Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20808 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20808 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BRONI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. AVV_NOTAIO. conclude per l’inammissibiiita dei ricorsi, riportandosi alla memoria depositata.
udito il difensore
E presente l’avvocato COGNOME NOME, del foro di PAVIA, in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME*. I! difensore insiste per l’accoglimento del ricorso, · esponendone i motivi.
E’ presente, altresì, il codifenscre COGNOME, dei foro di MILANO, in difesa di entrambi i predetti imputati, ii quale illustra i motivi del ricorso depositato,
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 9/6/2023, la Corte d’appello di Milano ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Pavia a carico di NOME e NOME, ritenuti responsabili di plurimi episodi riguardanti l’illecita detenzione la cessione di rilevanti quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana.
La vicenda, si legge in motivazione, trae origine da ur’attività d’indagine condotta dalla RAGIONE_SOCIALE riguardante alcuni furti in abitazione. Nel corso d’intercettazioni telefoniche gli inquirenti accertavano, nel periodo compreso tra il novembre 2018 ed il marzo 2019, una vasta attività riguardante il commercio di stupefacenti nella quale erano c:oinvolti gli odierni imputati.
Le investigazioni, condotte mediante operazioni di intercettazione, servizi di osservazione, pedinamento e controllo, conducevano alla individuazione di NOME NOME e NOME, i quali, unitamente a NOME, giudicato separatamente, erano dediti al traffico di sostanze stupefacenti di tipo cocaina e marijuana, in Broni, dove si trovava la loro abitazione, base operativa dell’attività illecita ri,14,2F destinate ad essere smerciate in diverse località del nord Italia.
Avverso la sentenza di cui sopra hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati i a mezzo dei difensori )Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
AVV_NOTAIO ha articolato le seguenti ragioni di doglianza nell’interesse di entrambi gli imputati.
In premessa la difesa avanza richiesta di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per contrarietà dell’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/90 agli artt. 3, 24, 25 e 27 Cost.
Assume che la decisione con la quale la Corte di appello ha rigettato l’analoga richiesta formulata nel grado di merito sia censurabile per genericità ed apoditticità.
Gli elementi probatori su cui è stata fondata l’affermazione di penale responsabilità degli imputati con riferimento ai capi d’imputazione elevati a loro carico sono costituiti esclusivamente dalle risultanze delle operazioni d’intercettazione, non assistite da alcun tipo di riscontro estrinseco.
Dai dialoghi intercettati i giudici di merito hanno desuntc la dimostrazione della realizzazione di molteplici atti di cessione di sostanze stupefacenti – in
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quantità imprecisata e di qualità non determinata – nei confronti di una pluralità di soggetti rimasti non identificati.
Sarebbe contraria ai precetti costituzionali l’interpretazione dell’art. 73 d.P.R. 309/90 offerta dai giudici di merito, che riservano il medesimo trattamento a coloro i quali sono stati giudicati sulla base del possesso documentato di sostanza stupefacente e coloro i quali sono stati semplicemente attinti dal contenuto di conversazioni intercettate, non essendovi, in tale ultimo caso, alcuna certezza in ordine alla quantità ed alla qualità della sostanza stupefacente detenuta e ceduta.
In ossequio al principio del favor rei, in presenza di elementi derivanti esclusivamente dal contenuto di conversazioni intercettate (c.d. “droga parlata”), si dovrebbe fare luogo alla riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. comma 5, d.P.R. 309/90.
Inosservanza o erronea applicazione degli artt. 133 cod. pen. e 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/90
Un’attenta valutazione delle emergenze probatorie avrebbe imposto la riqualificazione di tutti gli episodi ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 non essendo stato possibile determinare la quantità e la qualità della sostanza stupefacente detenuta dagli imputati.
La Corte di merito, pertanto, avrebbe dovuto procedere alla conseguente rideterminazione in me/ius della pena inflitta ai ricorrenti.
II) Erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità di NOME per la detenzione delle munizioni contestate al capo 13) dell’imputazione.
