Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35433 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6   Num. 35433  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RAGUSA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 06/02/2025 della Corte d’appello di Catania Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per la infondatezza del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La difesa di NOME COGNOME impugna la sentenza descritta in epigrafe con la quale la Corte di appello di Catania ha confermato la condanna del ricorrente ad anni tre e mesi quattro di reclusione, sostituita con la detenzione domiciliare; condanna resa, in esito a giudizio abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa per più fatti di detenzione e cessione di sostanza stupefacente ascritti al ricorrente, commessi il 5, 12 e il 31 dicembre 2020,1’8 e il 15 gennaio 2021 nonché il 12 aprile 2021 e sanzionati ai sensi degli artt. 81 comma 2 cod. pen e 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990.
Si propongono quattro diversi motivi di censura, diretti a prospettare l’inadeguatezza della motivazione della decisione gravata rispetto ai rilievi prospettati con l’appello e più violazioni di legge, avuto riguardo alla valutazione del compendio probatorio e alla configurabilità delle ipotesi di reato contestate al ricorrente.
2.1. In particolare, con il primo motivo si rimarca che, diversamente da quanto sostenuto in sentenza, mai si era dubitato che il protagonista diretto o
indiretto delle diverse intercettazioni apprezzate a sostegno del giudizio di responsabilità fosse il ricorrente. Piuttosto, si era messa in dubbio la rilevanza probatoria delle dette conversazioni, in gran parte riguardanti interlocuzioni tra terzi e non coinvolgenti il COGNOME, rispetto alle quali, in assenza di concreti momenti di riscontro offerti da una attività concreta di osservazione o da sequestri della sostanza stupefacente assertivamente trattata nel detti dialoghi, si era pervenuti alla indimostrata affermazione del coinvolgimento del ricorrente in una attività di narcotraffico, quale soggetto fornitore dei diversi interlocutor intercettati. La Corte, ad avviso della difesa, avrebbe di fatto pretermesso lo scrutinio di tale rilievo, limitandosi a ribadire pedissequamente il contenuto delle dette intercettazioni, siccome lette e interpretate dal primo giudice. E cosi, con ragionamento presuntivo non adeguatamente supportato, si è ritenuto legata a cessioni di sostanza stupefacente la situazione debitoria dell’COGNOME nei confronti del COGNOME; e si è giunti alla conclusione delle diverse cessioni di sostanza contestate, senza mai indicare i riscontri esterni utili a supportare tale valutazione probatoria, anche con riguardo alla stessa possibilità del ricorrente di avere la disponibilità della merce illecita oggetto dell’accordo e senza neppure indicare l’effettiva capacità drogante della asserita sostanza in questione, in spregio alla necessaria offensività della contestata condotta illecita.
2.2. Con i motivi di ricorso dedotti per secondo e terzo, sempre facendo leva sul fatto che nel caso di verte in ipotesi di “droga parlata” mai supportata da validi riscontri materiali, la difesa contesta:
-il riconoscimento dell’ipotesi di reato di cui al primo comma dell’art. 73 cit., in assenza di elementi che potessero attestare la riconducibilità alla cocaina della sostanza trattata;
-la mancata qualificazione dei fatti a giudizio in termini coerenti all’ipotesi di cui al comma 5 della medesima disposizione, malgrado l’attestata esiguità della sostanza di volta in volta considerata.
2.3. Con l’ultimo motivo di ricorso, la difesa lamenta il difetto di motivazione rispetto alle censure prospettate in appello, avuto riguardo alla misura della pena irrogata per il fatto più grave- determinata, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte del merito, in termini eccedenti al minimo edittale- nonché in relazione alla eccessività degli aumenti apportati a titolo di continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso riposa su motivi non consentiti in sede di legittimità o, comunque, manifestamente infondati. Ne va dichiarata, dunque, l’inammissibilità.
 Con il primo motivo, la difesa contrasta inadeguatamente il portato probatorio delle acquisizioni apprezzate a sostegno del giudizio di responsabilità, procedendo a segmentare le emergenze istruttorie le quali, di contro, lette senza frazionarne indebitamente il portato, in una visione complessiva e sinergica, offrono un immediato sostegno logico alla duplice valutazione conforme resa dai giudici del merito, ponendo.la decisione gravata al riparo da vizi prospettabili in sede di legittimità.
2.1. GLYPH In disparte il fatto, per il vero non decisivo ma pur sempre dotato di pregnanza logica, della mancata indicazione, da parte della difesa, di potenziali chiavi di lettura delle interlocuzioni intercettate, coerenti a contesti di matrice e contenuto leciti, emerge con evidenza, ad avviso di questa Corte, come le due sentenze di merito siano pervenute al giudizio di responsabilità attraverso una puntuale disamina del contenuto delle diverse intercettazioni acquisite; lettura tale da restituire un quadro fattuale destinato a disvelare l’immediato il coinvolgimento del ricorrente nelle diverse ipotesi di reato contestate, perché protagonista di più cessioni direttamente realizzate o poste in essere con il concorso di terzi, tanto da contribuire a configurarne il ruolo di abituale fornitore di sostanza di vario tipo (cocaina e marjuana), sistematicamente intento a recuperare i propri crediti (inequivoci i riferimenti in tal senso nelle diverse intercettazioni che hanno visto protagonista COGNOME e Solonia).
Del resto, che le interlocuzioni captate riguardassero fatti di narcotraffico è poi dato altrettanto inequivoco, tratto non solo dal portato complessivo dei dialoghi ma anche dai riferimenti letterali ivi contenuti, nel cui contesto, oltre a farsi riferimento alla pesatura della merce e ai prezzi delle contrattazioni, emergeva, in termini di evidenza letterale il riferimento all’erba o alla bianca, suddivisa in “palline”.
2.2. L’assenza di conferme materiali a supporto dei colloqui captati è stata, dunque, ritenuta correttamente indifferente a fronte di complessivi elementi probatori che rendevano inequivoca la sussistenza delle ipotesi di reato contestate, disvelando condotte dal disvalore oggettivo di non modesta entità considerata, a tacer d’altro, la consistenza dei crediti vantati dal ricorrente nei confronti dei soggetti dallo stesso riforniti.
 Sono manifestamente infondati anche i motivi addotti per secondo e terzo.
3.1. Si è già detto che le ipotesi contestate hanno anche riguardato la detenzione e cessione a terzi di cocaina, come reso evidente dal tenore letterale di alcune intercettazioni (si veda il progressivo delle 14, 20 dell’8 gennaio 2021 riportato alle pagine 8 e 9 della sentenza di primo grado), così da legittimare il riferimento al primo comma dell’art. 73 citato, messo in discussione dal ricorso. E
LE III
del resto, l’impugnazione nulla emargina sotto il versante della critica specifica quanto alle valutazioni logiche rese sul punto dalla sentenza gravata (si vedano le considerazioni spese con riguardo alla intercettazione del 15 gennaio 2021, riportate alla pagina 5 della decisione impugnata, secondo capoverso).
3.2. L’insieme di elementi acquisiti dà inoltre conto del complessivo traffico di sostanze stupefacenti che vedeva protagonista il ricorrente; della rete messa in atto per piazzare la sostanza; dei metodi adottati nei tentativo di recuperare le somme dovute dai diversi intermediari utilizzati per collocare la merce sul mercato e della pressione operata su questi ultimi.
Elementi fattuali, questi, puntualmente valorizzati dai giudici del merito, certamente incompatibili, in una visione complessiva e non frazionata dei fatti coperti dalla regiudicanda riferita al ricorrente, al riconoscimento dell’ipotesi tenue di cui al comma 5 del citato art. 73.
Da qui la manifesta infondatezza delle doglianze dirette a mettere in discussione la puntuale qualificazione dei fatti a giudizio.
Il modesto discostamento dal minimo edittale (6 mesi) e degli aumenti per la continuazione (8 mesi per 5 diversi fatti, compresi episodi riconducibili al primo comma dell’art 73), infine, rendevano più che adeguato la pur sintetica argomentazione giustificativa resa in primo grado, rispetto alla quale la difesa ebbe ad interporre, su tali punti, un appello generico e aspecifico, come tale inammissibile.
Valutazione che può essere resa, ora per allora, da questa Corte, e che in coerenza pregiudica l’ammissibilità dell’ultimo motivo di ricorso, così de rendere indifferente anche la risposta sul punto resa dalla Corte del merito (anche in relazione all’erroneo riferimento all’avvenuta applicazione, nel caso, del minimo edittale per il reato più grave tra quelli giudicati in continuazione).
5.Alla inammissibilità del ricorso seguono le pronunce di cui all’art. 616, comma 1, cod.proc.pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 10/09/2025