Dosimetria Pena: L’Inammissibilità del Ricorso Generico contro la Pena Minima
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio cruciale in materia di dosimetria pena e di requisiti di ammissibilità del ricorso. Il caso in esame offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un’impugnazione sulla quantificazione della sanzione rischia di essere respinta in partenza, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo la decisione per capire le ragioni giuridiche e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello di Bologna, ha presentato ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza sollevato riguardava la dosimetria pena. Nello specifico, il ricorrente lamentava una presunta violazione dell’articolo 133 del codice penale e vizi motivazionali nella sentenza di secondo grado, senza però articolare in modo specifico le proprie censure.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla dosimetria pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un duplice ordine di ragioni: la genericità del motivo d’appello e, soprattutto, la circostanza che la pena inflitta all’imputato era già stata fissata nel minimo edittale previsto dalla norma incriminatrice. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha articolato il suo ragionamento seguendo due filoni principali, entrambi determinanti per l’esito del giudizio.
1. La Genericità e Indeterminatezza del Ricorso
Il primo punto toccato dai giudici riguarda i requisiti formali dell’atto di impugnazione. Ai sensi dell’articolo 581 del codice di procedura penale, il ricorso deve enunciare in modo puntuale e specifico gli elementi di fatto e di diritto che ne costituiscono il fondamento. Nel caso di specie, il ricorso si limitava a una censura generica della violazione dei criteri di dosimetria pena, senza indicare quali elementi fossero stati erroneamente valutati o trascurati dal giudice d’appello. Questa indeterminatezza, secondo la Corte, non permette al giudice dell’impugnazione di esercitare il proprio sindacato, rendendo l’atto inammissibile.
2. Il Principio della Pena al Minimo Edittale
L’argomento decisivo, tuttavia, risiede nel merito della questione. La pena inflitta al ricorrente era già la più bassa possibile per il reato contestato (il cosiddetto ‘minimo edittale’). Su questo punto, la Cassazione ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (tra cui Sez. 4, n. 46412/2015 e Sez. U, n. 12778/2020), secondo cui non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata da parte del giudice quando la pena viene fissata al minimo.
In tali circostanze, è sufficiente il semplice richiamo al criterio di ‘adeguatezza’ della pena, poiché in esso si considerano implicitamente soddisfatti tutti i parametri indicati dall’art. 133 c.p. (gravità del reato, capacità a delinquere del reo). Al contrario, un obbligo di motivazione rafforzata sorge solo quando il giudice decide di irrogare una sanzione di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa. Impugnare la dosimetria pena è un’opzione valida solo se supportata da argomentazioni specifiche e concrete. Proporre un ricorso generico, specialmente quando la pena applicata è già quella minima, è una strategia non solo inefficace, ma controproducente. Comporta infatti una declaratoria di inammissibilità e l’aggiunta di ulteriori oneri economici per l’imputato, come il pagamento delle spese processuali e della sanzione a favore della Cassa delle ammende. La decisione, pertanto, rafforza la necessità di una redazione attenta e motivata degli atti di impugnazione, evitando censure pretestuose o prive di un solido fondamento giuridico.
Perché il ricorso sulla dosimetria della pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi principali: era formulato in modo generico e indeterminato, senza specificare i punti della decisione impugnata, e la pena inflitta era già il minimo previsto dalla legge per quel reato.
Quando il giudice è tenuto a motivare in modo dettagliato la quantità della pena?
Secondo la Corte, una motivazione specifica e dettagliata sulla quantità della pena è necessaria soltanto quando questa è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per il reato commesso.
È necessaria una motivazione specifica se la pena è fissata al minimo edittale?
No. L’ordinanza chiarisce che se la pena è fissata nel minimo previsto dalla legge, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della sanzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9742 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9742 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 28/02/1981
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui solo genericamente si censura la violazione dell’art. 133 cod. pen. e presunti vizi motivazionali in ordine alla dosimetria della pena, non è consentito in questa sede, oltre che manifestamente infondato, poiché – a fronte di un’adeguata motivazione fornita dalla Corte territoriale sul punto (vedi pag. 3 dell’impugnata sentenza), disattendendo la relativa doglianza già in appello prospettata in termini non del tutto specifici – esso risulta privo dei requisiti richiesti, a pena di inammissibil del ricorso, dall’art. 581 cod. proc. pen., e dunque connotato da indeterminatezza, non essendo sorretto da una puntuale enunciazione degli elementi di fatto e di diritto che sono alla base della censura formulata, non consentendo così al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
che, inoltre, poiché la pena irrogata nei confronti dell’odierno ricorrente risulta già stabilita nel minimo edittale previsto per il reato di cui all’art. 707 cod. pe ascrittogli, deve ribadirsi come in tal caso non sia necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283), mentre «una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così, di recente, Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869, non mass. sul punto);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17/12/2024.