La motivazione offerta dalla Corte d’appello in ordine alla responsabilità dell’imputato per la detenzione delle munizioni appare intimamente contraddittoria. Si sostiene che NOME detenesse le munizioni rinvenute nell’abitazione in concorso con il padre NOME; al tempo stesso i giudici di merito hanno mandato assolto l’imputato dal reato concernente la detenzione dell’arma, sebbene questa si trovasse occultata nella medesima abitazione.
III) Violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 110 cod. pen., contraddittorietà della motivazione in ordine all’accertamento della penale responsabilità degli imputati con riferimento alla condotta di cui al capo 8) dell’imputazione.
Gli imputati sono stati ritenuti responsabili del delitto di cui al capo 8) dell rubrica, per avere illecitamente detenuto, al fine di cedere a terzi, sostanza stupefacente del tipo cocaina per complessivi kg. 4,5, da cui erano ricavabili 10.836 dosi, quantitativo procurato da NOME COGNOME e ricevuto dal corriere Cela Klajdi.
Entrambi i provvedimenti di merito 4 sarebbero affetti da contraddittorietà della motivazione nella parte in cui sostengono che gli odierni imputati abbiano concorso nell’acquisto e nella detenzione dello stupefacente.
In materia di concorso di persone nel reato, occorre che la condotta del compartecipe abbia una rilevanza causale nella commissione del fatto illecito.
E’ necessario, quindi, che sia dimostrata l’esistenza di un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato. Nel caso di specie, ciò non è avvenuto. Nella informativa finale dei RAGIONE_SOCIALE, risalente al luglio 2019, e negli allegati contenLti nel fascicolo de dibattimento non si rinvengono elementi dai quali potersi desumere che gli imputati avessero partecipato all’acquisto o che avessero ricevuto e occultato la sostanza di cui si tratta nell’abitazione o nelle pertinenze di essa.
IV) Violazione di legge per mancata concessione delle attenuanti generiche; falsa applicazione dell’art. 62-bis cod. pen.; illogicità e/o contraddittorietà della motivazione.
La difesa si duole del fatto che il giudice di prime cure e la Corte d’appello abbiano negato il beneficio richiesto sulla scorta del fatto che gli appellanti non avessero offerto alcun apporto significativo durante le indagini e nel processo, non manifestando alcun segno di resipiscenza. Pur in assenza di contestazione della recidiva, si evidenzia in sentenza come NOME abbia riportato due condanne per detenzione illecita di sostanze stupefacenti e NOME una condanna per detenzione illecita di sostanze stupefacenti, detenzione illecita di armi, ricettazione ed altra condanna per porto di armi.
La medesima Corte, tuttavia, riteneva l’originario coimputato meritevole del beneficio richiesto sulla base dell’intervenuto concordato sulla pena ex art. 599bis cod. proc. pen.
Pare evidente che la mancata concessione delle circostanze di cui all’art. 62bis cod. pen. sia stata dettata da una scelta “premiale” per il coimputato e “punitiva” per coloro che avevano invece optato per l’esercizio del diritto di difesa, garantito dalla Carta Costituzionale e dalla Convenzione E.D.U..
Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di merito, i fatti reato per i quali i ricorrenti sono già stati condannati rientravano nella stessa indagine corposa avviata dal Pubblico Ministero.
Il coimputato NOME era irregolare sul territorio nazionale, non svolgeva alcuna attività lavorativa, aveva presumibilmente una funzione apicale con riferimento all’acquisto e allo spaccio di sostanze stupefacenti, mentre gli attuali ricorrenti sono muniti di valido titolo di soggiorno e svolgevano regolare attività lavorativa.
AVV_NOTAIO, nell’interesse di entrambi gli imputati, ha articolaìole seguenti doglianze.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 546 cod. proc. pen.
L’impugnata sentenza conferma la penale responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro ascritti sulla base di indizi e presunzioni inidonei a sostenere i decisum. La Corte di merito si limita a recepire e ribadire acriticamente il portato argomentativo della sentenza di primo grado, senza preoccuparsi di compiere alcuna valutazione aggiuntiva in grado di meglio supportare la decisione di condanna.
Si sostiene che, in caso di “droga parlata”, non sia necessario alcun riscontro oggettivo e documentale sulla qualità e quantità di sostanza illecitamente detenuta e ceduta. In realtà, ove si tratti di c.d. “droga parlata” è imposto un onere motivazionale particolarmente rigoroso, a cui i giudici di merito non hanno adempiuto.
