Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15572 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15572 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a LOCRI il 18/07/1952
COGNOME NOME nato a TAURIANOVA il 02/01/1948
avverso la sentenza del 19/12/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, a mezzo dei rispettivi difensori, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo il COGNOME, con un unico motivo, carenza assoluta di motivazione, risolvendosi il provvedimento impugnato in una elencazione acritica di intercettazioni e il COGNOME con un primo motivo violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione laddove si è ritenuta provata la penale responsabilità solo sulla base di intercettazioni e senza alcun sequestro di stupefacente e per quanto attiene il capo D) nonostante la scarsa qualità della sostanza ceduta priva di efficacia drogante, con un secondo motivo violazione di legge laddove non è stata ritenuta l’ipotesi attenuata di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90 in assenza di sequestri dello stupefacente e vizio motivazionale quanto al reato sub d) non essendo andata a buon fine la consegna dello stupefacente al COGNOME che l’ha restituito per la scarsa qualità dello stesso, con un terzo motivo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche non essendosi tenuto conto peraltro della peculiarità della cessione di cui al capo d) in cui la cessione dello stupefacente non si è perfezionata e con un quarto motivo relativamente alla dosimetria della pena. Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Ne deriva che i proposti ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
I ricorrenti in concreto non si confrontano adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, :The appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
Quanto al ricorso proposto dal COGNOME il motivo proposto non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei c relati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato.
Il ricorrente si limita genericamente a dolersi che la sentenza impugnata sia basata solo su intercettazioni telefoniche senza confrontarsi minimamente con il contenuto della sentenza impugnata che, rispondendo all’analogo generico motivo di gravame nel merito aveva evidenziato come L’appello di COGNOME non andasse oltre l’assunto per cui la sentenza di primo grado avrebbe attribuito all’imputato il ruolo di intermediario sulla base di “dati congetturali”, senza minimamente occuparsi degli argomenti valorizzati nella motivazione dei provvedimento impugnato.
Quanto ai motivi proposti dal COGNOME gli stessi sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
4.1. Con motivazione logica e congrua nonché corretta in punto di diritto e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità la Corte territorial (cfr. pagg. 7-8 della sentenza impugnata) ha evidenziato come il giudice di primo grado avesse compiutamente richiamato le intercettazioni sulle quali si fonda la ricostruzione dei fatti in contestazione ed avesse, quindi, ricostruito, con motivazione che i giudici di appello hanno dichiarato di condividere, le due forniture in favore di NOME NOMECOGNOME a fronte ditali dati, che vengono richiamati, hanno dato atto che l’appello di COGNOME si diffondeva su argomentazioni di ordine generale, affermando apoditticamente che la condanna è irnmotivata e non confrontandosi in alcun modo con la ricostruzione contenuta nella sentenza di primo grado.
Riguardo alla tipologia di stupefacente oggetto della cessione, la Corte territoriale ha confutato la tesi difensiva secondo cui il giudice di primo grado non avrebbe motivato sul punto (“il giudice di prime cure avalla tale ipotesi senza spiegare sulla base di quale dato certo lo si possa desumere”), sul rilievo che , invece, la sentenza ha chiaramente spiegato che la cessione riguardava eroina in quanto i rapporti tra COGNOME e COGNOME riguardavano tale tipologia di traffici tanto che, 1 marzo 2006, COGNOME era stato arrestato in flagranza mentre trasportava circa un chilogrammo di eroina per consegnarla a COGNOME
Riguardo alla doglianza che non ci sono stati sequestri di stupefacente e che, dunque, si tratti di un caso di c.d. droga parlata, la sentenza impugnata si colloca nell’alveo del consolidato orientamento di questa Corte di legittimità per cui in tema di stupefacenti, l’esistenza del reato (anche quello di una associazione finalizzata al traffico di stupefacenti) può essere desunto anche dal solo contenuto delle conversazioni intercettate qualora il loro tenore sia sintomatico dell’organizzazione di una attività illecita e, nel caso in cui ai dialoghi captati non abbia fat seguito alcun sequestro, l’identificazione degli acquirenti finali, l’accertamento di trasferimenti in denaro o altra indagine di riscontro e controllo, il giudice di merito al fine di affermare la responsabilità degli imputati, è gravato da un onere di rigorosa motivazione, in particolare con riferimento alle modalità con le quali è risalito alle diverse qualità e tipologie della droga movimentata (Sez. 3, n. 11655 del 11/02/2015, Nava ed akri, Rv. 262981; cfr. anche Sez. 6, n. 27434 del 14/2/2017, Albano, Rv. 270299; Sez. 3, n. 16792 del 25/3/2015, COGNOME, Rv. 263356; Sez. 2, n. 19712 del 6/2/2015, COGNOME, Rv. 263544 che ha ribadito che la prova dei reati di traffico e di detenziole a fini di spaccio di sostanze stupefacenti può essere desunta non soltanto dal sequestro o dal rinvenimento delle sostanze, ma anche
da altre fonti probatorie (quali, come nel caso di specie, il contenuto di intercettazioni). Ebbene, tale attenta valutazione nel caso che ci occupa, appare esserci stata.
4.2. Manifestamente infondata è la doglianza circa il mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73 co. 5 Dpr. 309/90 rilevando come i fatti di cui ai capi ed E) si inquadrano in una sequenza di operazioni intercorse in lasso temporale relativamente breve e, più in generale, in un’attività organizzata di narcotraffico. E come la connotazione non modesta dei rapporti tra i prevenuti e COGNOME sia dimostrata dal trasporto del 1 marzo 2006, che ha dato luogo, come detto, al sequestro di circa un chilogrammo di eroina.
La sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatt di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’esito de formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistat e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, Genco, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
Va anche evidenziato che, seppure è stata in talune occasioni riconosciuta la forma lieve del reato contestato in casi in cui la quantità di sostanza stupefacente rinvenuta è stata superiore rispetto a quella del caso qui in esame, la più recente giurisprudenza di legittimità ha condivisibilmente chiarito il principio secondo cui in tema di stupefacenti, la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può effettuarsi in base al solo dato quantitativo, risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sentenze che hanno riconosciuto la minore gravità del fatto, posto che, come da sempre detto, per l’accertamento della stessa, è necessario fare riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norma (Sez. 3, n. 12551 del 14/02/2023, Rv. 284319 – 01).
4.3. Il terzo e il quarto motivo del COGNOME– afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate sul rilievo che entrambi gli imputati siano gravati da precedenti, della circostanza che i fatti si collocano in un contesto di criminalità organizzata e che non hanno connotazioni intrinseche moderate, oltre che per la riscontrata assenza di elementi positivi valutabili a tal fine a loro favore.
Il provvedimento impugnato, pertanto appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevab dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisiv comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
La motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
La pena inflitta a titolo di aumento per la continuazione rispetto a quella del reato associativo, nella misura di un anno di reclusione per ciascuno dei due episodi accertati, è stata ritenuta conforme ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen.
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R.G.
considerato quanto esposto sul contenuto dei rapporti con l’acquirente dello stu- pefacente, sulla natura dello stupefacente e valutati i precedenti degli imputati, e
non suscettibile di revisione al ribasso
5. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecu-
niaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 08/04/2025