Dosimetria della Pena: I Limiti del Ricorso in Cassazione
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. Ma cosa succede quando l’imputato ritiene la condanna eccessiva? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce sui precisi limiti entro cui è possibile contestare la dosimetria della pena in sede di legittimità, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello di Firenze. L’unico motivo di doglianza sollevato dal ricorrente non riguardava la sua colpevolezza, ma esclusivamente la dosimetria della pena applicata dai giudici di merito, ritenuta eccessiva. Si chiedeva, in sostanza, una rivalutazione della sanzione imposta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato” e quindi inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione, pur essendo concisa, è estremamente chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Scelta sulla Dosimetria della Pena
Il cuore della pronuncia risiede nella spiegazione del perché il ricorso non potesse essere accolto. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena è un’attività che rientra nella “valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito”. Ciò significa che spetta al giudice di primo e secondo grado ponderare tutti gli elementi del caso per stabilire la sanzione più congrua.
Questo potere discrezionale non è infinito, ma il controllo della Corte di Cassazione, noto come sindacato di legittimità, è circoscritto a casi specifici. Un ricorso sulla dosimetria della pena può avere successo solo se la decisione del giudice di merito risulta:
1. Frutto di mero arbitrio: ovvero una decisione capricciosa e non basata su criteri legali.
2. Basata su un ragionamento illogico: quando la motivazione presenta palesi contraddizioni o salti logici.
3. Carente di sufficiente motivazione: qualora il giudice non abbia spiegato adeguatamente le ragioni della sua scelta.
Nel caso in esame, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse, al contrario, fornito una motivazione solida. I giudici di merito avevano attentamente dosato la pena all’esito di una “valutazione complessiva di tutti gli elementi”. Avevano persino riconosciuto le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle plurime aggravanti, giungendo a una pena “prossima al minimo edittale”. Di fronte a una motivazione così strutturata, non vi era spazio per un intervento della Corte di legittimità.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: non ci si può rivolgere alla Cassazione sperando in un semplice “sconto di pena”. Il ricorso non può essere una terza istanza di giudizio sui fatti o sulla congruità della sanzione. Per contestare la dosimetria della pena è necessario dimostrare un vizio grave e manifesto nel percorso logico-giuridico seguito dal giudice di merito. In assenza di una palese illogicità o di una motivazione inesistente, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Questa pronuncia serve da monito: l’appello alla Suprema Corte deve fondarsi su vizi di legittimità concreti e non su una mera insoddisfazione per l’entità della condanna.
È sempre possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammissibile solo se la decisione del giudice di merito sulla dosimetria della pena è il risultato di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o se è priva di una motivazione sufficiente.
Cosa significa che la determinazione della pena è una valutazione “discrezionale”?
Significa che il giudice di merito (primo grado e appello) ha un margine di autonomia nello stabilire la sanzione più adeguata al caso, purché operi entro i limiti minimi e massimi previsti dalla legge e spieghi in modo logico le ragioni della sua scelta.
Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre alla definitiva conferma della pena inflitta nei gradi di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11465 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11465 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME NOME a EMPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la dosimetria della pena, è manifestamente infondato, atteso che la determinazione della pena implica una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità, qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, come avvenuto nella specie (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale evidenzia come il giudice di primo grado abbia attentamente dosato la pena, all’esito di una valutazione complessiva di tutti gli elementi, che ha portato al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle plurime circostanze aggravanti ed alla individuazione di una pena prossima al minimo edittale);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/02/2024
Il Consigliere Estensore