I fatti, in origine, vedevano coinvolte numerose persone, tutte accusate di avere, in concorso tra loro, illecitamente detenuto e ceduto un ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina, occultandolo all’interno dell’abitazione sita in Broni o nelle pertinenze dell’abitazione stessa. Ebbene, i giudici di merito fondano la colpevolezza degli odierni ricorrenti solo ed esclusivamente sulla base del contenuto delle intercettazioni telefoniche ed ambientali registrate, senza dare conto di alcun riscontro oggettivo e trascurando di considerare che le perquisizioni eseguite a carico dei ricorrenti hanno sempre sortito esito negativo.
Il contenuto delle conversazioni intercettate non è idoneo a sostenere la pronuncia di condanna, essendo ambiguo ed indecifrabile il linguaggio in esse adoperato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi proposti sono inammissibili.
Manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale avanzata dall’AVV_NOTAIO nella premessa del ricorso.
La difesa prospetta l’esistenza di una disparità di trattamento tra coloro i quali sono ritenuti responsabili del reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 sulla base di un compendio probatorio supportato da sequestri e analisi della sostanza stupefacente e coloro i quali rispondono del medesimo reato sulla base di sole intercettazioni di comunicazioni.
Il profilo riguardante l’asserita violazione dei precetti costituzionali è de tutto genericamente posto.
Come ha correttamente osservato la Corte territoriale, non è ravvisabile alcuna discriminazione nel trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990 ove si tratti di c.d. droga parlata.
In tale ultima ipotesi, infatti, la carenza di accertamenti oggettivi compensata da un onere di motivazione particolarmente rigoroso da parte del giudice, che pone l’applicazione della norma al riparo da interpretazioni che possano dare luogo ad eventuali disparità di trattamento e vizi di legittimità.
Non è sostenibile la tesi avanzata dalla difesa circa la necessità di riqualificare tutti i fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 al cospet di un compendio probatorio rappresentato esclusivamente dall’esito delle intercettazioni.
L’automatismo proposto è privo di fondamento alla luce dei criteri ermeneutici stabiliti in sede di legittimità, rimanendo affidata all’interpretazion operata dal giudice di merito del contenuto delle conversazioni intercettate la qualificazione giuridica del fatto. Il sindacato di legittimità sul punto si espli sulla congruità dei criteri logici impiegati per attribuire un determinato significat alle conversazioni intercettate, da cui discende l’inquadramento giuridico della condotta nell’una o nell’atra ipotesi di reato (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715:”In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità”).
Pertanto, soltanto ove dal contenuto delle conversazioni siano individuabili elementi per ritenere che i fatti – per modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza stupefacente – debbano ritenersi di lieve entità, si potrà dare corso alla riqualificazione del reato.
Da tutto quanto precede discende l’inammissibilità anche del primo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO.
Diversamente da quanto lamentato dall’esponente, la Corte territoriale ha offerto compiuta risposta alla richiesta difensiva riguardante la riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, valutando in modo analitico le condotte contestate agli imputati alla luce de’ contenuto delle conversazioni intercettate, ampiamente richiamate ed illustrate in sentenza.
La motivazione, che individua profili di gravità incompatibili con la fattispecie di lieve entità per assiduità delle condotte, modalità di attuazione dei singoli reati e quantitativi detenuti, risulta immune da censure.
La difesa oppone alla ricostruzione puntuale della Corte di appello una versione dei fatti alternativa, limitandosi a sostenere come la qualità e la quantità delle sostanze stupefacenti oggetto di contestazione in relazione ai singoli episodi siano rimaste del tutto indeterminate.
L’assunto contrasta in modo evidente con le risultanze probatorie rappresentate nella sentenza impugnata, in cui i giudici di merito hanno ricostruito in modo attento, alla luce dei contenuti delle conversazioni intercettate e sulla base di criteri inferenziali immuni da aporie logiche, la quantità e la qualità delle sostanze detenute dagli imputati con riferimento ad ognuno degli episodi contestati.
