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Dosimetria pena: quando il ricorso è inammissibile

Tre individui ricorrono in Cassazione contro una condanna per associazione a delinquere e contrabbando, lamentando errori nella dosimetria della pena. La Suprema Corte dichiara tutti i ricorsi inammissibili, chiarendo i requisiti di specificità dei motivi di impugnazione. La sentenza sottolinea come la motivazione sulla pena sia sufficiente quando si discosta poco dal minimo edittale e come la rinuncia parziale ai motivi d’appello precluda la discussione su circostanze come la recidiva.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della pena: la Cassazione fissa i paletti per un ricorso ammissibile

La corretta dosimetria della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice traduce in una sanzione concreta la valutazione sulla gravità del reato e sulla personalità dell’imputato. Ma quali sono i limiti entro cui un condannato può contestare tale valutazione in sede di impugnazione? Con la sentenza n. 3020 del 2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema cruciale, dichiarando inammissibili tre ricorsi e offrendo importanti chiarimenti sulla specificità dei motivi e sugli effetti della rinuncia parziale all’appello.

I Fatti del Caso: Tre Ricorsi contro una Condanna per Contrabbando

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che aveva parzialmente riformato una condanna di primo grado nei confronti di tre imputati per reati gravi, tra cui l’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri.

I tre condannati hanno proposto ricorso per Cassazione, concentrando le loro censure esclusivamente sulla quantificazione della pena. In particolare:
1. Il primo ricorrente lamentava una motivazione carente sulla decisione di non applicare la pena nel minimo edittale.
2. Il secondo sosteneva che la Corte d’Appello lo avesse erroneamente condannato anche per un reato dal quale era stato assolto in primo grado e, in ogni caso, che mancasse la motivazione sulla pena base applicata.
3. Il terzo, infine, contestava la mancata esclusione della recidiva, nonostante un giudizio di equivalenza con le attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte: Perché i Ricorsi sulla Dosimetria della Pena sono stati Respinti

La Corte di Cassazione ha esaminato singolarmente i motivi, rigettandoli tutti come inammissibili. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni della Suprema Corte.

La Posizione del Primo Ricorrente: Motivazione Sufficiente e Genericità del Motivo

Per quanto riguarda il primo imputato, la Corte ha ribadito un principio consolidato: quando il giudice si discosta di poco dal minimo edittale, non è richiesta una motivazione analitica su tutti gli elementi dell’art. 133 c.p. È sufficiente un richiamo agli aspetti ritenuti più rilevanti. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente bilanciato la gravità dei fatti e i precedenti penali con il buon comportamento processuale, giustificando una pena base inferiore alla media edittale. La richiesta di applicazione del minimo, peraltro, non era supportata da argomentazioni specifiche, risultando così generica e, di conseguenza, inammissibile.

La Posizione del Secondo Ricorrente: l’Errore Materiale e l’Interesse ad Agire

Il ricorso del secondo imputato si fondava su un palese errore materiale: la sentenza d’appello menzionava, nel calcolo della pena per il reato continuato, anche un capo d’imputazione per cui era intervenuta l’assoluzione. La Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile per mancanza di interesse. L’aumento di pena applicato in appello, infatti, era identico a quello del primo grado, quando l’imputato era stato condannato per un solo reato satellite. L’erronea menzione non ha quindi prodotto alcun pregiudizio concreto, trattandosi di un mero refuso ininfluente sul calcolo finale. Anche la censura sulla pena base è stata respinta, in quanto quest’ultima era stata fissata in misura molto vicina al minimo di legge.

La Posizione del Terzo Ricorrente: la Rinuncia ai Motivi d’Appello e i suoi Effetti

Il terzo ricorso è stato giudicato inammissibile sulla base del principio “tantum devolutum quantum appellatum”. L’imputato, in appello, aveva rinunciato a tutti i motivi ad eccezione di quelli relativi alla dosimetria della pena. La Cassazione ha chiarito che tale rinuncia si estende anche alle questioni relative alle circostanze aggravanti o attenuanti, come la recidiva. Queste, pur incidendo sulla pena finale, costituiscono capi autonomi della decisione. Pertanto, rinunciando ai motivi di merito, l’imputato aveva implicitamente accettato la valutazione sulla recidiva, non potendo più contestarla in Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi cardine del diritto processuale penale. In primo luogo, l’obbligo di motivazione del giudice in materia di dosimetria della pena è modulato in base alla distanza dal minimo edittale: maggiore è la distanza, più analitica dovrà essere la giustificazione. In secondo luogo, il principio di specificità dei motivi di impugnazione impone al ricorrente di non limitarsi a lamentele generiche, ma di articolare critiche puntuali e argomentate contro la decisione impugnata. Infine, la Corte riafferma la portata della rinuncia parziale ai motivi d’appello, che cristallizza le parti della sentenza non contestate, precludendo una loro successiva discussione.

Le Conclusioni: Guida Pratica per l’Impugnazione sulla Dosimetria della Pena

La sentenza n. 3020/2024 offre una lezione chiara per la difesa: un’impugnazione sulla dosimetria della pena per avere successo non può essere generica. È necessario dimostrare in modo specifico perché la valutazione del giudice di merito sia errata, illogica o contraddittoria, sulla base degli elementi previsti dall’art. 133 c.p. Inoltre, la strategia processuale, come la rinuncia a determinati motivi d’appello, deve essere ponderata con attenzione, poiché può avere effetti preclusivi irreversibili nei successivi gradi di giudizio.

Quando è considerata sufficiente la motivazione del giudice sulla misura della pena?
Secondo la sentenza, la motivazione è da ritenersi sufficiente quando il giudice indica l’elemento, tra quelli di cui all’art. 133 c.p., ritenuto prevalente. In particolare, se la pena applicata è inferiore al medio edittale o comunque non si discosta molto dal minimo, basta il richiamo al criterio di adeguatezza, senza una valutazione analitica di tutti gli elementi favorevoli e sfavorevoli.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi d’appello tranne che per la dosimetria della pena, riguardo alla recidiva?
La rinuncia a tutti i motivi d’appello, ad eccezione di quelli sulla dosimetria della pena, si considera comprensiva anche della questione relativa alla recidiva. La recidiva, pur confluendo nella determinazione della pena, costituisce un capo autonomo della decisione. Pertanto, non impugnandola specificamente, si accetta la valutazione del giudice su quel punto, che non potrà più essere contestato in Cassazione.

Un errore materiale nella sentenza, come un riferimento a un reato per cui si è stati assolti, rende automaticamente fondato il ricorso?
No. Se l’errore materiale (in questo caso, un refuso) non ha prodotto alcun effetto concreto sul calcolo finale della pena e non ha causato un pregiudizio all’imputato, il ricorso è inammissibile per carenza di interesse qualificato a coltivarlo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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