatto accertato di cui al capo 15), e la circostanza dell consumazione dei reati nonostante lo stato di restrizione agli arresti domiciliari
La Corte motiva ampiamente sulle ragioni dell’equivalenza delle attenuanti con la recidiva specifica contestata e sull’entità della pena assunta a base del calcolo della pena finale irrogata.
Non può ritenersi neppure censurabile la valutazione della gravità del capo 15), relativo ad un quantitativo lordo di circa 5 chilogrammi di hashish, essendo stata correttamente messa in evidenza anche l’ottima qualità della sostanza stupefacente.
Appare evidente l’erroneità della censura difensiva che confonde il peso della componente di THC (kg. 1,665), ovvero del principio attivo che si rinviene nel composto costituito da hashish, che rientrerebbe nel catalogo delle droghe pesanti ove estraibile in forma pura dal composto, con la qualità della tipologia di droga leggera, ritenuta correttamente di ottima qualità, proprio per l’elevata percentuale di principio attivo (35 °h).
Passando, infine al ricorso di COGNOME, si deve rilevare la manifesta infondatezza delle censure articolate nei primi due motivi con riguardo alla interpretazione del contenuto delle intercettazioni, ed in particolare dell’espressione “partita piccola” ritenuta riferita al gioco del poker e non all sostanza stupefacente.
A tale proposito è sufficiente ricordare che «In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica i relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità» (Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Nel caso in esame la disamina attenta delle intercettazioni delle plurime conversazioni intercorse tra COGNOME e COGNOME, in stretta correlazione con le attività di osservazione e controllo che hanno portato al rinvenimento della sostanza stupefacente oggetto dei dialoghi intercettati, dimostra la coerenza logica degli argomenti posti fondamento della ravvisata partecipazione dell’imputato alla consegna del carico di droga di kg. 32,133 di hashish puntualmente sequestrato, cui hanno preso parte i complici (COGNOME e COGNOME, dando così ragione della riferibilità alla sostanza stupefacente degli accordi presi in quella concomitanza dal COGNOME con il COGNOME.
In particolare, non emerge alcun travisamento nella lettura coordinata delle conversazioni telefoniche con cui COGNOME si è mantenuto in costante contatto con il complice COGNOME al quale doveva effettuare la consegna, affidata al COGNOME, e programmata presso un’area di servizio, ove il COGNOME è stato poi effettivamente arrestato con il carico di 32 chilogrammi di hashish.
Del tutto generici sono, infine, i residui motivi in punto di riconoscimento della recidiva ed in tema di aggravante dell’ingente quantità.
Quanto all’applicazione della recidiva la sentenza impugnata, infatti, ha analiticamente indicato le ragioni poste a base di tale decisione, ed in particolare i molteplici, gravi e specifici precedenti penali, nonché le modalità del fatto per cui si procede in ragione dell’emerso coinvolgimento nell’organizzazione di un rilevante carico di sostanza stupefacente per il quale è stata riconosciuta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d. P.R. 309/90.
Quanto, poi, al riconoscimento di detta aggravante di cui all’art. 80 del cit. d.P.R., il superamento della soglia enucleata dalla giurisprudenza di legittimità, tanto più quando non sia minimale come nel caso di specie (4.700 grammi rispetto alla soglia di 4.000 grammi), non richiede particolari apprezzamenti, che sono richiesti all’opposto quando nonostante detto superamento si ritenga di doverne escludere l’applicazione.
E’ stato, infatti, chiarito dalla richiamata sentenza delle Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012 Biondi che ciò che rileva in assoluto è il valore ponderale, considerato in relazione al grado di purezza della sostanza tossica, e, quindi, delle dosi singole (aventi effetti stupefacenti) da essa ricavabili.
La soglia così stabilita definisce tendenzialmente il limite quantitativo minimo, al di sotto del quale la ‘ingente quantità” non potrà essere di regola ritenuta, mentre, al di sopra, viceversa, deve soccorrere la valutazione in concreto del giudice del merito, nel senso che resta ferma la possibilità di escludere l’aggravante nonostante il superamento della soglia, ma sempre che ricorrano particolari ragioni, che nel caso di specie neppure il ricorrente ha saputo specificare.
Nel caso di specie il dato ponderale lordo pari kg.32,133, e tutti gli altri indicatori (la elevata percentuale di principio attivo pari al 16% e la enorme quantità di dosi singole ricavabili) convergono indubbiamente verso l’integrazione della circostanza aggravante dell’ingente quantità.
NOME Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi vanno dichiarati tutti inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 29 novembre 2023