Parimenti inammissibile è la censura con la quale l’esponente si duole dell’erronea applicazione della legge penale e della contraddittorietà della motivazione nella parte in cui l’imputato NOME è stato dichiarato responsabile della detenzione di numerose munizioni (capo 13 dell’imputazione).
La motivazione offerta dalla Corte d’appello non soffre dei vizi lamentati dalla difesa. I giudici hanno logicamente ritenuto sussistente il concorso di NOME e NOME nel reato in questione, ponendo in evidenza la dislocazione delle munizioni in più ambienti della casa in cui vivevano gli imputati, accessibili ad entrambi e non esclusivamente utilizzati da NOME, diversamente dalla camera singola in uso al NOME in cui è stata rinvenuta la pistola.
Si tratta di congrua motivazione, sostenuta da argomentazioni logiche non censurabili in questa sede. E’ principio non controverso che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di cassazione non sia tenuta a stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né a condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (cfr. Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229369).
Inammissibile è il motivo con cui il deducente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità degli imputati con riferimento all’episodio di cui al capo 8) dell’imputazione.
Contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, la prova del coinvolgimento dei ricorrenti è stata correttamente desunta dalla partecipazione degli imputati nella fase preliminare della consegna della partita di stupefacente.
Risulta, infatti, dal contenuto delle intercettazioni ambientali evidenziate in motivazione come la consegna della sostanza stupefacente abbia avuto luogo presso l’abitazione degli imputati, dove costoro erano in attesa dell’arrivo del
corriere. L’analisi delle conversazioni intercettate riferite a tale episodio (cfr. pa 27 e seguenti della sentenza) rende conto in maniera puntuale delle ragioni poste a fondamento della ritenuta partecipazione degli imputati nel fatto addebitato.
Priva di pregio è la censura relativa alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte territoriale, offrendo adeguata motivazione, ha sottolineato come i ricorrenti, gravati da altri precedenti anche specifici, non abbiano manifestato alcun segno di resipiscenza. Le argomentazioni sono conformi ai criteri stabiliti in materia da questa Corte (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02:”Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente”).
Del pari inammissibili sono le doglianze contenute nel ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO
A giudizio della difesa la Corte territoriale avrebbe fondato la colpevolezza dei ricorrenti unicamente sulla base di intercettazioni telefoniche e ambientali, prive di riscontri oggettivi.
La censura deve essere respinta. La Corte territoriale, con motivazione logica e coerente, dopo attenta analisi del contenuto delle conversazioni registrate, ha offerto ampia e coerente giustificazione delle ragioni del decisum, illustrando i chiari riferimenti rinvenibili nei colloqui alle sostanze ogget d’illecita detenzione e cessione ed avendo cura di indicare, in relazione a ciascun episodio, gli elementi estrinseci atti a suffragare la correttezza dell’interpretazione dei dialoghi offerta (ad esempio, in relazione all’episodio di cui al capo 13 della rubrica, i giudici hanno evidenziato come sul telefono cellulare di NOME sia stata rinvenuta una fotografia di due panetti di cocaina, recanti la sigla “MU”, identici a quelli sequestrati ai coimputati NOME e NOME).
E’ il caso di rammentare come, secondo consolidato orientamento di questa Corte, gli elementi raccolti nel corso delle conversazioni intercettate costituiscano prova diretta del fatto ove il contenuto dei colloqui sia connotato, come nel presente caso, da chiarezza, decifrabilità e assenza di ambiguità (Sez. 6, Sentenza n. 29350 del 3/5/2006, Rispoli, Rv. 235088).
Deve anche aggiungersi, come già evidenziato in precedenza, che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando
sia criptico o cifrato, costituisca una mera questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle
massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità.
Le argomentazioni puntuali e coerenti rassegnate in motivazione dalla Corte di merito a sostegno della interpretazione del significato dei dialoghi intercettati
sono genericamente avversate dalla difesa, la quale propone doglianze non specifiche, insuscettibili, in quanto tali, di rivelare aspetti di critici
ragionamento spiegato dai giudici di merito.
7. Consegue alla declaratoria d’inammissibilità dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616
cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del
13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ai pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in l’avore della Cassa delle ammende.
In Roma, così deciso il 22 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il f: , 14sidente