Droga Parlata: Quando le Intercettazioni Bastano per la Condanna
Nel complesso mondo del diritto penale, il concetto di droga parlata rappresenta uno degli strumenti investigativi e probatori più discussi. Con questa espressione si fa riferimento ai casi in cui la prova di un’attività di spaccio di stupefacenti viene desunta principalmente da conversazioni intercettate, spesso caratterizzate da un linguaggio allusivo e cifrato, anche senza il sequestro materiale della sostanza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi consolidati in materia, dichiarando inammissibile un ricorso che mirava a una rilettura delle prove.
I Fatti del Caso: La Condanna nei Gradi di Merito
Due soggetti venivano condannati in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per il reato di spaccio di stupefacenti in concorso, previsto dagli articoli 110 del codice penale e 73, comma 6, del d.P.R. 309/90. La condanna si fondava essenzialmente sull’analisi di una serie di conversazioni telefoniche intercettate, dalle quali i giudici di merito avevano dedotto l’esistenza di un’attività illecita legata alla droga. Nonostante l’assenza di un sequestro di sostanze, la Corte territoriale aveva confermato la colpevolezza degli imputati basandosi sull’interpretazione del contenuto dei dialoghi.
Le Doglianze dei Ricorrenti e la Ricerca di una Nuova Valutazione
Contro la sentenza d’appello, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, sollevando diverse censure. Essi lamentavano una violazione di legge e una motivazione manifestamente illogica in relazione alla valutazione delle prove (art. 192 c.p.p.), all’aggravante del concorso di tre persone e alla mancata riqualificazione del fatto in un’ipotesi di minore gravità (comma 5 dell’art. 73). Sostanzialmente, i ricorrenti chiedevano alla Suprema Corte una nuova e diversa interpretazione delle conversazioni intercettate, proponendo una rilettura delle fonti probatorie che, a loro avviso, avrebbe dovuto condurre a un esito diverso.
La Decisione della Cassazione sulla “Droga Parlata”
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ribadendo con fermezza i limiti del proprio sindacato di legittimità. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: l’interpretazione del linguaggio utilizzato nelle conversazioni intercettate, anche quando criptico, costituisce una questione di fatto la cui valutazione è rimessa esclusivamente al giudice di merito.
Il Ruolo del Giudice di Merito nell’Interpretazione
I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse adempiuto correttamente al proprio onere motivazionale. I giudici di merito avevano infatti condotto un’attenta e scrupolosa valutazione delle conversazioni, spiegando in modo logico e coerente perché quel linguaggio cifrato dovesse essere interpretato come riferito a un’attività di spaccio. Questa attività di decodifica, se logicamente argomentata e basata su massime di esperienza, non è censurabile in sede di legittimità.
I Limiti del Sindacato di Legittimità
La Cassazione ha ricordato che il suo compito non è quello di fornire una nuova interpretazione delle prove, ma solo di verificare la correttezza giuridica e la tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata. Proporre una “rilettura delle fonti probatorie” equivale a chiedere un nuovo giudizio di merito, attività preclusa alla Suprema Corte. Pertanto, i ricorsi sono stati giudicati estranei al perimetro del sindacato di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato, richiamando anche una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 22471/2015). Secondo tale orientamento, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati è una questione di fatto. Se la valutazione del giudice di merito risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, essa si sottrae al controllo della Cassazione. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva dato conto in modo adeguato del percorso logico che l’aveva portata a ritenere provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il pieno e attivo coinvolgimento degli imputati nella vicenda, basandosi proprio sull’analisi del tenore delle conversazioni.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che, in tema di droga parlata, la prova della colpevolezza può legittimamente fondarsi su conversazioni intercettate, a condizione che il giudice di merito fornisca una motivazione rigorosa, logica e dettagliata sul processo interpretativo che lo ha condotto a decifrare il linguaggio criptico. La decisione ribadisce l’inammissibilità di ricorsi in Cassazione che, invece di denunciare vizi di legittimità, tentano di ottenere una terza valutazione sul merito dei fatti. Per gli imputati, la declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quando le conversazioni intercettate sono sufficienti per una condanna per spaccio, anche senza il sequestro della droga?
Secondo la Corte, sono sufficienti quando il giudice di merito, attraverso un’attenta e scrupolosa valutazione, reputa che da esse emerga con certezza il pieno coinvolgimento degli imputati, anche interpretando un linguaggio criptico o cifrato in modo logicamente motivato.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le intercettazioni e darne una nuova interpretazione?
No, non è possibile. L’interpretazione del linguaggio usato nelle intercettazioni è una questione di fatto, rimessa alla valutazione esclusiva del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica o contraddittoria, non per offrire una diversa lettura delle prove.
Cosa significa che un ricorso in Cassazione è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso viene respinto senza che la Corte ne esamini il merito. In questo caso, è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti miravano a una ‘rilettura delle fonti probatorie’, un’attività che non è consentita nel giudizio di legittimità, trasformandolo in un terzo grado di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26197 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26197 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SIDERNO il 14/12/1993 COGNOME NOME nato a LOCRI il 22/03/1988
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
I
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con distinti atti, avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Reggio Calabria che ha confermato la pronuncia di condanna resa il 19 febbraio 2019 dal Tribunale di Locri per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990.
Considerato, inoltre, che “In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità” (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715);
Ritenuto che i motivi da entrambi i ricorrenti sollevati (Violazione di legge e motivazione manifestamente illogica in relazione all’art. 192, comma 1, cod. proc. pen. e all’art. 73 d.P.R. 309/90; violazione di legge, motivazione mancante o comunque illogica e contraddittoria in relazione all’aggravante del fatto commesso da tre persone in concorso; violazione di legge, motivazione mancante o comunque illogica e contraddittoria in relazione alla mancata riqualificazione del fatto ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90) sono volti a prefigurare una rilettura delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, altresì riproducendo profili di censura gi adeguatamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale la quale ha fatto corretta applicazione del precipuo onere motivazionale di cui è gravato il giudice nel caso di cosiddetta “droga parlata” (Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279251; Sez. 6, n. 27434 del 14/2/2017, Albano, Rv. 270299; Sez. 3, n. 16792 del 25/3/2015, COGNOME, Rv. 263356), dando conto di un’attenta e scrupolosa valutazione delle conversazioni intercettate, dalle quali ha reputato emergere, in termini di certezza, il pieno ed attivo coinvolgimento degli imputati nella vicenda che occupa; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente