Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26377 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26377 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Catania il 25/11/1984
avverso la ordinanza del 14/03/2025 del Tribunale di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Caltanissetta, in sede di riesame, confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città del 10 febbraio 2025, che aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui al capo 3).
Il COGNOME era stato ritenuto gravemente indiziato del delitto di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 per aver in più occasioni rifornito l’associazione criminale capeggiata da NOME COGNOME di stupefacente, del tipo cocaina, da destinare alla rivendita a terzi (tra il 2 settembre e il 4 dicembre 2023
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e vizio di motivazione in ordine all’utilizzazione di captazioni relative al Celso non individualizzanti e frutto di sospetti privi di riscontro.
Il Tribunale ha valorizzato a carico del COGNOME una “cospicua quantità di contatti” intrattenuti con il COGNOME: peraltro si tratta di pochissimi incontri nell’arc di tre mesi (segnatamente 8). Non è stato operato alcun sequestro di droga o monitorati pagamenti riguardanti il ricorrente. Pertanto, che tali contatti riguardassero la cocaina è una mera congettura non suffragata da alcun riscontro.
Né può ritenersi riscontro individualizzante la captazione del 28 settembre 2023 in cui si fa riferimento ad un tale di Catania. Che questi fosse il COGNOME non risulta confermato da alcun elemento (risultando che COGNOME avesse vari rapporti con fornitori del territorio etneo).
Anche il messaggio del 4 dicembre 2023 tra COGNOME e COGNOME riguardante la compravendita di una auto, è stato letto senza alcun riscontro come riferito a stupefacenti.
Il Tribunale ha omesso di fornire una motivazione rafforzata, trattandosi di mera droga parlata.
Nella specie, difetta anche la prova della attribuzione delle conversazioni al Celso.
In ogni caso il mero contatto non dimostra che le transazioni siano state stipulate, dimostrando al più meri rapporti preliminari inidonei per ritenere consumato il reato.
2.2. Vizio di motivazione in relazione in ordine alla richiesta di qualificazione del fatto nella ipotesi di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990.
La fattispecie del fatto di lieve entità è compatibile anche con un’attività continuata e realizzata in forma associata.
Andavano considerate nel caso in esame la quantità modesta che si presume detenuta o ceduta dal ricorrente e le modalità dell’azione, non connotate da particolare professionalità.
2.3. Vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari e alla scelta della misura.
Il Tribunale ha fornito sui suddetti punti una motivazione di stile, avulsa dalla fattispecie concreta, non considerando la risalenza nel tempo dei precedenti riportati dal ricorrente e la distanza temporale del fatto (2023) e non motivando sulla inidoneità di misure più gradate.
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Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato, risultando in molti tratti anche lambire l’inammissibilità.
Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, va rammentato il consolidato principio in tema di misure cautelari personali, secondo cui il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (per tutte, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Ebbene, le censure sul punto avanzate dal ricorrente sostanzialmente ripropongono le medesime questioni già sollevate e risolte in sede di riesame, non confrontandosi con la risposta fornita dall’ordinanza impugnata.
Invero, il Tribunale non si è limitato a costatare l’esistenza di più contatti nel breve periodo tra il ricorrente e il COGNOME, ma ha analizzato significativamente la tipologia dei contatti e quanto accaduto in coincidenza.
In primo luogo, i contatti consistevano in appuntamenti concordati tra i due in cui COGNOME si recava a Catania e faceva ritorno ad Agira nel giro di poche ore; il linguaggio utilizzato era volutamente criptico e convenzionale (i due limitavano al massimo le conversazioni, dando per presupposto – e da celare – il motivo del loro incontri); il ricorrente in sede di interrogatorio non aveva comunque fornito alternative spiegazioni alla causale degli incontri.
