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Dosimetria pena: ricorso inammissibile per la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. I motivi, incentrati sulla contestazione della recidiva e sulla richiesta di una pena minima, sono stati respinti. La Corte ha ribadito che la valutazione sulla dosimetria pena è un potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se correttamente motivato, e che la riproposizione di censure già esaminate rende il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria Pena: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata sui limiti di ammissibilità del ricorso in sede di legittimità, con particolare riferimento alla contestazione della recidiva e alla dosimetria pena. La decisione ribadisce principi consolidati, offrendo importanti spunti di riflessione per chi intende impugnare una sentenza di condanna. Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato per reati in materia di stupefacenti che aveva visto confermata la sua pena in appello.

I fatti del processo

Un individuo, già condannato in primo grado e in appello per violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, commi 1, 4 e 5, d.P.R. 309/1990), ha proposto ricorso per Cassazione. La Corte d’Appello aveva confermato integralmente la sentenza di primo grado, ritenendo corretta sia la valutazione sulla colpevolezza sia la pena inflitta.

I motivi del ricorso: recidiva e dosimetria pena

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su due principali motivi di doglianza:

1. Mancata esclusione della recidiva: L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non escludere l’aggravante della recidiva, contestando la valutazione fatta dai giudici di merito.
2. Errata dosimetria della pena: Si lamentava che la pena inflitta non corrispondesse al minimo edittale, chiedendo di fatto una riconsiderazione del trattamento sanzionatorio.

La decisione della Corte di Cassazione e i principi sulla dosimetria pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su argomentazioni distinte per ciascun motivo di ricorso.

Inammissibilità del motivo sulla recidiva

La Corte ha ritenuto il motivo sulla recidiva inammissibile in quanto meramente riproduttivo di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di merito avevano, infatti, congruamente motivato la conferma della recidiva basandosi su elementi concreti: il notevole quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta e la presenza di un precedente specifico. Tali elementi, secondo la Corte, denotavano una chiara persistenza nella scelta criminale, giustificando l’applicazione dell’aggravante. Riproporre gli stessi argomenti in Cassazione senza individuare vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata rende il motivo inammissibile.

Inammissibilità del motivo sulla dosimetria della pena

Anche il secondo motivo, relativo alla dosimetria pena, è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha ricordato un principio fondamentale: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale discrezionalità, esercitata nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della congruità della pena.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e si pongono in continuità con un orientamento giurisprudenziale consolidato. In primo luogo, non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione per riproporre le medesime questioni di fatto già vagliate e motivatamente respinte nei gradi di merito. L’inammissibilità scatta quando il ricorso non evidenzia un vizio di legge o un difetto logico manifesto nella motivazione della sentenza d’appello, ma si limita a sollecitare una diversa interpretazione delle prove o delle circostanze.

In secondo luogo, e con specifico riferimento alla dosimetria pena, la Corte ha specificato che il giudice non è tenuto a fornire una motivazione analitica e dettagliata quando irroga una pena contenuta al di sotto della media edittale. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la “media edittale” non si calcola dimezzando la pena massima, ma individuando il punto intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge. Se la pena inflitta si colloca in questa fascia inferiore, una motivazione sintetica è considerata sufficiente, poiché si presume che il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti in senso favorevole all’imputato.

le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. Primo, un ricorso per Cassazione deve concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti logici della motivazione) e non sulla riproposizione di argomenti di merito già discussi. Secondo, contestare la dosimetria pena è estremamente difficile in sede di legittimità. A meno che la pena non sia palesemente illogica, sproporzionata o inflitta senza alcuna motivazione (o con motivazione solo apparente), la valutazione del giudice di merito è sovrana e insindacabile. La decisione conferma che il ruolo della Cassazione non è quello di ricalcolare la pena, ma di garantire la corretta applicazione della legge.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla recidiva?
No, se il motivo di ricorso si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte con motivazione corretta e logica dal giudice d’appello. Il ricorso sarebbe dichiarato inammissibile perché non si può chiedere alla Cassazione una nuova valutazione del merito.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la dosimetria della pena?
No. Secondo la Corte, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata quando la pena inflitta è inferiore alla “media edittale”, calcolata come punto intermedio tra il minimo e il massimo della pena prevista per quel reato.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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