Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4151 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4151 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME COGNOME ( CUI CODICE_FISCALE nato il 13/01/1992 NOME COGNOME ( CUI CODICE_FISCALE ) nato il 25/07/1989
avverso la sentenza del 13/11/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di PORDENONE in difesa di NOME COGNOME ( CUI CODICE_FISCALE, che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Trieste parzialmente riformato la sentenza, resa all’esito di giudizio abbreviato d Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pordenone nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME in ordine a plurimi reati di acquisto e cessione d sostanza stupefacente del tipo cocaina agli stessi rispettivamente ascritti, aver ridotto la pena al primo irrogata, in ragione della rideterminazione deg aumenti per la continuazione. Ha confermato nel resto la decisione impugnata.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso i difensori degli imputati.
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME consta di quattro motivi con cu deducono:
3.1.Violazione dell’art. 267, comma 1, e 125, n. 3, cod. proc. pen. La difes ripropone l’eccezione di inutilizzabilità dell’attività captativa, perché il re decreto autorizzativo, come i successivi di proroga, è costituito da modul prestampati, in cui il Giudice per le indagini preliminari si limita a richiamare data della richiesta del Pubblico ministero ed a ritenerla fondata. Si tra pertanto, di motivazione apparente;
3.2. Vizio di motivazione sotto il profilo della mancata applicazione degli art 546, 530 e 192 cod. proc. pen. La motivazione della sentenza impugnata si fonda unicamente sulla cosiddetta “droga parlata” che, da sola, non può mai essere considerata ai fini dell’accertamento dei fatti contestati, atteso l’intercettazione è solo un mezzo di ricerca della prova e mai prova, in assenz di altri elementi. Nel caso di specie, a seguito delle intercettazioni non è s operato alcun sequestro, non sono stati identificati gli acquirenti finali, avvenuto alcun trasferimento di denaro. Per tutti i capi di imputazione, trann per quelli riguardanti la cessione a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la condanna è fondata esclusivamente sulle sole intercettazioni ambientali e telefoniche (inutilizzabili per quanto sopra detto), prive di riscontri;
3.3.Violazione di legge per non essere stato applicato l’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90. Dal compendio intercettatorio risulterebbero, invero, quantitativ molto contenuti, per somme modeste, in un territorio non ampio;
3.4.Violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo della illogicità, per l’errata applicazione dell’art. 235 cod. pen. Lo sta extracomunitario non comporta un automatico giudizio di pericolosità. La difesa sottolinea che l’asserita attività illecita dell’imputato si è svolta in un per
tempo contenuto e che il Giudice non ha tenuto conto che egli vive da anni a Pordenone, unitamente alla propria famiglia, in un’abitazione prossima al Comando dei Carabinieri, e svolge regolare attività lavorativa. Difetterebbero quindi l’attualità e la concretezza del giudizio di pericolosità social fondamento della misura di sicurezza disposta.
Il ricorso nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE si fonda su due motivi con cu si deducono:
4.1. Violazione dell’art. 267 cod. proc. pen., stante la carenza di specif motivazione dei decreti con cui il Gip di Pordenone autorizzava e prorogava l’attività di intercettazione telefonica ed ambientale. La difesa rinno l’eccezione di inutilizzabilità patologica di detta attività captativa, ricord come dopo una prima ordinanza di rigetto, il Gip si sia limitato a siglare u modulo prestampato, riempiendolo di suo pugno solo in relazione alle utenze oggetto di attenzione, mentre integrava con proprie osservazioni le richieste d proroga avanzate dal Pubblico ministero. Richiama giurisprudenza di legittimità a sostegno a sostegno della patologicità della denunciata inutilizzabilità e d regime di deducibilità;
4.2. Violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, a fronte di un’ipotesi “droga parlata”, con cessioni poste in essere nell’ambito di un’attivi rudimentale. Il difensore evidenzia come la più recente giurisprudenza di legittimità abbia ritenuto configurabile l’ipotesi lieve anche rispetto a condo aventi ad oggetto tutte le tipologie di sostanze e come il fatto di lieve entità sia in astratto incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio n occasionale e continuativa. Nel caso di specie, l’attività, pur non occasionale, è svolta in un arco di tempo limitato (circa un paio di mesi) e spesso si è attua nell’ambito di rapporti amicali e/o di assidua frequentazione e, in ogni caso, p quantitativi modesti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Il motivo da entrambi i ricorrenti sollevato e relativo alla asserit inutilizzabilità GLYPH delle GLYPH intercettazioni, GLYPH è GLYPH inammissibile GLYPH per difetto GLYPH di autosufficienza. Invero, in base al principio di autosufficienza del ricorso, tema di intercettazioni, qualora in sede di legittimità venga eccepit l’inutilizzabilità dei relativi risultati, è onere della parte, a pena di inammiss del motivo per genericità, indicare specificamente l’atto che si ritiene affetto