In secondo luogo, l’oggetto dei contatti e degli incontri era chiarito da conversazioni avvenute in coincidenza con essi: così la conversazione del 29 settembre 2023 in cui NOME COGNOME, membro del sodalizio del COGNOME e che trattava esclusivamente cocaina, faceva riferimento ad un approvvigionamento che COGNOME avrebbe fatto di trecento grammi di cocaina l’indomani dal “catanese” ed effettivamente vi era stato l’incontro tra COGNOME e il ricorrente (mentre alcun
contatto era riscontrato con l’altro soggetto di riferimento nel catanese); così la conversazione del 6 novembre 2023 in cui subito dopo il rientro di COGNOME dall’appuntamento concordato con il ricorrente a Catania, il primo chiede al suo fido collaboratore COGNOME di “prelevare qualcosa” dal contatore della sua abitazione; così la conversazione del 21 novembre 2023, immediatamente successiva all’incontro con il ricorrente, in cui COGNOME riferisce alla moglie di problemi avuti in mattinata di cui non poteva parlare per telefono; così le conversazioni captate subito dopo l’incontro del 27 novembre 2023 tra COGNOME e il ricorrente in cui si evince il malcontento dei sodali per la scarsa qualità della droga fornita; ancora era registrata a ridosso dell’incontro tra i due una frenetica attività di spaccio di cocaina o crack da parte dei sodali; così il messaggio vocale inviato il 4 dicembre 2023 dal ricorrente al COGNOME in cui i due discutono di conteggi del debito del COGNOME.
Il Tribunale, a fronte di tali convergenti elementi indiziari, ha ritenuto inverosimile la spiegazione fornita in sede di riesame dalla difesa sull’oggetto di tale ultima negoziazione (la compravendita di un’auto) non solo perché non compatibile con il senso della conversazione ma anche perché del tutto priva di un benché minimo riscontro.
Sulla base di quanto premesso, deve ritenersi che l’ordinanza impugnata ha esposto il compendio indiziario a carico del ricorrente, senza salti logici o apodittiche argomentazioni e comunque facendo buon governo dei principi di diritto in tema di prova.
E’ infatti principio consolidato che anche gli indizi ricavabili da operazioni di intercettazione telefonica, senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente (la c.d. droga parlata), possono condurre all’affermazione di penale responsabilità, salvo soltanto l’obbligo del giudice, ai sensi dell’art. 192, comma 2. cod. proc. pen., di effettuarne la valutazione con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate più ipotesi ricostruttive del fatto, ad optare per la condanna dell’imputato fondata su un dato probatorio “al di là di ogni ragionevole dubbio” caratterizzato da un alto grado di credibilità razionale (Sez. 6, n. 27434 del 14/02/2017, Albano, Rv. 270299; Sez. 3, n. 16792 del 25/03/2015, COGNOME, Rv. 263356). A fortiori, dunque gli elementi indiziari in parola sono utilizzabili ai fini dell’applicazione delle misure cautelari personali, essendo a tal fine sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli (Sez. 5, n. 7092 del 19/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287532).
3. In ordine alla richiesta di qualificazione dei fatti nell’ipotesi di cui all’art.
comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, va ribadito il principio secondo cui tale fattispecie può essere esclusa anche in mancanza del sequestro della sostanza stupefacente,
qualora si pervenga per via indiretta, sulla base di elementi di prova certi, alla individuazione di un significativo dato ponderale (Sez. 6, n. 46607 del 01/12/2021,
COGNOME, Rv. 282391 – 01).
Nella specie, il Tribunale ha escluso la suddetta ipotesi lieve in considerazione, non solo del contesto in cui avvenivano le negoziazioni di stupefacente (a favore
cioè di un soggetto del calibro criminale del COGNOME e quindi in vista di una più
capillare e vasta immissione della droga nel mercato da questi gestito) ma anche dell’entità degli scambi che riguardavano comunque quantitativi non modesti (in
tal senso deponevano le captazioni).
4. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha adeguatamente motivato l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva, facendo leva sia sulle modalità
del fatto, indice di professionalità nel settore del traffico di stupefacenti ricorrente era in grado di reperire facilmente importanti quantitativi di stupefacenti, operando con modalità collaudate nello smercio anche fuori del territorio di provenienza), sia sulla risalente e costante dedizione del ricorrente al crimine, testimoniata dai precedenti anche specifici che hanno caratterizzato la gran parte del percorso esistenziale del predetto, anche se risalenti nel tempo.
A fronte di esigenze così delineate, il Tribunale ha ritenuto, in modo non illogico, la misura carceraria l’unica in grado di neutralizzare la capacità delinquenziale del ricorrente.
Conclusivamente, sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il l 6/2025.