vizio denunciato cui si accompagna l’ulteriore onere di curare la produzione dell’atto e delle risultanze documentali addotte a fondamento del vizio processuale, curando che l’atto sia effettivamente acquisito al fascicolo provvedendo a produrlo in copia (Sez. 4, n. 18335 del 28/06/2017, dep. 2018, P.G. in proc. Conti, Rv. 273261; Sez. 4, n. 2394 del 13/12/2011, dep. 2012, COGNOME e altro, Rv. 251751: “Il ricorso per cassazione per violazione dell regole di cui agli artt. 267 e 268, commi primo e terzo, cod. proc. pen. dev essere accompagnato, a pena di inammissibilità per genericità, dalla integrale produzione degli atti asseritamente affetti dai vizi denunciati”). Nel caso specie, i ricorrenti non hanno adempiuto all’anzidetto onere di allegazione de decreti di cui lamentano l’omessa autonoma motivazione. Il motivo si appalesa, inoltre, manifestamente infondato alla luce della sentenza impugnata. Questa infatti – dopo aver ricordato, a dimostrazione del vaglio effettuato dal Gip, c vi era stato un primo rigetto motivato dall’assenza di riscontri alla chiamata correità di COGNOME NOME – osserva che il Gip aveva accolto la seconda richiesta, integrata con ulteriori atti di indagine, «richiamando argomentazioni svolte dal PM , mostrando di aver svolto un autonoma ed accurata disamina della vicenda»; e che gli ulteriori provvedimenti di autorizzazione di proroga sono motivati in modo analogo, in alcuni casi con integrazioni ad opera dello stesso Gip. Costituisce, peraltro, princip consolidato quello secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la motivazione per relationem dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia richiamo alle richie del pubblico ministero ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziar ponendo così in evidenza, per il fatto d’averle prese in esame e fatte propri l’iter cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del particolar mezzo di ricerca della prova (Sez. 5, n. 36913 del 05/06/2017, P.M. in proc. COGNOME e altri, Rv. 270758; Sez. 5, n. 24661 del 11/12/2013, dep. 2014, COGNOME e altri, Rv. 259867; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altr Rv. 242418). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto al secondo motivo di COGNOME, anche in relazione al precipuo onere motivazionale di cui è gravato il giudice nel caso di cosiddetta “droga parlata” la sentenza impugnata si appalesa immune dalle sollevate censure. Questa Corte di legittimità ha chiarito come, in tema di stupefacenti, qualora gli indi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanz stupefacente (la c.d. droga parlata), la loro valutazione, ai sensi dell’art. comma 2, cod. proc. pen., deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate più ipotesi ricostruttive del fa
la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, caratterizzat da un alto grado di credibilità razionale, con esclusione soltanto del eventualità più remote Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279251; Sez. 6, n. 27434 del 14/2/2017, Albano, Rv. 270299; Sez. 3, n. 16792 del 25/3/2015, COGNOME, Rv. 263356). Costituisce, dunque, ius receptum, il principio, in tema di stupefacenti, a mente del quale l’esistenza del reato essere desunto anche dal solo contenuto delle conversazioni intercettate qualora il loro tenore sia sintomatico dell’organizzazione di una attività ille e, nel caso in cui ai dialoghi captati non abbia fatto seguito alcun sequestro giudice di merito, al fine di affermare la responsabilità degli imputati, è grava da un onere di rigorosa motivazione. Di questi principi la Corte territoriale fatto corretta applicazione, dando conto di un’attenta e scrupolosa valutazione delle conversazioni intercettate, dalle quali ha reputato emergere, in termini certezza, il pieno ed attivo coinvolgimento dell’imputato nell’attività reperimento e cessione dello stupefacente, dando conto, con dovizia di particolari, del contenuto, che definisce «inequivoco», delle intercettazio relative a tutti i capi di imputazione a lui contestati (si vedano le pp. 6 e 7 sentenza di appello).
Quanto al motivo da entrambi gli imputati sollevato (il terzo di COGNOME, il secondo di NOME) con riferimento all’invocato comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90, giova richiamare il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, per qualificare il fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, occor operare una valutazione complessiva e in concreto di tutte le circostanze del fatto (Sez. U., sentenza n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME; più di recente, Sez. 4, n. 50257 del 05/10/2023, COGNOME, Rv. 285706, massimata nei seguenti termini: “In tema di stupefacenti, la configurabilità del delitto di all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, postula un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, ed a quantità e qualità delle sostanze, con riferimento al grado purezza, sì da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai princi costituzionali di offensività e di proporzionalità della pena), mentre la mancanza di uno solo degli elementi sintomatici della lieve entità giustifica l’esclusion detta ipotesi. Sul punto, la Corte territoriale ha, con motivazione adeguata illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto non integrata la fattispeci predetto comma 5. Al riguardo, ha evidenziato che si è trattato di un’attività d spaccio estesa e consolidata, effettuata per quantitativi stimati che andavan da 5 a 30 grammi per volta, con disponibilità continuativa di stupefacente attraverso vari canali di rifornimento, nei confronti di soggetti che a loro vo
spacciavano; e che gli imputati hanno pertanto dimostrato di movimentare nel complesso un quantitativo di cocaina certamente rilevante , «come dimostrano gli ingenti crediti maturati verso i clienti, tale da non rendere qualificabili in termini di assoluta modestia» (p. 8 sent. app.). Deve, peraltro, rilevarsi le doglianze rispettivamente espresse sul punto da entrambi i ricorrenti sono aspecifiche, risolvendosi in affermazioni generiche e mere petizioni di principio prive di alcun confronto con le relative osservazioni del provvedimento impugnato.
Il quarto motivo del Bejo è manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità a mente del quale l’espulsione dello straniero dal territorio d Stato, nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a due anni, prevista dall’art. 235 cod. pen., costituisce una misura di sicurezza persona di carattere facoltativo applicabile dal giudice solo nel caso in cui, con adegua motivazione, abbia verificato la sussistenza della pericolosità socia (Sez. 2, n. 16400 del 17/02/2021, PG c/ NOME COGNOME, Rv. 281123). Sul punto la sentenza impugnata, reputando lo svolgimento di regolare attività lavorativa non sufficiente ad escludere la pericolosità sociale di entrambi g indagati, ha evidenziato la pluralità e la gravità delle condotte, la ramificazi dell’attività di spaccio, il collegamento con ambienti malavitosi di spicco p recuperare lo stupefacente, l’abituale frequentazione di pregiudicati.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Pr idente